Ecco l’Italia dell’innovazione: il futuro nel Rapporto 2016

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Chi sono gli innovatori? È possibile individuarne i tratti caratterizzanti? Gli italiani hanno opinioni nette e circostanziate: sotto il profilo individuale sottolineano soprattutto le doti caratteriali (la creatività, la curiosità, l’intuito, la disponibilità a rischiare, l’intelligenza superiore alla media, addirittura “l’attitudine alla disubbidienza”). Al contrario, le doti “acquisite”, sviluppate con l’impegno e il lavoro (l’istruzione universitaria, l’esperienza, finanche le conoscenze informatiche), passano in secondo piano, segnalate soprattutto da chi dispone di bassi livelli di istruzione. L’attitudine ad innovare viene dunque vista più come una dote innata che un’attitudine acquisita nel tempo con l’esperienza o per mezzo di altre forme di apprendimento. “Innovatori si nasce”, sembrerebbe, anche se poi servono i contesti favorevoli per poter applicare concretamente le doti degli innovatori in potenza.

Per scaricare il rapporto 2016 Cotec-CheBanca! sulla cultura dell’innovazione, clicca qui.

I PROTAGONISTI DELL’INNOVAZIONE

E chi sono invece i soggetti collettivi “protagonisti dell’innovazione” in Italia? Le opinioni convergono decisamente sulle piccole e medie imprese capaci di sperimentare e di adattare la propria attività al contesto in evoluzione (38,6%). Debole è il ruolo di stimolo che viene riconosciuto ai soggetti di governo (12,8%) e agli investitori 14,5%). Significativo che una quota non secondaria di intervistati ritenga che in Italia l’innovazione si alimenti in modo casuale, senza il ricorso a precise intenzionalità o capacità progettuali (11,6%). Le cose cambiano raccogliendo le opinioni su quello che avviene nel mondo: importanti vengono ritenute le università e i centri di eccellenza (49,4%), un ruolo rilevante è assegnato anche alle grandi aziende (49,5%), ai venture capitalist che scommettono sulle nuove imprese (32,5%), e infine ai governi che creano condizioni favorevoli all’innovazione (36,2%).

SOLO BENEFICI O ANCHE NUOVI PROBLEMI?

I giudizi sull’innovazione sono però contrastanti. Gli italiani che pensano che le innovazioni degli ultimi 20 anni abbiano apportato esclusivamente benefici sono pochi (14,2%). La gran parte delle opinioni (soprattutto quelle dei ceti medio-alti) si orientano su “molti benefici con qualche piccolo problema” (57,9%). I più critici (molto presenti tra i ceti sociali più bassi) ritengono che abbia apportato “alcuni benefici e alcuni problemi” (20,3%), o addirittura “più problemi che benefici” (7,3%). Naturalmente nei singoli ambiti di applicazione si rilevano importanti differenziazioni che testimoniano di una notevole attitudine, nel corpo sociale, a valutare caso per caso. Valga per tutti l’esempio delle scoperte nel campo dell’ingegneria genetica, valutate positivamente nelle loro concrete applicazioni in campo medico dall’87,2% degli italiani, ma negativamente quando riferite all’agricoltura ed alla controversa questione degli OGM (40,3% di pareri positivi).

CHI HA AVUTO VANTAGGI REALI DALL’INNOVAZIONE?

D’altra parte, una pratica dell’innovazione che si traduca in maggiori opportunità collettive, in poteri meno accentrati, in una riduzione dei divari, è difficile da prendere in considerazione se si guarda a quanto avvenuto in passato. Le opinioni al riguardo sono nette: i lavoratori che hanno tratto vantaggi dalle innovazioni degli ultimi 20 anni sono individuati soprattutto tra gli imprenditori (che hanno visto aumentare i profitti) (38,5%) e tra i manager (che hanno ottenuto ingaggi migliori) (23,6%).

TUTTI UNITI SULL’AGENDA

Tutti gli obiettivi contenuti nell’Agenda Digitale Italiana trovano larga condivisione tra gli italiani che, nel 90% circa dei casi li ritengono “fondamentali” oppure “abbastanza importanti”. È chiaro che su questo tema si gioca gran parte della credibilità dell’azione di governo in relazione al supporto all’innovazione. Un supporto che, fino a questo momento, viene giudicato dai cittadini italiani largamente insufficiente ed inferiore a quello garantito negli altri Paesi europei.

L’INDAGINE

L’universo statistico di riferimento dell’indagine campionaria in oggetto è la popolazione residente sul territorio nazionale tra 18 e 80 anni. Il campione, rappresentativo della popolazione di riferimento, è di tipo proporzionale, con una numerosità di 3.226 unità. Ad un livello di confidenza del 95%, garantisce un margine d’errore campionario del +/-1,7%. Il campione è stratificato sulla base dei parametri che caratterizzano l’universo statistico di riferimento: genere, classe di età, area geografica, ampiezzademografica del comune di residenza. Le variabili di stratificazione sono state scelte tra quelle che hanno maggiore influenza nel determinare opinioni e comportamenti relativi alle tematiche trattate. È stato effettuato un sovra-campionamento per le città sopra i 250.000 abitanti (Milano, Roma e Napoli) per prevedere eventuali approfondimenti successivi, e sono quindi stati calcolati e applicati dei pesi per poter riportare il campione alle giuste quote a livello nazionale (ossia a 3.000 individui distribuiti secondo la popolazione di riferimento per i parametri del campione prescelti). La definizione della numerosità campionaria è stata stabilita in modo da garantire una sufficiente affidabilità dei risultati al livello dei domini geografici prescelti. Tali domini sono i seguenti:– la circoscrizione geografica (secondo 4 modalità: Nord-Ovest, Nord-Est,Centro, Sud e Isole);– l’ampiezza demografica del comune di residenza (secondo 2 modalità:medio-piccolo, fino a 250.000 abitanti; grande, con più di 250.000 abitanti).

La tecnica di indagine utilizzata è duplice: CATI (Computer Assisted Telephonic Interviewing) e CAWI (Computer Assisted Web Interviewing). La scelta è stata dettata dalla necessità di ovviare al limite principale delle due tecniche: da un lato con la CATI si rischia di avere una sotto copertura dell’universo di riferimento data l’esistenza di una quota di famiglie che non compare in elenco o non ha l’abbonamento al telefono fisso, dall’altro la tecnica CAWI tende a raggiungere maggiormente persone con bassa età, più elevato livello di istruzione e una maggiore dimestichezza con gli strumenti informatici. Con la tecnica mista si superano entrambi i problemi, garantendo affidabilità dei risultati e rapidità dei tempi di elaborazione, grazie anche al salvataggio automatico delle risposte e alla possibilità di verifiche automatiche. Il personale che ha effettuato la rilevazione è stato preventivamente istruito sulle tematiche oggetto del questionario attraverso un apposito briefing tenuto da ricercatori del Censis.Lo strumento di rilevazione utilizzato è stato un questionario a risposta pre-codificata prevedendo, laddove opportuno, la possibilità di risposta libera da post-codificare per le modalità “altro, specificare”. Il questionario è stato elaborato dai ricercatori del Censis e condiviso con la committenza e con esperti del Cotec. I dati sono stati elaborati con il software statistico SPSS. L’analisi delle frequenze semplici ha suggerito il successivo piano di incroci tra le variabili. I risultati sono stati letti e interpretati in funzione delle caratteristiche strutturali dei rispondenti, giungendo ad una sintesi interpretativa dei comportamenti, delle conoscenze, delle percezioni e della disponibilità al coinvolgimento attivo della popolazione italiana nel tema oggetto dell’indagine.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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