Cybathlon, quando una gara valorizza le azioni quotidiane

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Senti che le cose inaspettate sono le migliori, e decidi di raggiungere Zurigo di notte, perché è più economico. Senti che hai ancora da comprendere, e approfondisci. Ti dirigi verso qualcosa che ti incuriosisce fin da subito, e tenti. Sabato 8 ottobre ho imparato di nuovo a camminare, a guardare, a scrivere. Perché lo stupore, o meglio l’esclamazione wow è stata una delle prime emozioni presenti. Spesso ci dimentichiamo il numero di movimenti che compiamo durante il giorno involontariamente, che sono portati all’abitudine, e sono parecchi. Sembrano gesti scontati, ma sono importanti. Sembra un’idea troppo semplice quella di organizzare un grande evento sulle azioni quotidiane, dove lì sono le protagoniste.

UN ATLETA E LA SUA PROTESI

Ricordo un momento preciso: un atleta indossava una protesi mioelettrica per arto superiore.

Egli è riuscito a raggiungere la fine dei task previsti della gara prima della fine del tempo. Ogni azione conquistata riportava un punteggio, al termine del quale si sommava e si raggiungevano i gradini del podio nella sfida finale del pomeriggio.

La squadra poco distante dal pilota (così è chiamato) che stimola a continuare, che dà coraggio. Allenatori, tecnici, designer, sviluppatori, i quali credono che la propria scommessa, oggetto biomedicale o sedia motorizzata che sia, si differenzi dagli altri, che sia ricca di possibilità per il prossimo. Cybathlon è il primo risultato internazionale dedicato al mondo della cibernetica, della robotica, dell’ordinarietà, sulla falsa riga dei Giochi Paralimpici. Usando la conoscenza come metro di misura nella ricerca dell’aspetto medico e della riabilitazione.

L’obiettivo qui non è saltare più in alto, correre più veloce, ma è quello di affrontare le sfide di ogni giorno con l’aiuto delle ultime e più sofisticate tecnologie

“Perché l’obiettivo qui non è saltare più in alto, correre più veloce, ma è quello di affrontare le sfide di ogni giorno con l’aiuto delle ultime e più sofisticate tecnologie.

Riconoscere un problema, sviluppare un’idea e risolverla”, osserva Lino Guzzella, Presidente dell’università ETH Zurich. Essa è stata promotrice della competizione come una via di promozione dell’innovazione stessa, entrando direttamente nelle singole vite delle persone: migliorandone la qualità.

QUATTRO ANNI FA L’IDEA

L’idea viene quattro anni a Robert Riener, Professore di Sensory-Motor Systems presso il medesimo college. Alla manifestazione principale, presso la SWISS Arena di Kloten, si sono registrati 70 atleti, con i loro rispettivi team da ben 25 nazioni differenti. E altrettanti gli spettatori attesi anche se non del mestiere. Nel complesso incontro motori, sensori e display erano ammessi e applicati agli arti artificiali, alle carrozzine, agli esoscheletri, alle biciclette. Cosa non possibile, per esempio, per gareggiare alle Paralimpiadi, da poco concluse lo scorso settembre a Rio.

“Noi vogliamo porre attenzione alle opportunità che le nuove tecnologie offrono alle persone con disabilità, e allo stesso tempo dimostrarne i limiti. Vogliamo inoltre ispirare i ricercatori per sviluppare nuovi device che siano pratici, usabili, e personalizzabili”, afferma Robert Riener durante la cerimonia d’apertura, a nome di tutta l’organizzazione. Dai problemi tecnici ad un approccio più profondo che va ben oltre la funzionalità.

Materiali sviluppati in un modo migliore, il più confortevole, e se possibile più leggero.

Un quarto dei team partecipanti proviene dal mondo industriale; tre quarti, invece, dai laboratori universitari. Spesso una tesi di dottorato diventa l’occasione di mostrare peculiarità di nuovi punti di vista. Per mostrare la resistenza dei prodotti che sono già sul mercato, e alla progressiva costruzione di altri all’interno di un nucleo giovanile e intraprendente.

