Dal codice morse alle app, storie di innovazione nel primo soccorso

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Alle sei del mattino del 23 gennaio 1909 all’Isola di Nantuket, nel Massachussetts, c’è troppa nabbia. Il radio operatore Jack Binns invia il segnale di soccorso CQD: il transatlantico Republic, chiamato anche “la nave dei milionari” e su quella nave ce ne erano circa un migliaio, si è appena scontrato con il transatlantico italiano Florida. Degli oltre 1200 passeggeri ne muoiono soltanto 6 grazie all’intervento del capitano J.B. Ranson che, ricevuto il segnale lanciato da Binns, interviene in soccorso della Republic con il transatlantico Baltic. Questa è la storia del salvataggio più famoso reso possible grazie all’invio di un segnale di pericolo, il CQD (rappresentato in codice Morse — · — · — — · — — · ·), che proprio in questi giorni festeggia il suo centodecimo compleanno dalla sua introduzione.

La chiamata CQ (“a tutte le stazioni”) non esprime a sufficienza l’urgenza di un segnale di pericolo. Dopo il 1 febbraio 1904 la richiesta di assistenza da navi in pericolo deve essere data con il segnale CQD“: è il testo della Circolare 57, spedita il 7 gennaio 1904 dal numero 18 di Finch Lane, Londra, dal Marconi International Marine Communication Company Limited. Il codice CQD viene usato fino al 1912 quando venne sostituito dal segnale SOS, molto più semplice da riconoscere perché costituito da tre punti seguiti da tre linee e altri tre punti (· · · — — — · · ·).

Spesso le cose nuove nascono dai bisogni, soprattutto quando sono legati alla vita delle persone, in particolare quando servono a salvarglierla la vita alle persone. E spesso chi ha a che fare con i guai finisce per inventarsi il modo per risolverli: è la storia del soccorso degli ultimi centodieci anni, da quando è stato introdotto il segnale CQD a oggi.

Dentro a queste storie ci sono i salvataggi, le delusioni, i dolori dei soccorsi non riusciti e di quelli riusciti, le idee nate per salvare una persona, per non provocargli meno dolore possibile o per portarla prima in ospedale, i metodi per diffondere pratiche di primo soccorso.

Un istante dopo ogni sconfitta o vittoria del soccorso c’è sempre stata una innovazione per migliorarlo: un oggetto, uno strumento, un codice, un corso, un’ambulanza, una divisa.

L’ultimo esempio è “iFirstAid“, un’app gratuita del soccorso (per iPad , iPhone e Android), creata da un’associazione di volontariato, la Croce Bianca di Bolzano che sta diffondendo nozioni e procedure di primo soccorso in tutto, davvero tutto, il mondo. Un percorso che, iniziato nel 2006 (prima della nascita dell’iPhone) ad oggi ha permesso di diffondere sugli smartphone di tutto il mondo, per oltre 607 mila volte, nozioni di primo soccorso, la seconda app più scaricata nella categoria sanità e benessere di AppStore Italia.

Uno dei motivi del successo di questa app, oltre al fatto che è gratuita e multilingue, è che è stata concepita, grazie alla collaborazione dei volontari di Bolzano e Bruno Mandolesi, per persone che non sono state formate sul primo soccorso, semplice e che mette a disposizione tutte le informazioni, raffigurate attraverso le immagini, per poter reagire correttamente ad una situazione d’emergenza, a cominciare dai numeri corretti da comporre in caso di pericolo.

Le manovre di primo soccorso più importanti si possono vedere e sentire sotto forma di videoclip commentati suddivise per tipologia di paziente: adulto, bambino e lattante. In questo modo si può guardare il filmato dell’intera manovra, per esempio la rianimazione cardiopolmonare, per poi imparare la manovra stessa passo per passo, con i testi e le illustrazioni. Le tematiche delle “misure salvavita” sono: chiamate di soccorso, sicurezza, controllo dello stato di coscienza, posizione laterale di sicurezza, rianimazione, lesioni.

“Solo” il 30% per cento degli utenti ha scaricato “iFirstAid” dall’Italia, poi da USA, Germania, Canada, Svizzera, Gran Bretagna, Filippine, Australia, Francia, Austria, Arabia Saudita e Hong Kong. «Le ragioni del successo in Italia sono dovute al fatto che in Italia non ci sono molte app di primo soccorso, mentre in Germania sono già molte di più», dice Priska Prugger, della Croce Bianca. «Ma il merito di questi numeri e della diffusione è di avere un’app dai contenuti qualificati, che corrispondono alle linee guida della Società Italiana di Pronto soccorso Italian Resuscitation Council (IRC), è parte della formazione certificata ILCOR (International committee responsible for coordination of all aspects of cardiopulmonary and cerebral resuscitation worldwide), i contenuti corrispondono alle attuali linee guida dell’ERC (European Resuscitation Council). Il merito è poi del presidente Georg Rammlmair e del primario del Pronto soccorso dell’Ospedale di Bressanone che ci hanno creduto».

Un’app finanziata con i proventi del 5 per mille e nata in un’associazione, la Croce Bianca di Bolzano, fondata nel 1965, che conta quasi 2700 volontari e che, nel 2012, hanno svolto circa 942.573 ore di servizio. Una delle associazioni italiane maggiormente impegnate nella formazione di corsi gratuti di primo soccorso che, con o senza app, i volontari consigliano comunque di frequentare: nella provincia di Bolzano soltanto lo scorso anno l’associazione ha istruito oltre 10.000 persone sulle procedure di primo soccorso. Lo scorso anno nelle scuole sono stati 4.100 i ragazzi che hanno appreso le tecniche salvavita già dalla scuola con il progetto Mini Anne… io però qui lo avevo già detto che quelli della Croce Bianca di Bolzano erano dei marziani.

Forse, allora, una parte dell’ innovazione, almeno di quella che riguarda il soccorso, è riuscire a far conoscere a quante più persone possibili, inclusi i bambini, come si esce dai guai…

P.s. Un consiglio: scaricate l’app e poi andate nell’associazione che avete più vicino e fate un corso di primo soccorso, che di sicuro non vi servirà, ma avrete fatto una cosa davvero nuova per voi stessi e per le persone alle quali volete bene.

Andrea Cardoni

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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