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Così in Emilia il paese della canapa si fa la banda ultralarga in casa

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Questa è una storia di coraggio, di passione, di una tenacia che solo la gente emiliana sa esprimere rimboccandosi le maniche anche dopo uno spaventoso terremoto. E’ una storia nella quale pubblico e privato si incontrano in modo virtuoso (e il che significa senza che a pagare siano i cittadini). Ma è anche la storia di un perito informatico che ha messo tutto se stesso e il proprio sapere a disposizione della propria comunità, e di un sindaco e di un assessore che hanno ereditato la gestione di un comune in una fase quasi fallimentare e che – lavorando giorno e notte, anche quindici ore di fila, per giunta con un terremoto di mezzo – sono riusciti a far uscire una comunità dal tunnel.

Insomma, è una storia tutta italiana, ma una di quelle da esportare anche in Europa, dove una soluzione del genere non l’hanno ancora trovata.

Soluzione, ho scritto. Perché è proprio di questo che stiamo parlando. Una soluzione per risolvere il problema del digital divide che affligge buona parte delle “Italie” lontane dai contesti metropolitani, una piaga che contagia certamente una buona fetta di quella popolazione lontana dalle grandi direttrici, composta da donne e uomini che vivono in montagna o in campagna e che in rete ci andrebbero, se solo ce ne fosse la possibilità. Così un comune guidato da un sindaco classe ’80 e da un giovane assessore all’innovazione ha stipulato un accordo con un consorzio regionale e con una piccola azienda tech della zona.

Grazie all’intraprendenza e alle competenze di un gruppo trasversale di cittadini oggi la comunità è in condizione di avere la banda ultralarga. L’azienda darà supporto, il comune agevolerà per evitare le mille pratica burocratiche e il consorzio regionale vigilerà e supporterà il tutto.

Ma andiamo con ordine e partiamo presentando il protagonista, che è uno splendido paesello nella bassa emiliana, a quaranta chilometri da Bologna e a due passi da Ferrara. Siamo a Pieve di Cento, in quella terra di mezzo che si abbevera al fiume Reno, settemila e poco più anime disseminate in cento ettari di terra, in passato coltivati a canapa. Già perché un tempo Pieve di Cento è stata la comunità della canapa. Oggi sulla canapa c’è un museo che la celebra (lo vedete nella foto, è all’interno della torre), e già questa è una buona ragione per visitarla.

Dalla canapa al sisma. Perché di improvviso due anni e mezzo fa Pieve di Cento è diventato uno dei simboli del terremoto in Emilia, con la chiesa di Santa Maria Maggiore scoperchiata e rimbalzata nei tiggì di mezzo mondo, espressione di una comunità disorientata, smarrita, non persa però. Quel disastroso sisma è stato persino raccontato dalle colonne del New York Times, che ha messo in prima proprio quella chiesa.

Ma dopo il terremoto c’è altro. Soprattutto un domani in rete. Oggi quella stessa comunità, infatti, scommette sul digitale, sulla banda ultralarga, sulle autostrade veloci di dati, lungo le cui direttrici il futuro correrà veloce. Ed è un futuro non a breve o medio termine, ma che si estende per venti-trent’anni. «L’autostrada che stiamo mettendo in campo avrà quindici corsie», così mi accoglie a Pieve Alessandro Pirani, trentasettenne assessore all’innovazione e una carica di energia. «Il ministro Guidi l’abbiamo invitata, ma ha fatto sapere che non poteva venire. La inviteremo nuovamente». In compenso alla festa non sono mancate crescentine e gnocchi fritti. Perché se festa deve essere, allora anche il palato ha bisogno di festeggiare. E qui peraltro si brinda a questa gran cosa della banda ultralarga.

