Ecco perché il nuovo miracolo italiano passa (solo) dall’innovazione

scienze

L’umanità dovrà sviluppare tecnologie per l’essere umano, in modo da rendere la vita più lunga e meno faticosa, ridurre le differenze fra paesi ricchi e paesi poveri, e preservare e bonificare l’ambiente in cui vive. In particolare, le risorse idriche sono un bene essenziale sempre più a rischio e verso cui non si pone la dovuta attenzione.

Una foto d’epoca della Fiat 500. Credits: nikonclub.it

Il GEC 2015 (Global Entrepreneurship Congress) tenutosi a Milano alcune settimane fa ha visto riunirsi gli “Stati Generali dell’Imprenditorialità” con 153 nazioni del mondo che hanno messo a confronto incentivi, leggi e bestpractice per l’innovazione; l’Italia è risultata in classifica al 49esimo posto, sorpassata non solo da Stati Uniti, Canada, Australia, Taiwan, Svizzera, e Singapore, ma anche da Latvia, Slovenia e Portogallo che gli scorsi anni ci seguivano.

Quali sono le motivazioni? L’indice GEI (The 2015 Global Entrepreneurship Index), ovvero il parametro che misura la capacità di un Paese di creare condizioni favorevoli alle imprese innovative, evidenzia sì una crescita del mercato italiano delle startup e dell’attenzione all’innovazione negli ultimi 7-8 anni, ma assegna al nostro Paese un posto in seconda fila per quanto riguarda l’ecosistema di supporto alla crescita di nuove imprese e nuove tecnologie introdotte sul mercato.

DOVE VANNO GLI INVESTIMENTI

Eppure i campi di investimento promettenti per il futuro sono innumerevoli, e alcuni hanno già mostrato i primi risultati.

Si va dalle celle solari sottilissime e flessibili, che possono essere applicate su superfici di forme diverse producendo energia che costa circa 20-30 centesimi a watt, fino a materiali sensorizzati che funzionano come una pelle artificiale, o alla carta e tessuti fibrosi intelligenti che sfruttano le nanoparticelle per avere proprietà molteplici: magnetici, antibatterici o come emissioni luminose.

Un foglio di pelle artificiale. Foto: kidsdiscover.com

Ancora, materiali intelligenti ricavati dai vegetali ma con proprietà meccaniche simili alla plastica, così da essere riassorbiti dalla natura a fine ciclo, e le nanotecnologie manifatturiere in cui grafene, fibre di carbonio, plastiche (anche bio) vengono ingegnerizzati per la realizzazione di ogni sorta di materiale.

Altri due ambiti in cui l’umanità gioca una partita interessante per diminuire il divario tra sud e nord del mondo, sono quelli relativi a life science e robotica: l’imminente frontiera della nanomedicina consentirà nei paesi ricchi di ridurre drasticamente il costo del welfare perché ridurrà la necessità di recarsi negli ospedali e utilizzare grosse infrastrutture per le analisi e le terapie, mentre nei paesi poveri di introdurre sistemi di diagnosi e prevenzione, igiene e medicina senza bisogno di strutture ospedaliere.

I robot di domani, inoltre, serviranno a compiere attività che oggi l’uomo svolge utilizzando più macchine – robot domestici, automobili per il trasporto, smartphone e personal computer saranno fusi tutti in un unico dispositivo. Nel breve termine avremo probabilmente dei robot compagni che ci aiuteranno in casa e che accompagneranno i nostri figli o noi stessi in auto e che saranno in grado di monitorare i nostri parametri vitali e aiutarci nelle terapie, eseguire gli esercizi di riabilitazione sotto la guida dei fisioterapisti senza spostarci da casa. Questo settore rappresenterà senza dubbio il futuro della meccanica, con miliardi di robot prodotti in tutto il mondo da nuove linee di produzione. La novità rispetto al passato è che la maggioranza di questi robot saranno realizzati con materiali biocompatibili, o addirittura completamente bio-degradabili, introducendo un’ industria “verde”.

Le idee sono moltissime, le applicazioni infinite. Tutto sulla strada dell’innovazione.

COSI’ L’ITALIA PUO’ TORNARE TRA I GRANDI DEL MONDO

Se l’Italia vuole tornare a competere con gli altri paesi del mondo, deve creare una visione di sviluppo comune che assegni un ruolo centrale alla crescita economica trainata dall’innovazione; deve comprendere il ruolo chiave degli operatori e degli investimenti del settore pubblico e privato in tali processi di sviluppo, costruendo contesti istituzionali che consentano e promuovano collegamenti dinamici fra pubblico e privato, imprenditoria e ricerca.

Credits: innovationmanagement.se

La crescita in Italia – ma anche nel resto d’Europa – avverrà solo quando guarderemo in modo nuovo alla dimensione pubblica dei risultati che le collaborazioni pubblico-private possono produrre, guidando il Paese verso una crescita che sia intelligente, inclusiva e sostenibile. Oggi più che mai necessaria.

Non vi può essere competitività tecnologica di un sistema senza la permeabilità costante fra ricerca di base, ricerca tecnologica e comparto industriale.

ROBERTO CINGOLANI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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