in

Doveva distruggere gli Usa, ora li riscalda: storia dell’uranio Urss

scienze

La parola Megaton fa paura: è l’unità di misura della capacità di distruzione di un ordigno nucleare. 1 Megaton equivale a un milione di tonnellate di tritolo. Durante la guerra fredda le due grandi antagoniste USA e URSS si erano dotate di un arsenale nucleare con decine di migliaia di bombe, vastamente sufficienti a distruggere la vita sul pianeta Terra e renderlo sterile e inabitabile.

Parallelamente alla corsa agli armamenti, era anche iniziata una intensa attività diplomatica volta a limitare il numero delle testate nucleari. Ci furono diversi trattatati ma quello che ha veramente fatto la differenza è il trattato START (Strategic Arms Reduction Treaty) un accordo bilaterale tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica sulla riduzione degli armamenti nucleari. Il trattato, firmato il 31 luglio del 1991 da George Bush (padre) e Mikhail Gorbochev, prevedeva che ciascuna delle due superpotenze non potesse avere più di 6.000 testate nucleari montate su non più di 1.600 missili balistici intercontinentali.

Possono sembrare cifre spaventose ma si trattava di una riduzione drastica dell’arsenale disponibile all’epoca della firma. Gli Stati Uniti ,insieme alla Nato, erano arrivati a 35.000 testate nucleari, e l’Unione Sovietica non era da meno.

Il trattato obbligava le due nazioni a distruggere buona parte del loro arsenale. Un’impresa non banale dal punto di vista tecnico, ma soprattutto alquanto costosa. Quest’ultimo particolare preoccupava gli esperti USA che temevano che la spesa fosse al di sopra delle possibilità delle casse delle repubbliche nate dal disfacimento dell’Unione Sovietica.

Il timore (o forse l’incubo) che migliaia di testate nucleari vigilate da soldati che non ricevevano la paga con regolarità potessero finire sul mercato nero dell’uranio era tutt’altro che remoto. Non si trattava di un film, ma di una realtà molto pericolosa.

In questo contesto, Thomas Neff, un esperto di energia, nucleare e non, e di commercio mondiale dell’Uranio dello MIT, propone un’idea rivoluzionaria nella sua (apparente) semplicità. Per impedire che l’uranio arricchito delle bombe russe cadesse in mani poco raccomandabili, gli USA dovevano comperarlo al prezzo di mercato. Una volta diluito con uranio naturale, l’uranio russo poteva essere usato come combustibile nelle centrali nucleari americane.

Per capire questo passaggio bisogna sapere che l’uranio naturale, quello estratto dalle miniere, è quasi tutto costituito dall’isotopo 238 -fatto da 92 protoni e 146 neutroni- mentre solo lo 0,7% è fatto da Uranio 235 –sempre 92 protoni ma 143 neutroni- che è quello necessario per le bombe, ma anche per le centrali. Quando si parla di procedimento di arricchimento dell’Uranio si intende la separazione dei diversi isotopi per isolare il 235.

L’Uranio delle bombe è fatto per il 90% dall’isotopo 235, mentre nelle centrale nucleari il combustibile contiene solo il 5% dell’isotopo 235, quindi con l’Uranio di una bomba si può fare una buona provvista di combustibile per centrali nucleari.

L’idea, battezzata from Megatons to Megawatts, trovò consensi sia dalla parte americana sia da quella russa e la prima nave con i fusti di Uranio, già diluito per facilitare il trasporto, arrivò negli Stati Uniti nel 1995. Il mese scorso, diciotto anni dopo la prima consegna è arrivata la duecentocinquantesima a finire il riciclo dell’Uranio di 20.000 testate nucleari ex sovietiche. 500 tonnellate di Uranio “bomb grade” erano state diluite per diventare 15,432 tonnellate di combustibile che hanno fatto funzionare metà delle centrali nucleari americane per tutti questi anni. Gli USA hanno pagato 17 miliardi di dollari, ma sono stati soldi ben spesi. L’Uranio che doveva servire per distruggere le città americane con terribili esplosioni era invece servito a fornire loro energia a basso costo.

Una bellissima storia del successo di un’idea intelligente e di tanta buona volontà. Neff ha seguito il progetto per tutti questi anni e scriverà un libro per raccontare la storia. Di sicuro, tutti coloro che sono stati implicati in questa avventura, relativamente poco nota, sono d’accordo nel dire che il 90% del merito del successo è suo. Neff è l’esempio di come una persona (ed un’idea) possano veramente fare la differenza per il futuro di tutta l’umanità.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

What do you think?

Scritto da chef

innovaizone

CheBanca lancia il GrandPrix–Fin-Startup Program. Enlabs ospita Cerf

lifestyle

Gianni Riotta: Dal personal computer al personal consumo