Mi ha parlato di Lorenzo Ostuni, alias Favij, prima il figlio dodicenne di un caro amico, poi mio cugino insieme al resto dei compagni di classe, poi ancora una bambina che chiedeva di lui a un edicolante e, infine, i figli del vicino di casa appena tornati da una presentazione del suo libro a Roma, in una marea di ragazzini e genitori increduli di fronte a un quello che sembrerebbe solo un ragazzo come tanti altri.
Lorenzo infatti non ha ancora vent’anni, ma in compenso è lo youtuber italiano del momento.
Con un milione ed ottocentomila iscritti, il suo canale è il più cliccato fra quelli nazionali e conta ogni giorno migliaia di visualizzazioni.
Ennesimo caso scoppiato all’improvviso? In realtà no.La storia di Lorenzo parte infatti quando da piccolissimo si appassiona ai cartoni animati, e da quelli ai giochi per console e computer.
Continua poi nel 2012 con l’apertura, insieme ad altri due utenti, del suo primo canale su Youtube, The Sharing Game, e con la creazione della serie horror Giochi nel buio con cui si aggiudica l’appellativo di “primo gamer italiano a realizzare un video su Slender”. Ma non basta. Nel 2013, anno in cui fonda un canale tutto suo, Favij vince il titolo Golden Play Button Award, premio assegnato da Youtube per coloro i quali superano il milione di iscritti, e inizia una scalata al successo la quale continua ancora oggi.
Che fa esattamente? Per lo più videocronache della sue sessioni di gioco al pc o alle console.
Non mancano poi occasioni in cui recensisce lo stile delle pubblicità giapponesi, incontra virtualmente i fan, parla del suo rapporto con la Nutella e ci presenta la sua ragazza.
In poche parole un fenomeno più che virale, che in paio di anni ha raggiunto risultati impensabili.
UNA RUBRICA SU REPUBBLICA E UN FILM IN USCITA
Secondo alcuni la brutta copia di PewDiePie (lo youtuber svedese con oltre trentasette milioni di iscritti), secondo altri semplice teenager baciato dalla fortuna, Favij è una vera macchina da guerra. Dalla stanzetta torinese dove gestisce il suo account, lavora per l’edizione online di Repubblica, dove segue una rubrica bisettimanale incentrata sugli indie game, e ha appena finito di recitare in Game Therapy: film girato fra Los Angeles e il Marocco, diretto da Ryan Travis, e incentrato niente di meno che sulla passione dei ragazzi per i videogiochi.
TUTTA LA VITA IN UN MONDO VIRTUALE
Solo un anno e mezzo fa nello Utah, al Sundance Film Festival, erano stati presentati due film che affrontavano lo stesso tema ma lo inquadravano da prospettive diverse, “Love Child” basandosi su un fatto di cronaca coreana mentre “Web Junki”e su un centro di riabilitazione cinese, destinato a curare giovani e giovanissimi dalla dipendenza telematica.
Non è certo questo il caso di Favij fortunatamente, ma è innegabile che la sua è una storia emblematica, paradigma di generazioni che lasciano poco ad attività alternative e che investono molto nell’universo virtuale.
Come immersi in una realtà altra, estimatori di una nuova forma di vita contemplativa, questi ragazzi restituiscono il senso di una tecnologia “feroce”, che a volte genera mostri ma pure di esperienze positive: è il caso del coreano Sungha Jung, classe ’96, che attraverso video postati su Youtube a soli nove anni si è fatto conoscere per le sue doti chitarristiche, le stesse che l’hanno aiutato a intraprendere una carriera nel mondo discografico.
La visibilità offerta da una vetrina come Youtube è stata quindi per lui un trampolino di lancio, non un fine ma un mezzo di trasporto verso la realizzazione artistica.
Nel caso di Favij e degli altri, invece, la situazione sembra ripiegarsi su se stessa, nell’assenza di una meta che non sia lo schiacciare l’ennesimo joypad abbinato ai guadagni stellari delle partnership pubblicitarie… Anche se, sfogliando un album di figurine Panini dedicato a Favij, ho pensato che forse mi stavo sbagliando, ho pensato che stare ore e ore davanti ai videogiochi può essere un’arte, chissà.
ANGELA BUBBA