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Ecco il lato oscuro delle cyber-guerre di Isis e Anonymous

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La guerra ha sfondato una nuova frontiera, ormai lo spazio cibernetico è diventato il fronte virtuale di chiunque lotta contro chiunque altro. Ed a volte si ha l’illusione che questa sia una guerra convenzionale, con alcune delle caratteristiche delle guerre di trincea.

Mio nonno mi raccontava che sul Carso, in trincea, durante le prima guerra mondiale, i soldati provenienti dalle regioni confinanti con l’Austria a volte conversavano con i nemici, anche loro in trincea a pochi passi di distanza. Particolarmente loquaci erano i cecchini che magari dopo averti raccontato per mezz’ora di quanto gli mancava la fidanzata appena imbruniva ti freddavano con un proiettile in fronte.

Anche oggi si può conversare con il nemico, in rete è facile incontrare qualche guerriero jihadista e farci una chiacchierata.

Ma la rete non ha né volto né confine e non è possibile distinguere gli amici dai nemici.

Una hacker siriana che lavorava per Assad ha abilmente “sedotto” in chat un jihadista che stava dalla parte opposta, non era nemmeno dello Stato Islamico, ma che importa? Era un nemico e con la sua foto gli ha infilato nel computer un sistema che ha copiato tutto ciò che aveva, informazioni preziose che hanno portato le truppe di Assad ad attaccare la sua postazione.

La caratteristica principale di chi combatte in rete è l’anonimato, e questo può essere allo stesso tempo un male ed un bene, dipende da quello che si vuole fare. L’attacco contro la TV France 24 a quanto pare non è partito dallo Stato Islamico, chi ha analizzato i messaggi ha capito che erano stati tradotti nelle lingue in cui sono stati presentati usando google translation.

In particolare quello in arabo era pieno di errori ma anche di frasi contraddittorie. Naturalmente questa non è una notizia da prima pagina e quindi per il mondo lo Stato Islamico, quello che fa base a Raqqa, ha colpito ancora.

E’ possibile, certo, che gli hackers o l’hacker siano stati simpatizzanti del Califfato, anzi sicuramente è vero, ma il punto è un altro: come facciamo a distinguere la linea di demarcazione tra la mia trincea e quella del mio nemico?

Anonymous è forse il fenomeno che meglio descrive questa nuova situazione. Rifiuta di definirsi un movimento e sostiene di essere un luogo come un autobus dove ci si incontra e si fa un pezzo di strada insieme.

You cannot join Anonymous. Anonymous is not an organization.

It is not a club, a party, or even a movement. There is no charter, no manifest, no membership fees. All we are is people who travel a short distance together, much like commuters who meet in a bus or tram. For a brief period of time we have the same route; share a common goal, purpose, or dislike; and on this journey together we may well change the world. Nobody could say you are in or you are out.

Si viaggia insieme perche’ si condivide qualcosa un’idea, un principio e così via. I soggetti sono tutti singoli individui ed anche gli oggetti lo sono.

Lo strumento è l’hacking, un atto illegale, che viola la privacy, ma che riscuote le simpatie di molti quando viene usato in difesa di principi universali, tra cui è comparsa la lotta contro il cyber-potere dello Stato Islamico.

Per chi ha lo stomaco di vedere questo video pieno di decapitazioni ed immagini cruente sarà interessante ascoltare i motivi presentati da Anonymous.

Il problema sorge quando ci si rende conto che la rete ed i suoi prodotti personalizzano i principi universali, scegliendone alcuni e scartandone altri.

Eccoci di nuovo in quella zona grigia dove non è possibile stabilire qual’è la mia trincea.

Ad esempio, per alcune fermate alcuni passeggeri dell’autobus di Anonymous si sono dedicati ad un altro video, contro Israele, che sicuramente non ha riscosso lo stesso supporto di quello contro lo Stato Islamico.

Il vero pericolo è che invece di cambiare il mondo in meglio si finisca per peggiorarlo. L’ingresso della guerra nello spazio cibernetico può produrre la dissoluzione dello stato, non la distruzione di uno e la vittoria di un altro, ma la scomparsa progressiva di tutto ciò che esso rappresenta, nel bene e nel male, e cioè la collettività.

In fondo non sappiamo se a condurre gli attacchi in rete dello Stato Islamico sia stato un hacker o dieci o cento, lo stesso vale per Anonymous.

L’effetto, l’impatto è però enorme. Quindi non solo non si riesce più a distinguere la trincea del nemico da quella nostra, ma e’ anche probabile che la prima sia semivuota.

L’assenza degli eserciti, delle battaglie classiche, in rete produce una sorta di lacerazione mentale dell’idea dello stato quale spazio che definisce la società e dove questa interagisce e la rimpiazza con il concetto di individuo. E dato che è questo spazio che ci ha regalato i diritti universali dell’uomo e che fino ad oggi li ha difesi rischiamo di perderceli per strada.

Tutto questo i maghi della comunicazione dello Stato Islamico lo sanno ed è per questo che la loro campagna di propaganda ha tanto successo, dietro il velo del fondamentalismo religioso anche l’ISIS è per la maggior parte dei giovani mussulmani occidentali che ne vogliono far parte un autobus dove i passeggeri condividono un progetto forse meno ambizioso di Anonymous: ridisegnare la mappa del Medio Oriente.

LORETTA NAPOLEONI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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