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E’ la passione il motore dell’innovazione. Anche in politica

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“Voglio dirvi la parola che mi è più cara e che su questo pannello non c’è: Passione… Il nostro nemico ha preso un’apparenza invincibile. Ci ha rubato le nostre parole e le ha stravolte”.

Davanti ad una grande piazza gremita, il leader politico sul palco prende le distanze dalle retoriche parole d’ordine scritte alle sue spalle e incendia gli animi con questo appello alle emozioni. Da qualche giorno sembra proprio un’altra persona, rispetto al grigio, stanco capo di un partito votato alla sconfitta. Da quando ha stupito tutti, dando all’improvviso la scossa alla platea, con parole prese in prestito da Bertolt Brecht. “Io sono qui per far sì che domani non si dica: i tempi erano oscuri perchè loro hanno taciuto!“.

Ma è davvero un’altra persona. Il leader stanco e in crisi è sparito all’improvviso, partito per la Francia, a cercare se stesso con una donna che ha amato. Al suo posto il fratello gemello, eccentrico professore di filosofia, da poco dimesso dal manicomio, perchè ritenuto innocuo. Il Matto che diventa Salvatore. Sa vedere più lontano e più a fondo. Straccia gli schemi delle convenzioni e con poche parole torna a parlare ai cuori e li conquista.

Nelle sale dal 14 febbraio, “Viva la libertà”, il bellissimo film che Roberto Andò ha tratto dal suo romanzo “Il trono vuoto”, con un Toni Servillo semplicemente stellare, nel doppio ruolo, l’ho visto sabato scorso “a urne aperte”.

Se con “Habemus Papam” Nanni Moretti era riuscito ad anticipare l’inimmaginabile, un Papa che decide di dare le dimissioni, Andò ha centrato un punto cruciale, della politica e della società italiana.

Che forse l’esito convulso delle elezioni ha impietosamente messo a nudo. L’incapacità di comunicare una visione, di toccare i cuori con parole “alte” e non con frasi a effetto che mirano alla pancia. Soprattutto, di far palpitare con un sogno condiviso da perseguire, non con la rabbia, l’indignazione, la promessa di abbattere. Aggregando invece con un progetto di costruzione.

Mai come oggi, dopo elezioni che hanno rivoluzionato la rappresentanza parlamentare per presenza femminile, rinnovamento e ringiovanimento, delineando però un quadro complicatissimo ai limiti dell’ingovernabilità, è chiaro che di questa capacità visionaria il Paese che è stato patria di straordinari Maestri del Sogno, dal mondo dell’Impresa a quello del Cinema, ha disperatamente bisogno.

Guardandoci alle spalle, non è la differenza impietosa, tra il “Yes We Can”di Obama e il “Meno male che Silvio c’è” del Popolo delle Libertà a colpire.

Quanto il fatto che ci siamo rassegnati alla mancanza di un sogno alternativo, in Italia, che non si definisca “contro” ma sappia indicare un progetto in positivo.

Ha scatenato quasi un incidente diplomatico, il leader della SPD tedesca Peer Steinbrueck definendo “due clown” Silvio Berlusconi e Beppe Grillo.

Giusto difendere l’onore nazionale. Ma se vogliamo guardare oltre, dobbiamo ammettere che Beppe Grillo, da decenni fustigatore outsider del sistema politico italiano e persino Berlusconi, riuscito per l’ennesima volta a proporsi come “altro” rispetto a quel sistema fallimentare di cui pure è stato protagonista e principale responsabile, devono il loro successo proprio alla capacità di indossare quella maschera, di incarnare nell’immaginario collettivo il ruolo del Folle che si fa beffa e scompagina regole e consuetudini di convenzioni ormai decrepite.

Ma è una Follia creativa e innovativa, non conservatrice o distruttiva, che serve oggi all’Italia. E che manchi proprio al terzo grande partito, considerato alla vigilia del voto il superfavorito, il PD, prima delle urne l’ha detto con allusioni di preveggente fantasia il cinema. Coltivando un filone di grande suggestione e di profonde radici culturali.

Il Folle che è anche Salvatore proviene dalla tradizione ebraica ed è figura centrale del bellissimo Oltre il Giardino (1979) di Hal Ashby, con uno strepitoso Peter Sellers, giardiniere minorato, che si esprime come un bambino, con massime sul mondo delle piante, che gli uomini più potenti di Washington scambiano per profonde metafore, al punto di considerarlo forse degno della Casa Bianca. Mentre è addirittura lo scemo del villaggio a suggerire la bizzarra soluzione che salva dallo sterminio nazista un’intera comunità Yiddish in Train de Vie(1998) di Radu Mihaileanu.

Think Out Of The Box, saper ragionare fuori dagli schemi è la parola chiave del successo di tanti innovatori italiani in campo globale che ho incontrato in giro per il mondo.

Per chi innova, è persino superfluo affermare che non c’è spirito d’impresa che possa prescindere da questo “vedere oltre”, oltre il mercato attuale, i modi di produrre, i confini, per realizzare quel che si ha in mente e ancora non c’è, lavorare per trasformarlo in realtà. Per questo, l’anno scorso, sul palco del bellissimo World Wide Rome, davanti a una platea di qualificati Makers avevo detto che non ci potrà essere una rivoluzione industriale o economica senza una rivoluzione culturale, nel modo di pensare. Senza tornare a sognare.

Perciò, oggi più che mai chi ha fatto dell’innovazione una filosofia e uno stile di vita oltre che un mestiere, anche se lavora magari in settori lontani dall’hi tech o dal digitale, ha un’importante missione civile e deve far sentire la propria voce fuori dalla propria cerchia.

Per contagiare chi nel nostro Paese vive di consuetudini sterili, di parole d’ordine che frenano e paralizzano, di timore dei cambiamenti, con questo spirito di rinnovamento, proprio di chi è già da tempo abituato a guardare lontano, a inventarsi e costruirsi il futuro. Con tenacia, con intelligenza. Ma soprattutto con Passione.

ROBERTO BONZIO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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