Circondata da altre auto dalle linee aggressive e aereodinamiche una piccola due posti bombata e dalle forme stranamente amichevoli sfreccia su una strada polverosa a Mountain View, California. Senza nessun conducente alla guida.
Si tratta dell’ultimo prototipo della “Google Car”, un’auto autonoma guidata da un potente software di intelligenza artificiale. Siamo a maggio 2014 e più che per la vicenda di un’auto che si guida da sola, la novità fa scalpore sui quotidiani internazionali perché sottolinea in maniera chiara e inequivocabile che una grande rivoluzione sta per accadere: quella dell’intelligenza artificiale e delle macchine pensanti.
I progressi dell’intelligenza artificiale hanno sempre fatto molto discutere (un esempio? I software di riconoscimento vocale o della scrittura), ma negli ultimi anni qualcosa è realmente cambiato.
Lo si è capito quando improvvisamente le menti più geniali del mondo hanno iniziato a manifestare preoccupazione per gli impatti che l’intelligenza artificiale avrà sulla nostra economia (e sulla nostra vita) a breve (Leggi anche “Come nasce l’intelligenza artificiale e perché non è ancora davvero intelligente”)
A gennaio di quest’anno Stephen Hawking, insieme ad un gruppetto piuttosto nutrito di altri scienziati ben noti, firma una lettera aperta che, inaspettatamente, non parla né di astrofisica né di matematica. La lettera senza troppi mezzi termini invita il genere umano a prendere coscienza della rivoluzione in corso. In particolare l’invito è quello di impiegare tutte le contromisure affinché si gestisca al meglio l’avvento dell’intelligenza artificiale all’interno della nostra società. Leggi anche: “Come nasce l’intelligenza artificiale e perché non è ancora davvero intelligente”
Qualcosa sta realmente cambiando dunque, ma le aziende (e in particolare quelle italiane) ne sono consapevoli?
Software di intelligenza artificiale, da Nvidia un esempio di innovazione da imitare
Certamente di fronte ai grandi cambiamenti si riconoscono le grandi aziende.
Esse li prevedono, li anticipano e quando la grande ondata finalmente arriva sono lì ad aspettarla, pronte e consapevoli di essere tra i primi a poter sfruttare un nuovo mercato. Come tutte le grandi rivoluzioni tecnologiche, anche quella dell’intelligenza artificiale sta avendo i suoi precursori: le aziende che anni fa hanno previsto il grande cambiamento e che hanno investito sudore e denaro in ricerca, aspettando poi la grande onda. Sono tantissime. Una di queste è Nvidia: la società che produce le schede video che permettono ai nostri videogiochi di essere così realistici. La dirigenza di Nvidia ha intravisto una grande onda: i software di intelligenza artificiale – ricordate la Google Car? – possono trarre grande beneficio dalla potenza di calcolo delle schede grafiche.
E così, in poco tempo, la società statunitense ha avviato una serie di sviluppi proponendo le proprie schede come soluzione per l’enorme richiesta di potenza di calcolo dei nuovissimi software di intelligenza artificiale. Il risultato? Al CES 2015 (la più importante fiera tecnologica del mondo) l’amministratore delegato di Nvidia, Jen-Hsun Huang, non ha parlato molto di videogiochi. Ha invece presentato soluzioni hardware (schede grafiche) ad hoc per l’intelligenza artificiale (detta anche “A.I.”) e per i veicoli autonomi. Questa è innovazione.
Predictive analytics: non solo per “big player”
Se da una parte risulta chiaro che qualcosa sta accadendo, dall’altra sembra molto meno chiaro per le aziende, in particolare per quelle italiane, come trasformare questa consapevolezza in strategia e successivamente in azioni concrete.
Molte funzioni aziendali possono incrementare sostanzialmente il valore prodotto grazie alle ultime tecnologie di intelligenza artificiale ma come?
Una delle aree di maggiore contatto tra aziende e intelligenza artificiale è quella del “predictive analytics”: l’insieme di tecnologie utilizzate per effettuare analisi e previsioni automatizzate. Generalmente i software di predictive analytics analizzano i dati storici di un’azienda imparando da quello che è accaduto nel passato, proprio come fa un analista umano, ma con la possibilità di scovare relazioni e schemi ricorrenti all’interno di gigantesche basi dati. Un compito spesso impossibile anche per l’analista più esperto. Ecco che diventa possibile prevedere in anticipo quali clienti stanno per abbandonare una società – magari per contattarli prima che sia troppo tardi. Oppure prevedere la risposta del mercato al lancio di un nuovo prodotto grazie ad un software che elaborerà la sua previsione basandosi su come in passato i clienti hanno risposto al lancio di altri prodotti. E perché non sfruttare queste previsioni per progettare prodotti che i clienti ameranno di più e con un pricing più efficace? Tutto questo (e molto altro) è già alla portata non solo di big player, ma anche delle piccole e medie società tramite i software di predictive analytics.La sfida delle aziende tra advanced analytics e smart machines. E in Italia?
Per le aziende esiste, tuttavia, una grande sfida da vincere: integrare l’adozione di tecnologie di predictive analytics all’interno di progetti sostenibili e dai risultati misurabili. Molto spesso le aziende tendono a ritardare gli investimenti in tecnologia fino all’ultimo minuto, specie in tempi di crisi. Purtroppo nel caso di software di predictive analytics ciò non è possibile. Non basta acquistare un software, spesso è necessario rivedere il modo in cui i dati di business sono raccolti, conservati e aggiornati. Il processo di maturazione dell’azienda deve avvenire gradualmente e in maniera sostenibile. Molte aziende hanno avviato questo processo anni fa e in poco tempo hanno letteralmente spazzando via la concorrenza (Amazon vi fa venire in mente qualcosa?). Secondo Gartner, società leader nelle analisi di mercato, due dei dieci trend tecnologici più importanti del 2015 saranno “advanced analytics” e “smart machines”. Ecco che la grande ondata sta per arrivare.
In Italia il settore “predictive analytics” è visto con interesse, ma poche aziende hanno avviato progetti strutturali.
E questo anche per contenere le spese in un periodo di forte contrazione dei mercati. Pochi investimenti quindi, nonostante l’importanza strategica di iniziare subito ad integrare questo tipo di tecnologie nei propri processi aziendali per poter rimanere competitivi. Nel mercato iper-connesso e digitalizzato di oggi non c’è spazio per i ritardatari e citando “La nuova rivoluzione delle macchine” (ottimo libro di Brynjolfsson e McAfee, entrambi economisti del MIT): “la digitalizzazione crea i mercati in cui il vincitore prende tutto”.
L’impiego di tecnologie di predictive analytics da parte di un’azienda non deve essere necessariamente trasversale, molte società hanno avviato progetti di predictive analytics circoscritti a piccole aree di business prima di procedere, scoprendo gradualmente come trasformare i dati di business inutilizzati (informazioni sui clienti, sulle vendite, sui prodotti, etc…) in un vero e proprio asset strategico. Le aziende italiane devono iniziare subito a confrontarsi con le nuove tecnologie di predictive analytics, perché la grande onda dell’A.I. sta per arrivare e altrimenti potrebbero esserne travolte invece di cavalcarla.
FABIO FOGLIA*
*Co-founder at MarketMind Research®