Quando a ottobre 2013 Siracusa è stata selezionata tra le 24 città che avrebbero ospitato il World IA Day 2014 (la giornata mondiale sull’architettura dell’informazione) abbiamo pensato con un brivido che sì, sarebbe stata davvero una bella sfida: dovevamo organizzare un evento nuovo per la Sicilia, nel cuore del Mediterraneo, avevamo gli spazi e il sostegno di Impact Hub Siracusa con la sua rete di innovatori, ma tutto il resto era da costruire.
Come prima cosa dovevamo trovare il modo migliore per far capire a tutti i nostri interlocutori cosa stavamo organizzando: “è una giornata che si svolge in contemporanea in tutto il mondo” -dicevamo- “è promossa a livello internazionale dall’Information Architecture Institute ha l’intento di divulgare temi e strumenti legati all’architettura dell’informazione”.
A-ha. Poi però bisogna spiegare cosa significa esattamente architettare l’informazione: “ha a che fare con l’Information Technology? Con gli open data? Con l’information design?” Facce incuriosite. “Vogliamo parlare di nuovi modi per strutturare percorsi informativi, organizzare esperienze sul web e fuori”. Facce perplesse. “Bello, ma quindi?”Non sempre è immediato capire che nel nostro mondo iperconnesso tutti si nutrono di informazioni, e altrettanta ne producono, a vario livello: dall’e-commerce ai siti degli enti pubblici, alla segnaletica, alla comunicazione interna, è importante sia imparare a trovare ciò che si cerca, sia capire come organizzare ciò che si propone perché sia accessibile al pubblico. L’architettura dell’informazione si occupa di tutto questo, ma mentre lo raccontiamo ci scontriamo innanzitutto con lo scoglio linguistico, piuttosto familiare a chiunque cerchi di divulgare in Italia qualcosa nato all’estero.
C’è un problema di terminologia, di acronimi e frasi privi di senso per chi si occupa di altro (e l’uso intensivo dell’inglese non aiuta); però è anche un problema di narrazione: le parole suonano vuote se non sono accompagnate dal racconto e dalla’esperienza pratica. Perché il messaggio arrivi occorre fare lo sforzo di creare un contesto comune, che magari è improvvisato a braccio, e punta più sull’empatia che sulla purezza dei termini.
Architecta, la società Italiana di Architettura dell’Informazione, che organizza annualmente un summit nazionale e diversi webinar. C’è un master a Perugia, ci sono corsi universitari, gruppi di professionisti attivi sul territorio, aziende, masterclass, workshop, UX book club: Milano ad esempio (come anche Roma) conta su una community molto attiva da anni, ed è una delle città selezionate per il World IA Day 2014.
In Sicilia è diverso: parlare di architettura dell’informazione qui significa spesso fare divulgazione, e significa anche venire a patti con il territorio, le resistenze culturali, accettando la necessità di frullare tutto in salsa locale. Ci vogliono fantasia e atti di fiducia: è come fare la trasposizione cinematografica di un romanzo, hai delle esigenze di sceneggiatura che forzano alcune scelte, ma la cosa importante è mantenere vivo il senso.
Per noi questo senso non può prescindere dalle esigenze del territorio, e dall’approccio collaborativo: ci sono degli esperti e ci sono persone che impareranno, ma non si tratta di fare colonizzazione culturale o di impartire lezioni, è uno scambio. Così abbiamo studiato una giornata divisa in seminari e laboratori, con clienti e casi reali: i nostri relatori portano competenze, i clienti portano problemi, tutti insieme studiamo possibili soluzioni. E’ un modo pratico per dimostrare che certi metodi funzionano, spiegare come funzionano, soprattutto far tornare a casa le persone con degli spunti concreti. E far capire l’importanza della contaminazione positiva.
Abbiamo scelto quattro relatori, professionisti con esperienza nazionale e internazionale, puntando sulle loro capacità di divulgazione, adattabilità, improvvisazione: persone che non si accontentano di cavarsela con 20 minuti di slide, ma vogliono sporcarsi le mani lavorando insieme ai partecipanti.
Abbiamo pensato a quali tra i tanti temi avrebbero funzionato a Siracusa: ad esempio la comunicazione cross-channel e il discorso legato all’architettura dell’informazione pervasiva, così abbiamo chiamato Luca Rosati, pioniere dell’IA in Italia, consulente, docente universitario e co-autore del libro Pervasive IA.
Abbiamo contattato Yvonne Bindi, che viene da studi linguistici e dal web writing, per il lavoro che svolge sull’usabilità delle parole: un tema che prende tanti spunti dalla vita quotidiana di ognuno, declinabile in mille situazioni diverse.
Manuele Forcucci, che viene dal cinema e si occupa di UX, ci ha catturato con la sua proposta sulla semplessità, cioè su come trasformare dati complessi in esperienze semplici per gli utenti: una lezione che sarà interessante per tutti quelli che combattono con l’overdose di informazioni.
Infine abbiamo Antonella Turchetti, che nasce interaction designer e lavora come UX e service designer, e che ha chiuso il cerchio: “parliamo molto di come si fanno le cose, degli strumenti, dei metodi” -ci ha detto- “ma io non vorrei parlare del come, vorrei parlare del perché si sceglie e si fa questo mestiere”.
Ci siamo girati la domanda: noi che organizziamo questa giornata, perché lo facciamo? Ci interessa l’architettura dell’informazione, certo, ma non è il nostro (solo) lavoro: siamo professionisti ibridi con dei comuni denominatori. L’architettura dell’informazione è un importante tassello in un sistema più ampio, perché sappiamo che quello che ci interessa è parlare di progettazione incentrata sulle persone, di progettazione dei servizi, di comunicazione e collaborazione. Di modi di lavorare basati sulla condivisione e sulla cultura del fare.
Sono concetti perfettamente in linea con il tema generale deciso a livello internazionale per il WIAD 2014: come l’architettura dell’informazione può rendere il mondo un posto migliore? e che ricalca anche la mission di Impact Hub Siracusa, che da diversi anni propone occasioni di scambio ed eventi di formazione per connettere gli innovatori e i creativi siciliani a reti professionali di ambiti e discipline diverse.
Abbiamo capito che per noi la risposta è questa: lo facciamo perché ci piace fare innovazione.