“Guarda che il Gr2 ha appena parlato della Sindrome del Palio di Siena”, mi dice al telefono un amico. Breve ricerca online… che emozione, scoprire oggi che un’idea che ho avuto nel 2009 ha ispirato addirittura il titolo del Rapporto Eurispes 2016 presentato oggi, La Sindrome del Palio. “Sindrome del Palio di Siena” è una metafora felice che ho creato nell’ambito del mio progetto multimediale Italiani di Frontiera, dopo sei mesi trascorsi fra gli italiani di Silicon Valley. Questo progetto è diventato il mio lavoro, dopo che nel 2011 ho lasciato il posto in redazione a Reuters diventando storyteller con conferenze e seminari in tutt’Italia e all’estero, portando periodicamente gruppi di imprenditori e manager alla scoperta della culla mondiale dell’innovazione con l’Italiani di Frontiera Silicon Valley Tour.
Quelle decine di storie e interviste hanno cambiato la mia vita, aiutandomi a capire non solo i segreti del talento italiano, la cui parola chiave è “Think out of the Box”, la capacità per la profondità della nostra storia e la nostra cultura di ragionare fuori dagli schemi, avere come dice Renzo Piano qualcosa di particolare che ci consente di affrontare la complessità, intrecciando magari competenze diverse (QUI). Soprattutto i veterani di Silicon Valley si erano però concentrati sull’esaminare il rovescio della medaglia.
Com’è possibile che produciamo così tanto talento e lo sperperiamo, costringendo molti a realizzarlo all’estero?
Ci sono cattive abitudini da superare per non continuare a mortificare in patria questo patrimonio. Una di queste, il malcostume del realizzarsi nella sconfitta altrui, l’ho sintetizzato con quella formula dopo aver incrociato osservazioni sull’esasperata conflittualità di Federico Faggin, tra i padri del microchip a quelle sull’incapacità di fare squadra di Luca Cavalli Sforza, genetista all’epoca (2008) a Stanford.Da un conflitto si può uscire con un vincente e un perdente, aveva detto Faggin.
Ma ci sono anche soluzioni “win-win” in cui ognuno guadagna qualcosa. In Italia invece c’è una conflittualità così esasperata che si arriva a realizzarsi nel fatto che l’altro perda. Come nel Palio, dove molte contrade che non hanno cavallo e fantino competitivi corrono per far perdere la contrada rivale.Proprio il Palio di Siena, secondo Cavalli Sforza, rappresentava un po’ il nostro individualismo, mentre tutti gli sport di squadra sono stati creati dagli inglesi e moltipicati dagli americani.Così è nata la formula, che ho citato pure nel mio libro “Italiani di frontiera. Dal West al Web: un’avventura in Silicon Valley” (EGEA, prefazione di Gian Antonio Stella) uscito lo scorso anno, che la riporta pure nel retro di copertina.
E’ un onore che questa metafora sia diventata di uso comune.
Ed è sempre una grande soddisfazione, esser finito lì e vedere gli occhi delle persone quando nelle mie presentazioni accenno alla Sindrome del Palio di Siena: capisco che in quel momento potrei fermarmi e lasciare la parola a chi ho davanti. Ognuno avrebbe un episodio da raccontare, aver avuto una persona a fianco che si è impegnata a far fallire un tuo progetto, magari senza avere nulla da guadagnare… a voi non è mai capitato vero?