Estremamente ambiti tra i collezionisti, per la loro antica rarità questi manufatti sono stoffe sapientemente ricamate, utilizzate con grande scrupolo e attenzione in eventi come nascita, matrimonio e morte, rispettivamente come coperta, per contenere la dote della sposa, o come sudario, per coprire il volto del defunto.
A portare in Occidente il mito dei Katag, fu uno studioso inglese di arte tessile, Robert Chenciner, che in uno dei suoi viaggi in Caucaso nord-orientale, tra gli anni Settanta e Ottanta, ebbe la fortuna di conoscerli e apprezzarli tanto da dedicarvi un libro che uscì nel 1993, “Kaitag: Textile Art from Daghestan”.
A rendere così preziose queste stoffe è la storia carica di significato che si concentra nei loro motivi, la storia di un popolo, nella terra del Deghestan, che vive ancora in villaggi e conserva intatti rituali, credenze, cultura e tutto il fascino di una contaminazione bizantina, ottomana, cinese, mongola, cristiana, musulmana, ebrea, animista, sciamanista e tanto altro ancora.
Drappi i cui disegni mostrano chiaramente un bagaglio di credenze, di tradizioni e di religiosità, come i motivi di animali mitologici, o mappe dell’aldilà.
Galleria fotografica
I Kaitag antichi, non più di un migliaio, sono conservati perfettamente grazie all’uso di colori naturali e all’accuratezza con cui venivano utilizzati. I manufatti più preziosi sono anche i più antichi, quelli realizzati nel XVII e XVIII secolo.
65 esemplari provenienti soprattutto da collezioni private, verranno esposte al Museo di Storia Naturale di Pordenone fino al 30 Gennaio.