Diario n. 3 ; Una scarpa slacciata, la paura di cadere, la voglia di provarci

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La settimana scorsa, per non inciampare, ho fatto il doppio nodo alle mie scarpe. Con una mano, certo. Perché se non si ha l’altra ci si inventa un modo per camminare senza che due lacci si trovino fastidiosamente ai lati. E se non si guarda la strada per fare attenzione ai sanpietrini, s’incontrano sguardi, vestiti e specchi.

Si osserva il mondo passeggiando. E tutto questo è bello soprattutto se non si conosce il luogo.

Quando le indicazioni non ci sono, il 3G non funziona e ormai le mappe sono estinte dalla circolazione, un edicolante può ancora essere d’aiuto. Timorosamente, ho trovato il coraggio di domandare se fossi vicina a Fieramilanocity, perché la fermata della metro era giusta. Mi ha risposto, per fortuna, un po’ scocciato.

Foto: stylegeneris.com

Un chilometro e mezzo di strada di macchine in coda e rumore di clacson. Incrociarsi a Milano non è facile, per chi non è abituato ad un traffico del genere. Arrivata a destinazione, comunque, il padiglione era quello giusto ed entrando ho incrociato i miei genitori. Poco dopo ho inviato un messaggio a Bruno, fondatore di OBM Initiative, approfittando dell’attesa per scoprire il 3DPrintHub.

Certo, sapevo cos’erano le stampanti 3D, viste al Fab Lab Torino per esempio, ma così tante e così diverse mai. Uno spettacolo.

Grandi, medie, piccole. In azione. Impegnate nella creazione di oggetti grandi, medi, piccoli. Edilizia, arte, moda, giocattoli, medicina.

Lo stand di Sharebot era il nostro punto d’incontro. L’azienda di stampanti 3D è infatti anche partner di OBM Initiative, impegnata con quest’ultima nello sviluppo di tecnologie biomedicali unendo le proprie conoscenze con il lavoro dei membri della community.

“Avremo magliette dell’Open BioMedical Initiative”– così Bruno spiegava nella sua ultima e-mail. E aveva ragione, perché un gruppetto di cinque persone venne verso la mia direzione. E non erano solo scritte ma erano blu, blu. Erano talmente visibili che insieme sembravano i Puffi.

Dopo una prima conoscenza più che positiva siamo subito arrivati al punto: la protesi. Tasto dolente, ma ero lì per quello d’altronde.

Semiconvinta, questo incontro doveva portare al concreto per prendere effettivamente una decisione da seguire. Una protesi meccanica, una elettromeccanica. Quale? Per il moncone così corto la meccanica non sarebbe stata funzionale e infatti non sarei nemmeno riuscita ad aprire un barattolo. Allora siamo andati sulla sfida.

Una domanda: “E se veniste a Città della Scienza? Sarebbe un evento perfetto per vedere chi siamo, cosa facciamo, sarebbe il nostro debutto in società.

Ci presenteremo ufficialmente”.

Ma a Napoli io non ci sono mai stata.E Città della Scienza che cos’è? È un’organizzazione non profit, una fabbrica prima, una struttura ora che progetta idee, laboratori didattici, giochi interattivi. E’ un modello di sviluppo che si propone di avere come primo ingrediente fondamentale la conoscenza. Condivisa con aziende, associazioni e organizzazioni. Ospita convegni e dibattiti come quello che farà OBM Initiative l’11 aprile il pomeriggio, seguito da domenica 12 in un laboratorio dedicato dove si costruiranno, attraverso parti stampate in 3D, protesi meccaniche.

Un modo per aiutare il prossimo partendo dal piccolo, unendo parti, giocando e dando letteralmente una mano all’altro.

“Non so se può essere una buona idea.” Ripetevo tra me e me. Avevo timore. Già tutto era stato estremamente frettoloso e io e la velocità non andiamo d’accordo. Ma poteva essere una buona occasione per conoscere gli altri membri del gruppo, per annusare da vicino questa realtà. “Ci penso” – aggiunsi io “Ci vediamo dopo”, e ci spostammo per fare un altro giro. I ragazzi andarono invece dai loro collaboratori. Nel frattempo cosa potevo fare? Doveva cambiare per necessità l’anatomia di Fabia, ripudiata da troppo tempo quella protesi che allungava in malo modo il braccio. Era un invito, forse, e a pranzo ho avuto il tempo di riflettere.

“Ora o mai più. Lasciare o prendere. Prendere.”

E mentre seguivo un convegno molto interessante sulla chirurgia e stampa 3D, dalla modellazione virtuale al prototipo fisico organizzato dai ricercatori dell’Università di Pavia, ho ricevuto una chiamata. Era un membro della community. Uno dei puffi, sì.“Dove sei Fabia? Dovremmo darti una cosa. Raggiungici.” Andai dall’altra parte della mostra convinta che 3DItaly fosse là e invece era accanto. Avevano qualcosa in mano: potete immaginare. La loro maglietta blu. Me l’hanno data, così. Ero improvvisamente diventata parte di loro, del loro strano grande gruppo blu. Ero dentro. In un qualche modo pure loro hanno partecipato alla mia decisione. Mi hanno aiutata a iniziare l’avventura, con il colore blu sinonimo di felicità. Cos’altro poter desiderare?

In treno, al ritorno, pensai che era l’ora di muoversi. Inviai un messaggio a Bruno. Pensieri, sguardi, coincidenze. Un’offerta andata e ritorno Torino-Napoli, un’opportunità, un’altra decisione. Insomma, il biglietto lo presi il giorno dopo. Io che non avevo mai sentito nominare Città della Scienza. Che cosa avrei dovuto fare esattamente non lo sapevo ancora, e non lo so tutt’ora, ma era il loro grande invito, come potevo rifiutare.

E a due settimane dal grande evento, vi aspettiamo numerosi. In tanti, per questa grande festa condivisa. Lì avremo modo di conoscerci, di raccontarvi la nostra storia. Presenteremo i progetti e i collaboratori, per essere se volete, partecipi anche voi.

Fabia con la t-shirt di OBM

A volte il doppio nodo non viene. Ci provo e riprovo ma niente da fare, succede. A volte chiedo troppo, allora cambio scarpe o lascio solo un nodo che poi so che si sfilerà. E forse inciamperò sui sanpietrini mal posti.

Abituarsi a provvedere ai cambiamenti necessari non è facile, ma sono prove che vanno affrontate e accettate. Il marrone di una scarpa non è poi così diverso dal nero dell’altra. Beh, per noi donne, forse sì.

L’importante, comunque, è guardare sempre dritto e mai per terra.

FABIA TIMACO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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