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Dall’Iraq a Berlusconi: perché il mondo ha bisogno di Wikileaks

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Silvio Berlusconi sarebbe stato intercettato dalla potentissima National Security Agency nei mesi precedenti alle sue dimissioni come Presidente del consiglio, nel novembre del 2011. Questa rivelazione ha convinto il suo partito, Forza Italia, a chiedere con forza una commissione d’inchiesta per appurarne la veridicità. In estrema sintesi le intercettazioni delle telefonate dell’ex premier e del suo staff diplomatico divenute di dominio pubblico da poche ore, proverebbero, secondo l’accusa, l’esistenza di una cospirazione per scalzare Berlusconi e i suoi alleati dal governo del paese con la complicità di banche e governi europei.

Mentre la notiza ha provocato un discreto sconquasso nei media e mella politica italiani, stavolta nessuno, tantomeno i giornali dell’ex premier, denuncia la scorrettezza di chi ha originato tali rivelazioni: Wikileaks.

Credits: www.globalresearch.ca

Che cos’è Wikileaks

L’organizzazione creata dall’hacker e matematico Julian Assange, Wikileaks, dal 2006 pubblica attraverso il sito omonimo informazioni che i governi tendono a mantere segrete e per questo si presenta come un’iniziativa anticorruzione e pro-trasparenza. Fondata da Assange e da un gruppo di giornalisti e attivisti per i diritti umani europei e americani, teologi della liberazione brasiliani e dissidenti cinesi e iraniani, Wikileaks è stata spesso alla ribalta anche per le modalità di raccolta di informazioni privilegiate e top secret che possono essere inviate al suo sito in assoluta segretezza grazie all’uso della crittografia. Un team di volontari organizza e pubblica queste notizie garantendo la segretezza, l’affidabilità e la sicurezza delle fonti, mentre un gruppo di hacker distribuito ai quattro angoli del pianeta si occupa della sicurezza del sito e di chi lo contatta.

Nel 2010 Wikileaks ha pubblicato insieme al Guardian, New York Times, Spiegel e poi l’Espresso, gli “Afghan war logs” che hanno messo in grande imbarazzo l’amministrazione Usa rendendo noti 91 mila documenti di intelligence circa le modalità di gestione della guerra in Afghanistan. E così pure gli “Iraq War Logs” che rivelano torture, abusi e violenze commesse dall’esercito americano nella guerra in Iraq. Subito scoppiata la polemica senza che nessuno mettesse in dubbio direttamente la veridicità dei contenuti pubblicati, Wikileaks è stata accusata di “intelligenza col nemico”, di ingenuità e manipolazione, scorrettezza giornalistica e finanche attentato alla sicurezza dello stato.

In quel periodo, mentre i suoi sostenitori e lettori aumentavano di numero, è stata avviata una vera e propria campagna di delegittimazione nei confronti dell’organizzazione no profit che ha portato al suo boicottaggio da parte di banche e istituti di credito che gli hanno bloccato i conti, generando in risposta una vasta campagna di solidarietà in tutto il mondo condotta anche da Anonymous.

Ma questa campagna di delegittimazione ha colpito sopratutto il front man di Wikileaks, il portavoce e fondatore Julian Assange. Accusato di stupro da due donne che hanno poi ritrattato e poi di nuovo smentito, la Svezia, il paese dove sarebbe stato consumato il crimine, ha emesso una richiesta di arresto che molti credono strumentale alla sua estradizione verso gli Stati Uniti dove rischia la pena di morte per spionaggio.

In seguito a una serie di avvenimenti rocamboleschi, per sfuggire all’arresto e all’estradizione, Assange ha deciso di rifugiarsi nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove è attualmente confinato e guardato a vista dalla polizia di sua maestà che lo aspetta fuori della porta per arrestarlo e consegnarlo agli alleati americani.

Nel frattempo Wikileaks, andata incontro a una serie di trasformazioni, non ha mai smesso di pubblicare documenti scomodi, soffiate e denunce, come i Cablo all’origine del Cablegate, i documenti delle trattative segrete del Trattato di libero commercio transatlantico TTIP e i 2 milioni di Syria files, documenti attualissimi sulla crisi di Damasco.

