Dove si costruivano i treni si farà moda e design: alle startup milanesi 6000 mq per il futuro del Made in Italy

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La manifattura torna in città. A Milano, un paio di settimane fa, l’assessore Tajani ha dato appuntamento alla città per condividere un progetto di riqualificazione di aree dismesse da destinare a iniziative economiche innovative.

Startup scientifiche, nuova manifattura, sharing economy: tutti i settori della cosiddetta “soft economy” erano ben rappresentati all’adunata milanese tenutasi in un luogo simbolo della città, l’area ex Ansaldo in via Tortona. Nei settamila metri quadri che una volta ospitavano la produzione di locomotive e carrozze ferroviarie, troveranno spazio progetti legati allo sviluppo della creatività, sia culturale che imprenditoriale.

Credits: Il sole 24 ore

Le campate dell’ex Ansaldo saranno il luogo dove troveranno casa startup del design e della moda capaci di integrarsi in un quartiere che è da anni una meta obbligata nella visita del Fuorisalone.

L’iniziativa del Comune non è isolata: l’amministrazione infatti ha già destinato altri spazi per finalità analoghe in via DʼAzeglio, dove nascerà un FabLab “rivolto ai nuovi artigiani digitali”.

L’idea che una manifattura di nuovo conio possa tornare in città non è nuova.

Barcellona ha avviato da tempo un progetto per la realizzazione di una rete di FabLab in ogni quartiere. Parigi ha costituito a due passi dalla Bastiglia un vero e proprio Atelier per riportare in centro città creativi e artigiani attivi in particolare nel mondo della moda. A Londra a poche centinaia di metri da Trafalgar Square, ha preso forma il progetto Makerversity, una comunità di artigiani digitali che abita gli scantinati di Somerset House.

Fa piacere sapere che anche un’importante amministrazione italiana si sia decisa a percorrere questa strada con determinazione.

Il fatto che l’esperimento prenda forma proprio a Milano, che a lungo abbiamo considerato alla capitale del terziario post industriale, rende la scommessa ancora più interessante.

Perché è importante che il progetto di una nuova manifattura prenda corpo nel centro di una grande città? Parte della risposta è legata alla competitività delle imprese. Se oggi crediamo che per una nuova generazione di start up del Made in Italy sia possibile tornare in città è perché crediamo che la contaminazione quotidiana fra chi fa impresa e la vita tipica dei nostri centri urbani sia una fonte di continua sollecitazione all’innovazione.

Mescolare l’attività della nuova manifattura agli stimoli della vita culturale della città significa creare cortocircuiti “naturali” in grado di allineare i processi innovativi alle trasformazioni della società.

Meglio ancora se questi cortocircuiti sono sostenuti e amplificati da istituzioni culturali (musei e università, ad esempio) che contribuiscono a legittimare e sviluppare un nuovo immaginario per la manifattura digitale.

Una foto d’epoca di un treno alle officine Ansaldo di Milano. Foto: L’Espresso

Una seconda dimensione del problema è legata al destino delle città stesse. La crisi del piccolo commercio al dettaglio ha creato non pochi problemi di tenuta a tanti centri storici italiani. Le vie delle nostre città vedono oggi un pericoloso alternarsi di catene commerciali e spazi inutilizzati, destinati a rimanere tali in assenza di politiche innovative.

L’emergere di una nuova generazione di attività di produzione e di vendita in grado di proporre un prodotto originale, magari offrendo la possibilità di vedere dal vivo la sua produzione, prefigura un nuovo modo di intendere il commercio e più in generale il modo di pensare la città (turismo compreso).

Il successo di una boutique/atelier di produzione come 3×1 a New York, dove è possibile acquistare jeans su misura prodotti sotto gli occhi dei clienti, testimonia il potenziale di luoghi ibridi in grado di mettere in moto l’immaginazione di appassionati e visitatori (contribuendo a rendere unica la visita a Soho).

Riportare la manifattura in città, insomma, contribuisce alla vita dei nostri centri storici e, allo stesso tempo, alla competitività di una quota importante del Made in Italy prossimo venturo. E’ questo uno degli ingredienti essenziali della smart city in versione italiana.

STEFANO MICELLI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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