Sono tre, ora, le piattaforme italiane di whistleblowing, dopo i casi di IrpiLeaks e di MafiaLeaks, lanciate nei mesi scorsi. Ieri ha infatti visto la luce un nuovo progetto,ExpoLeaks, dedicato all’esposizione universale che avrà sede a Milano nel 2015. Il sito di leaking è stato realizzato dall’organizzazione di giornalismo investigativo Irpi – già attiva con un altro leak site, IrpiLeaks -, in collaborazione conGlobaLeaks e Wired Italia.
ExpoLeaks si offre come canale per l’inoltro anonimo di documenti che potrebbero esporre casi di corruzione o illeciti relativi ad appalti e finanziamenti dell’Expo milanese. Il sito sfrutta la tecnologia di GlobaLeaks, una Ong italiana che sviluppa l’omonimo software open source per l’invio sicuro e protetto di materiale in Rete e si rivolge a chiunque (anche al di fuori dall’Italia, il sito è disponibile anche in inglese,nda) possa essere in possesso di informazioni rilevanti.
L’obiettivo della nuova piattaforma è quello di favorire la trasparenza sul grande evento del prossimo anno e ispirare inchieste e articoli investigativi che potranno essere realizzati dal team di Irpi e da altre testate giornalistiche interessate, a cominciare da Wired Italia. “La mancanza di trasparenza è alla base del vortice di scandali che hanno travolto Expo e che temiamo non siano stati gli ultimi” spiega Lorenzo Bodrero, giornalista di Irpi, “ExpoLeaks si rivolge a tutti coloro che, in un modo o nell’altro, hanno preso parte ai lavori per la realizzazione dell’esposizione: imprenditori, politici, dipendenti pubblici, volontari e anche semplici cittadini”.
Bodrero spiega anche quale sarà il metodo di lavoro, una volta che il sito riceverà una soffiata: “una volta ricevuta, la segnalazione sarà vagliata da un team di giornalisti di inchiesta delle redazioni di Irpi e di Wired.
Non pubblicheremo la segnalazione in forma grezza, bensì la valuteremo, ne approfondiremo gli aspetti meno chiari e ne metteremo alla prova la veridicità”. ExpoLeaks, come la maggior parte delle piattaforme di whistleblowing attive ora e che stanno cercando di replicare il “modello WikiLeaks”, punta quindi alla selezione e alla verifica dei documenti: “solo allora pubblicheremo su Wired un articolo che ne riassuma gli aspetti che noi riteniamo più importanti. Insomma, un tipico filtro giornalistico. È la stessa procedura che attuiamo per IrpiLeaks, con la differenza che quest’ultima si rivolge a uno spettro ben più ampio di tematiche”, commenta ancora Bodrero.
ExpoLeaks non è l’unica piattaforma di whistleblowing nata in tempi recenti. La scorsa settimana, ad esempio, il Guardian ha lanciato la sua, seguito a ruota dal Washington Post.
Ma oltre a queste maggiori testate giornalistiche, esiste una costellazione di piattaforme più piccole, gestite da gruppi più ristretti di giornalisti o Ong. Molte di queste piattaforme nascono utilizzando proprio GlobaLeaks. Grazie al software realizzato e reso disponibile dall’Hermes Center for Transparency and Digital Human Rights, negli ultimi mesi, hanno preso vita anche Filtra.la, primo caso spagnolo di questo genere, WildLeaks – dedicato all’ambiente – e NawaatLeaks in Tunisia.
Fabio Pietrosanti di GlobaLeaks ci racconta come è nata l’idea di ExpoLeaks: “allo scorso Wired Next Fest abbiamo fatto un workshop insieme a Irpi e tra le idee venute fuori dai tavoli di lavoro c’era anche quella di fare qualcosa insieme dedicato all’Expo”. Il progetto, oltre a essere un nuovo interessante esempio di risorsa per il giornalismo investigativo, però, rappresenta anche un segnale importante per la trasparenza nel nostro paese: “in questo caso la società va a riempire un vuoto dove le autorità non sono arrivate dal canto loro. ExpoLeaks serve a colmare un gap dove gli organismi preposti al controllo di Expo non hanno funzionato”, chiosa Pietrosanti.
Per funzionare, ExpoLeaks ha bisogno di finanziamenti e sostegno. Per raggiungere questo scopo, ieri è stata lanciata una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Kriticalmass, a colpi di donazioni e selfie.
Milano, 11 giugno 2014PHILIP DI SALVOQuesto articolo è stato pubblicato oggi su European Journalism Observatory