Ecco cosa possiamo fare (e non) su Periscope. Altrimenti sono guai

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È l’app del momento, quella che giornalisti, uomini di spettacolo e influcencer stanno sperimentando da qualche settimana: si tratta di Periscope, il nuovo servizio reso disponibile da Twitter per lo streaming di video ripresi con lo smartphone e la condivisione con i propri follower.

Per alcuni si tratta solo della moda del momento, mentre per molti di un servizio destinato a rivoluzionare il giornalismo e ricco di opportunità per le aziende (come ha spiegato qualche giorno fa Vincenzo Cosenza proprio in un post per CheFuturo).

A dire il vero, che quella dei video rappresenti la nuova frontiera dei social media pare evidente: quasi simultaneamente, stati lanciati tre servizi assai simili (oltre a Periscope, Merkat e l’italiano Streamago).

Nel prossimo futuro, quindi, trasmetteremo e guarderemo un numero sempre crescente di video, preferibilmente in diretta.

Questa nuova tendenza non sarà priva di conseguenze giuridiche, specialmente con riferimento alla privacy e al copyright. Per questo motivo, ho letto con attenzione i termini di servizio e la privacy policy di Periscope, passaggio che gli utenti raramente completano fino in fondo, desiderosi di provare subito l’applicazione dopo averla scaricata dallo store.

Credits: yingxiongeaglebear.com

Le regole di Periscope: niente spam, pornografia e violazioni del copyright

Uno dei punti più interessanti delle condizioni d’uso del servizio è rappresentato dall’indicazione dei comportamenti vietati all’utente, pena la rimozione del video e la cancellazione dell’account.

Ad esempio, è espressamente previsto che non sono ammessi broadcast di tipo pornografico e contenuti sessualmente espliciti. Periscope, inoltre, non può essere utilizzato per molestare qualcuno, diffondere informazioni di terzi (come indirizzi o numeri di carte di credito) oppure per spam.

Inoltre, non sono ammessi broadcast che violino diritti di terzi, come ad esempio il diritto d’autore.

E questa, non è difficile immaginarlo, sarà una delle frontiere principali fonti di preoccupazione per la piattaforma di streaming: l’app, infatti, potrebbe essere utilizzata per riprendere i contenuti di una trasmissione televisiva (così come accaduto qualche giorno fa in occasione della trasmissione del primo episodio della nuova stagione di “Game of Thrones”), di un concerto o di una rappresentazione teatrale. Questi comportamenti sono quindi doppiamente vietati (non solo dai termini e dalle condizioni d’uso ma anche dalla normativa vigente in materia di diritto d’autore) ed espongono gli utenti al rischio di rimozione dell’account.

Altra previsione degna di nota è quella per cui – utilizzando il servizio – l’utente conserva la titolarità dei contenuti trasmessi ed ospitati dalla piattaforma, ma cede gratuitamente a Periscope la licenza di utilizzare e trasmettere il video in futuro anche su altre piattaforme.

La privacy degli utenti di Periscope

Altro tema assai rilevante è quello della privacy, innanzitutto con riferimento alle terze persone che vengono riprese nei video trasmessi e caricati attraverso l’app.

A tal proposito, bisogna ricordare a tutti gli utenti come il Garante Privacy abbia più volte chiarito il principio per cui come – se riprendo altri soggetti in video che ho intenzione di diffondere sui social network – devo chiedere il consenso al momento della ripresa, prima di poterli pubblicare (e renderli disponibile – sia pure solo per 24 ore – attraverso la piattaforma).

Ovviamente, l’uso della piattaforma può rivelarsi critico in alcuni contesti: si pensi, ad esempio, all’uso dell’app nel corso di una manifestazione in Paesi che hanno regimi totalitari; Periscope potrebbe rappresentare lo strumento attraverso il quale identificare i partecipanti, anche tenendo conto del fatto che l’applicazione raccoglie pure i dati relativi alla localizzazione degli utenti.

Fin qui poco di nuovo, si dirà. Infatti, la gran parte di queste questioni è già affrontata dalle policy di molte delle altre piattaforme che da anni utilizziamo (Twitter, ovviamente, ma anche Facebook e YouTube).

Un’indubbia novità è invece rappresentata dalla riservatezza dei dati degli utenti che si limitino a visualizzare quanto trasmesso dai broadcaster sulla piattaforma. Infatti, su Periscope, al contrario di quanto accade sulle altre piattaforme, è visibile a tutti sia chi ha visualizzato un determinato video, sia chi lo ha commentato e – addirittura – chi ha inviato i “cuoricinI” (che rappresentano la trasposizione sul Periscope del Like di Facebook).

La novità è evidente: se io leggo un post di un blog o guardo un Video su YouTube, gli altri utenti non sono in condizione di saperlo, ammesso che io non voglia.

Invece, questo dato Periscope non solo lo trasmette nel live, ma per tutto il tempo per cui il video rimane disponibile.

Si tratta di un aspetto che potrebbe avere un grande impatto: pensate, ad esempio, al fatto che tutti – sia pure per 24 ore – possono visualizzare chi ha guardato (e come ha commentato) i video di una manifestazione politica, quelli in cui un medico suggerisce come curare una patologia oppure un broadcast a sfondo erotico.

Per ovviare a questa caratteristica della piattaforma, gli utenti possono sempre decidere di utilizzare Periscope attraverso un account “anonimo”, che non contenga riferimenti alla persona (nome,cognome e foto), ma è difficile in quanto il vero valore aggiunto dell’app è il suo essere legata alla nostra rete sociale (quella che abbiamo costruito in anni di presenza su Twitter).

Resta quindi da chiedersi se presto i gestori della piattaforma inseriranno la possibilità di visualizzare i video in forma anonima (così come consentono di condividere un broadcast solo con determinati utenti) oppure se questo diventerà un nuovo standard, quello di un web in cui tutti sapranno cosa leggono o guardano gli altri utenti.

ERNESTO BELISARIO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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