È un fenomeno ancora poco quantificabile perché, a differenza di quando riguarda guanti e mascherine, l’impatto ambientale è invisibile a breve termine. Ma uno degli effetti collaterali dell’emergenza sanitaria e delle misure adottate per prevenire i contagi da covid-19 è l’utilizzo, smodato, di detergenti e disinfettanti. L’ansia, giustificata, per la pulizia e la sanificazione degli ambienti ha portato alle stelle gli acquisti di questa tipologia di prodotti. Lo ha rivelato un’indagine Nielsen, società che si occupa della misurazione e dell’analisi di dati sui consumi da parte dei cittadini. I numeri si riferiscono soltanto ad alcune settimane di marzo – prese come riferimento nel confronto con lo stesso periodo del 2019 – ma considerato che le nuove abitudini hanno cambiato in questi mesi anche il carrello della spesa, si tratta di cifre più che mai attuali: per citare alcune sostanze comuni, l’azienda ha infatti rilevato un aumento delle vendite di alcol denaturato del +347% e di candeggina dell’ 88%. E insieme a questi vendutissimi prodotti ci sono anche i detergenti per superfici il cui acquisto è cresciuto del 36%. Per non parlare dei prodotti per l’igiene personale come il sapone per le mani, che ha registrato un +83%.
Detergenti e disinfettanti: come si inseriscono nel discorso inquinamento?
Ma la tanto desiderata amuchina, la candeggina, l’alcol e tutti i prodotti a base di queste sostanze sono altamente inquinanti per le acque, tossici per gli organismi acquatici e velenosi per i nostri mari. Come? Purtroppo è molto semplice: sia che vengano utilizzati in casa o in ambienti chiusi sia, ad esempio, chi si usino per la pulizia e la sanificazione delle strade, attraverso gli scarichi entrano nel ciclo delle acque avvelenando da una parte il sistema marino, dall’altra i microrganismi che costituiscono la catena alimentare e che arrivano all’uomo.
L’utilizzo smodato di questi prodotti è stato monitorato anche da alcuni ospedali, perché nocivi per la salute oltre che per l’ambiente: l’abuso è stato registrato, ad esempio, dal centro Antiveleni dell’Ospedale Niguarda di Milano che, sempre durante la prima ondata della pandemia, ha intercettato richieste di aiuto o di informazioni per intossicazione da disinfettanti: l’aumento è stato del del 65% per gli adulti e del 135% per i bambini più piccoli, sotto i cinque anni.
L’eccessivo utilizzo di queste sostanze, anche per la pulizia di spazi esterni come le strade, ha indotto il Sistema del consiglio nazionale a rete per la protezione dell’ambiente (SNPA) a diramare un documento dettagliato con alcune indicazioni sulle loro implicazioni ambientali. In particolare, sul banco degli imputati è finito l’ipoclorito di sodio, la combinazione alla base di candeggina e amuchina: il suo impiego può avere conseguenze molto pericolose per le acque, sia superficiali che sotterranee, e di conseguenza per la salute di animali e cittadini. La nota, in accordo con il ministero dell’Ambiente e con l’Istituto Superiore di Sanità, contiene una serie di linee guida per limitare i danni sull’ecosistema.
C’è una buona notizia però, sul fronte degli acquisti e delle abitudini di chi compra: secondo una recente ricerca di Altroconsumo, gli italiani sono sensibili all’impatto ambientale dei detergenti. Il 74% degli intervistati, infatti, ha affermato di tenere in considerazione anche la sostenibilità tra le scelte effettuate al momento di mettere il prodotto nel carrello. Solo il 12%, però, si ritiene ben informato sull’argomento: sul tema “comunicazione”, dunque, c’è ancora molto da fare.