De Rossi: “Innovatori immaginari, il valore legale della laurea va abolito” –

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Marco De Rossi, 22 anni, bocconiano e fondatore di Oilproject: la consultazione del Miur è finita e ha vinto chi crede nel valore legale del titolo di studio. Conta ancora così tanto il pezzo di carta?

No. Secondo me è una buffonata. Il settore privato ha superato questa concezione da decenni. Un conto è una legge, un altro è capire quanto vale una persona. Una certificazione non basta. Le aziende si impongono regole e decidono su quali valori puntare, ma nel settore pubblico le selezioni passano attraverso il titolo di studio. È una questione tecnica: da un punto di vista economico la laurea è un importantissimo strumento di segnalazione. Il suo valore legale, invece, è pura distorsione dell’equilibrio tra domanda e offerta di lavoro. E non premia i migliori.

I tre quarti dei 20mila che hanno risposto alla consultazione non la pensano così.

Massimo rispetto. Secondo me però non tengono conto delle questioni tecniche-economiche sottese a questo dibattito, dove spesso si assumono solo posizioni di abitudine o ideologia. Vogliamo fare finta che una laurea in Ingegneria nella mia cara Puglia valga come una laurea al Politecnico di Torino? Insomma, è una posizione da conservatori. Forse non si sono resi conto che non è una bacchetta magica a dare un valore intrinseco a quel pezzo di carta. Il problema, comunque, è in tutta Italia: la media nazionale dei voti di laurea in Lettere Moderne è 108. Ecco perché servono criteri di selezione migliori del titolo di studio. Inoltre il sistema attuale non tiene affatto conto dei percorsi di formazione non strutturati.

Voglio dire che là fuori c’è molta gente che impara a fare qualcosa di utile senza stare seduta dietro a un banco. E Oilproject è solo uno dei tanti esempi.

La tua ricetta per la scuola del futuro.

Abolire il valore legale del titolo di studio, far ripartire i concorsi e superare il sistema delle graduatorie. Licenziare gli insegnanti che lavorano consapevolmente male e pagare il doppio gli altri. L’insegnante è il mestiere più importante che ci sia. Non possiamo affidarci al fatto che chi lo faccia bene sia un santo, una persona ricca di famiglia o un pazzo. C’è bisogno di una rivalutazione sistemica del ruolo di chi insegna. E questo passa, inutile negarlo, anche dal loro stipendio. Riforma degli Istituti Tecnici e Professionali in modo che non vengano considerate più scuole di serie B.

A questo aggiungo open data e trasparenza su ogni attività, digitalizzazione, sperimentazioni di e-learning e dinamiche di formazione permanente per tutti fino alla pensione. E infine: noi studenti dobbiamo studiare molto di più. E non necessariamente sui libri. C’è poco da fare, in questo mondo crudele si compete sul prezzo o sul know-how. E noi sulla prima carta non possiamo davvero più puntare.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

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