Quando la trasparenza vale solo per gli altri

Se indagare sulla fondatezza dell’accusa di stupro nei confronti di Assange ci porta nel terreno delle più classiche cospirazioni, la seconda accusa necessita di essere approfondita perché riguarda lo statuto della libertà d’informazione.

L’accusa infamante per un sito che fa della trasparenza la sua missione principale è che non essendo noto chi finanzia Wikileaks – che nel 2010 dichiarava una necessità di cassa di 400 mila dollari annui per server e personale – non ci si possa fidare. Per questo, nell’epoca del giornalismo partecipativo che compete con quello dei media mainstream, gli è stato chiesto di operare come le testate giornalistiche tradizionali, rendendo pubblici bilanci e finanziamenti. Ironia della sorte questo avviene anche in Italia, in un paese che finora non è stato in grado di dotarsi di una legge sulla trasparenza degna di questo nome.

I due fatti, l’accusa di aver stuprato due donne inizialmente consenzienti (avere una relazione sessuale senza preservativo in Svezia equivale allo stupro) e quella di scarsa trasparenza hano subito fatto sorgere il sospetto che si volesse spostare l’attenzione dai fatti denunciati al denunciante Assange, con buona pace della ricerca della verità. Una conclusione fin troppo facile, visto come è fallito, per semplici impedimenti burocratici ogni tentativo proposto dai legali di Assange per farlo interrogare dagli inquirenti e testimoniare la sua versione dei fatti.

E tuttavia si continua ancora a chiedere trasparenza a Wikileaks e ad accusarla, come è stato fatto con la talpa del Datagate, Edward Snowden, di essere al soldo di questa o quella potenza straniera nel fronte antioccidentale. Nel caso di Wikileaks chiedere trasparenza a un sito d’informazione per whistleblowers (chi denuncia corruzione e malaffare da dentro un’ente, un’impresa o un’organizzazione) con la protezione dell’anonimato, è infatti paradossale. Anche se fosse considerata una testata giornalistica – avallando la tesi che editori e investitori orientano la linea editoriale delle testate d’informazione -, non si capisce come sia possibile chiedere a Wikileaks la trasparenza negata dai finanziatori delle aziende editoriali in rete e dalla proprietà di giornali e televisioni che con le sole vendite certo non starebbero in piedi. Chissà perché lo fanno proprio quei giornali che non hanno le competenze, le risorse e il coraggio per indagare sugli aspetti più bui della politica di governi e multinazionali.

Se proprio si volesse seguire il principio del “to follow the money” per sapere a chi risponde Wikileaks, basta fare una piccola ricerca in rete e leggerne bene il sito per sapere che le spese vengono pagate come rimborsi a piè di lista da diverse fondazioni: tra queste la Wau Holland Foundation con sede in Germania e che secondo la legge non deve rendere noti i suoi finanziatori.

Wikileaks è anche registrata come charity negli Usa, come giornale in Francia, come biblioteca in Australia, una molteplicità di fonti che già di per sé è garanzia di pluralismo e controllo distribuito.

Amnesty International ha insignito nel 2009 Wikileaks del premio “International Media Awards” riconoscendone la meritoria azione informativa nel campo dei diritti umani. E non è stata la sola.

Perché il mondo ha bisogno di wikileaks, l’intervista di Assange al TED

In questa intervista, fatta ancora da uomo libero al TED Global 2010, Julian Assange conversa con Chris Anderson sulle modalità operative del sito, i risultati raggiunti e le sue motivazioni personali. L’intervista comprende uno spezzone di un video di 17 minuti, Collateral Murder, che mostra l’assassinio di undici civili iracheni, tra cui due impiegati della Reuters, in un attacco messo in atto da due elicotteri Apache statunitensi che avevano confuso la videocamera dei giornalisti con un’arma.

Dal 2010 ad oggi Wikileaks non ha mai smesso di combattare la sua battaglia per la trasparenza.

Bibliografia Ragionata

Assange, J., Quando Google ha incontrato Wikileaks, 2015, Stampa Altenativa

Di Corinto. A., Un dizionario hacker, 2014, Manni Editori,

Assange, J., Internet è il nemico, 2013, Feltrinelli

Sifry Micah L. Oltre Wikileaks. Il Futuro Del Movimento per la Trasparenza, 2011, Egea

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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