L’Italia sta per avere una Carta dei Diritti della rete, in un percorso che già coinvolge altri Paesi europei. E che, nel resto del mondo, è culminato con la prima “costituzione di internet”, il Marco Civil, in Brasile. Sta mettendo radici un’idea: perché la rete conservi la propria forza innovatrice, servono leggi ad hoc che proteggano i diritti degli utenti da derive monopolistiche e da attacchi che vengono da governi e aziende private. Ed è una svolta, che viene ora sposata da alcuni dei massimi esperti di internet al mondo: fino a poco tempo fa, l’idea dominante era che per proteggere la rete bastasse metterla al riparo da interventi legislativi dannosi (tali da alternarne la natura o i delicati equilibri).
Ma internet è diventata troppo complessa, troppo finemente intrecciata con le vite e i poteri del mondo fisico, per lasciare sotto traccia il tema dei diritti.
Per sperare che internet curi da sé ogni male, come ha fatto finora.
Da questa premessa si muove anche la Carta dei Diritti italiana, a opera di una commissione speciale istituita presso la Camera e presieduta dal noto giurista Stefano Rodotà. Della Carta è stata appena completata una prima bozza e l’8 ottobre verrà discussa la seconda, per arrivare al testo definitivo da presentare al Parlamento UE il 13-14 ottobre.
A che servirà questo testo? Spiega Rodotà che “potrà essere utilizzato dal parlamento italiano per mozioni parlamentari”. “In questo momento l’Unione europea si sta occupando del regolamento sull’utilizzo dei dati personali che cambierà moltissimo. Dal nostro lavoro potrebbero venire dei suggerimenti che i parlamentari, se lo vorranno, potranno tradurre in una mozione al governo nel semestre di presidenza dell’Ue”.
Un secondo utilizzo pratico è che “questo documento sarà presentato in una riunione in cui saranno presenti i rappresentanti di tutti i paese Ue, quindi si darà un contributo ad un ulteriore discussione comune all’interno dell’Ue e per promuovere il più possibile la discussione internazionale. Anche se – conclude Rodotà – il parlamento italiano sarà il primo a potere utilizzare questo lavoro nel modo migliore”.
Ovviamente, quindi, non un testo di norme, bensì una guida che possa ispirare futuri interventi legislativi. Rodotà dà altri dettagli sul testo: “il tentativo è quello di scrivere un documento che riguardi i diritti propri di internet, cioè le questioni che internet ha fatto nascere e che vanno in tre direzioni: Diritti fondamentali delle persone, che riguardano la tutela della sfera privata in un ambiente pubblico.
La partecipazione: internet deve essere salvaguardata come strumento della partecipazione democratica. Il rapporto con la libertà economica”.
“Negli ultimi anni, dopo tentativi di elaborazione di un Internet Bill of Rights, la rete era stata affidata solo alle logiche del mercato. Con un conseguente abbandono, per esempio, di ogni protezione dei dati personali. Invece l’aprile del 2014 è stato un mese di cambiamenti. Su privacy e net neutrality, per esempio, in Europa e Stati Uniti. C’è una redistribuzione dei poteri”, ha aggiunto Rodotà, in un discorso alla Camera.
“Era necessario dare una disciplina uniforme ai cittadini europei. Si è affermato che di fronte ai diritti fondamentali non possono essere subordinati alle logiche del mercato. Si è tentato di introdurre un metodo per correggere l’autoreferenzialità delle grandi piattaforme multinazionali che erano abituate a farsi le norme da sole a trasformare le persone in meri fornitori di dati. Ha creato un contesto anche alla logica di decisione multistakeholder: non può funzionare solo in base al consenso, perché ora deve comunque riferirsi al contesto dei diritti fondamentali che sono affermati anche per internet”.
C’è l’ambizione di cambiare lo stato dei diritti, di riequilibrare i rapporti di forza, partendo dall’Europa: “io non credo che quello che è avvenuto possa essere limitato solo all’Unione europea. Non credo che Google potrà rifiutare a un non europeo gli stessi diritti che ora deve garantire agli europei. C’è una forza espansiva dei diritti. Ed è il senso dell’approccio dell’Internet Bill of Rights. Che ha conseguenze anche sulle scelte delle piattaforme, con la reazione costruttiva di Google, il nuovo atteggiamento di Facebook e la comunicazione spontanea di Vodafone sulle intercettazioni”. Sappiamo che i tentativi europei finora sono stati fallimentari proprio sul capitolo più importante di questa partita: il nuovo regolamento privacy. Se ne discute da quasi tre anni, nelle istituzioni Ue. Ma secondo Rodotà e gli esperti della Commissione, i tempi ora sono maturi per un cambiamento.