INNOVAZIONE ED EMOZIONE

Prima di raggiungere la grande arena, e sedersi sugli spalti osservando, comprendendo e ammirando, a ognuno dei presenti era data la possibilità di scoprire la storia degli oggetti assistiti grazie ad un viaggio che compivi intitolato “From Captain Hook to Iron Man?” Dai primi ausili, alla loro riproduzione in ambienti vicini e lontani, alle ultime, nuove e sofisticate innovazioni. Lentamente un mondo sconosciuto era costruito in un’atmosfera leggera, stimolante e incalzante. Era un trasporto vivo, ricco e un po’ surreale. Esistono già? Sono accessibili? Dove si possono vedere? Ognuno, grande o piccolo che fosse prendeva parte alla manifestazione. Per tutta la giornata rimanevano allestite alcune postazioni “a portata di mano”, grazie al partner svizzero PluSport, per immedesimarsi in una delle sei discipline del Cybathlon. Si può guidare un avatar con i propri pensieri in un videogame? Certo, attraverso particolari cuffie che permettono di captare le onde cerebrali con un computer. Camminare con un arto artificiale? Forse. Gestire una carrozzina su un terreno disconnesso? Complicato.

I volontari rispondevano alle tue domande, alle tue impressioni, e molto spesso con un “Vuoi provare?”

LA COMPETIZIONE

La competizione principale, invece, consisteva in un percorso riprodotto parallelamente quattro volte, in cui quattro atleti gareggiavano simultaneamente. I task, sempre sei; il tempo limitato a otto, sei o quattro minuti, dipendeva per la tipologia di disciplina. Ammessi erano i piloti che avevano subìto diversi tipi di lesioni spinale o diversi tipi di amputazione. Importante era rappresentare l’autonomia, la libertà e – forse – un pizzico di realizzazione nel dire “posso, di nuovo, anch’io”.

La Functional Electrical Stimulation consente di attivare i muscoli delle gambe paralizzate e riuscire ad andare in bicicletta

Tra le discipline più particolari e che hanno goduto di più l’attenzione la Functional Electrical Stimulation (FES), che consente di attivare i muscoli delle gambe paralizzate e riuscire ad andare in bicicletta; o la Brain-Computer Interface Race (BCIs), in cui a correre può essere la tua immaginazione. O ancora gestire una sedia motorizzata per salire e scendere le scale. Attrezzata di cingoli. Ebbene sì, avete letto bene. Per concludere la Powered Exoskeleton Race, dove gli esoscheletri sono indossabili, e supportati da motori. Ancora il loro utilizzo è raro, ma ad ogni modo sono presenti già in ambienti riabilitativi per ricominciare a fare i primi passi, migliorando fin da subito la mobilità della persona, nel suo complesso.

NON FACCIAMO CASO ALLA ROUTINE

Prendi un oggetto, stendi i panni, tagli il pane, apri il barattolo. E ancora, cammini su un terreno instabile, e apri la porta. Non è così strano, è routine. Solo, non ci facciamo caso, perché ci rendono un po’ automatici. Dopo una serie di forse e di ma, mi sono immaginata lì all’interno, con quella protesi miolettrica all’arto superiore.

Se mi mettessi in gioco, come gli atleti? Se oggi prendessi il loro posto?

E ripensavo, che nel tempo, ho escogitato strategie per completare gli esercizi. Forse siamo predisposti al cambiamento, e ci adattiamo anche se non ci piace. Tendiamo con fantasia e ricerca a migliorare. Ci chiediamo come abbiamo imparato. Se qualcuno ce l’ha insegnato.

E soprattutto: se dovessimo cominciare di nuovo, come faremo o da dove inizieremo?

FABIA TIMACO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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