Banda ultralarga, ho scritto. Grazie alla tecnologia FTTH, ovvero Fiber To The Home – una tecnologia che oggi fornisce le maggiori performances possibili – il comune si dota di fibra ottica che arriva direttamente all’utenza senza intermediazioni di altre tecnologie. Un modello di innovazione a costo zero reso possibile dalla collaborazione tra pubblico e privato: dalla forte semplificazione amministrativa operata dal comune e dalla disponibilità delle tubazioni di sua proprietà, dall’investimento dell’operatore locale Nexus per la realizzazione del cablaggio in fibra ottica e dalla presenza della rete di Lepida, società in house di telecomunicazioni e servizi online degli enti locali emiliano-romagnoli.

«Abbiamo deciso di trasformare Pieve di Cento in un laboratorio dove sperimentare modelli di innovazione. Con questa operazione, che vede la luce dopo sei mesi dall’annuncio, abbiamo definito un modello virtuoso di collaborazione che, se replicato, potrebbe consentire di superare il digital divide anche nei piccoli e medi centri urbani di scarso interesse per i grandi operatori di telefonia, raggiungendo così gli obiettivi fissati dal Rapporto Caio», conclude Pirani.

Un modello unico in un’Italia che secondo l’ultimo bollettino del Centro Studi di Confagricoltura (marzo 2014) risulta ancora in grave ritardo rispetto agli obiettivi fissati dall’Agenda Digitale Europea per il 2020 e dove solo appena il 15% della popolazione dei principali centri urbani è raggiungibile da fibra ottica o da connessioni ADSL (osservatorio di SosTariffe.it, febbraio 2014).

Per compiere questi piccolo grande miracolo di innovazione digitale tutti hanno dato il loro contributo. Anche per la festa. Impegno bipartisan. Ad esempio le balle di fieno che vedete immortalate anche nelle foto sono state portate da Roberto Gallerani, titolare di un’azienda agricola della zona ed espressione del centrodestra in consiglio comunale. Ma si superano gli steccati ideologici, e le larghe intese diventano concrete. «Quando si tratta del futuro dei nostri figli non ci sono maggioranze o minoranze che tengano», ricorda Pirani.

Al signor sindaco, classe 1980, sono venuto addirittura i capelli bianchi, dicono gli abitanti. Dai loro sguardi e dai loro discorsi capisci che amano questo loro paese più di ogni altra cosa. D’altronde ti accolgono in strada come se quella strada fosse il salotto di casa. E in fondo lo è, perché qui c’è una vita condivisa, storie che si legano tra loro.

Pieve di Cento diventa #Pieveloce. Così racconta Gianluca Mazzini di Lepida: «in Emilia Romagna abbiamo 29operatori di telecomunicazioni. Per i grandi delle TLC il ritorno dell’investimento deve essere attuato in tre o al massimo in quattro anni. In questi contesti di periferia urbana questo non è possibile». Ecco allora che vengono coinvolti altri attori. Lepida, ad esempio, è un soggetto pubblico della Regione Emilia Romagna e ha deciso di intervenire nelle zone “a fallimento di mercato”. «Abbiamo connesso in fibra ottica 168 scuole della regione e oltre 3mila medici. Oggi vogliamo andare non solo nei comuni ma anche nelle biblioteche, nelle case», mi racconta Mazzini.

In testa al post parlavamo di un perito in telecomunicazioni. Si tratta di Andrea Fini di Nexus, nella foto in alto. Fini così racconta l’innovazione digitale di Pieve di Cento: «Tramite questa tecnologia è stato possibile non solo abbattere il digital divide in queste aree, ma diventare un partner per il tessuto sociale. Insomma, c’è da festeggiare. E così allora hanno deciso di fare a Pieve di Cento.

Perché oggi i cittadini hanno a disposizione da subito due tipi di abbonamento: banda ultralarga con 30Mb in download e 10Mb in upload. Oppure banda larga con 10Mb in download e 1Mb in upload. «Il Comune non sostiene nessun costo, in questa partnership, ma mette a disposizione i cavidotti per il passaggio della Fibra, e sburocratizza le procedure autorizzative», ricorda più volte Pierani. C’è da festeggiare. E parecchio.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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