“Tutta questa vicenda forse ha avuto origine da Julian Assange ed Edward Snowden. C’è stata molta ipocrisia nelle reazioni politiche. Ma ci sono stati anche cambiamenti fondamentali”. “La presidente del Brasile ha trovato l’appoggio della Cancelliera tedesca per andare all’Onu a chiedere diritti per le popolazioni sorvegliate”. Questo è uno dei temi forti del Marco Civil: no allo spionaggio di massa.
“Le dinamic coalitions hanno sostenuto il percorso. Si è compreso che un’alleanza tra Europa e Brasile è possibile e sensata. Ha fatto emergere un divario tra l’amministrazione americana e l’Unione europea. Che forse si ritrovano invece nel comune interesse contro l’ottimizzazione fiscale delle grandi piattaforme. A partire dal nuovo trattato commerciale tra l’Europa e gli Stati Uniti. Ce la fa l’Europa a sostenere il proprio punto di vista?”, ha detto Rodotà.
Un altro segnale importante, sempre ad aprile, è la guida per i diritti degli utenti in rete a opera del Consiglio d’Europa. Da non confondere con il Consiglio Ue, si tratta di un’organizzazione internazionale che promuove i diritti dell’uomo in Europa e le sue raccomandazioni, per quanto non vincolanti, sono sempre un faro in queste battaglie, visto che il Consiglio d’Europa è comunque formato da rappresentati dei ministri degli stati membri. Anche questo testo si schiera contro la sorveglianza indiscriminata degli utenti internet. Afferma inoltre che solo una corte di tribunale può limitare i diritti degli utenti online e la loro libera espressione. Sulla stessa linea, una recente sentenza del Tar del Lazio sospetta che il regolamento Agcom sul copyright possa avere una base di costituzionalità e lo rinvia alla Corte Costituzionale. Un’altra sentenza che tocca- in modo controverso, però- i diritti degli utenti internet è quella della Corte di Giustizia europea sul cosiddetto diritto all’oblio. E’ comunque un segnale dell’emergenza dei diritti degli utenti internet, in vari sedi, come contraltare al potere di governi e multinazionali del web.
«Dopo anni di relativo scetticismo sia della politica, sia di non pochi internauti convinti che la Rete avesse bisogno solo di laissez faire, in questi ultimi mesi hanno finalmente iniziato a muoversi con forza le istituzioni», conferma Juan Carlos De Martin, docente del Politecnico di Torino tra i massimi esperti della materia. Altri segnali di svolta: «il Bundestag tedesco a gennaio ha istituito- su consiglio di una commissione di studio che aveva completato i suoi lavori a fine 2013- la commissione parlamentare permanente sulla “Digital Society” (un passo che molti vorrebbero veder accadere anche in Italia).
A fine 2013 la presidenza della House of Commons britannica aveva istituito una commissione sulla democrazia digitale, mentre nell’estate 2014 il Parlamento francese ha istituito una “Commission de réflexion et de propositions ad hoc sur le droit et les libertés à l’âge du numérique”», dice De Martin.
«Sia la commissione britannica, sia quella francese prevedono di presentare i loro risultati a inizio 2015.
«Intanto, appena pochi giorni fa, Labour Digital, un influente gruppo di esperti vicino al partito laburista britannico, ha pubblicato “Number One in Digital”, con ampi riferimenti a democrazia e diritti nell’età digitale», continua De Martin.
È un fiume in piena. È ancora presto per capire dove arriverà. E se queste iniziative avranno un effetto concreto. Ma già questa nuova consapevolezza delle istituzioni è un buon segnale di svolta. Il panorama fino a pochi anni fa era segnato da politici che consideravano internet solo come un’eccezione da normalizzare nei confronti del “mondo fuori di internet”. Le ultime iniziative mirano all’opposto: proteggere la specificità di internet dalle derive che vengono da interessi, logiche e poteri del mondo fuori.