Si chiama Snappet e la sua missione è “migliorare la qualità dell’istruzione primaria” grazie all’uso del tablet. Il piano arriva dall’Olanda, dove la fondazione che ha dato nome al progetto, è già presente in 400 scuole e punta a ricoprire, entro il prossimo mese di dicembre, il 15% degli istituti.
In Italia, ha messo piede per la prima volta, circa un anno fa. In undici mesi ha interessato circa 3.000 ragazzi ed è presente in una sessantina di scuole ma per il 2016 ha intenzione di arrivare a 1000 istituti.
La fondazione olandese, che non è un ente di beneficenza, ha intuito che in Italia vi è un mercato e soprattutto un vuoto, sulla didattica 2.0, da parte delle istituzioni.
Si è strutturata con una squadra di rappresentanti; ha allestito un team di insegnanti che lavorano sui contenuti che la piattaforma Snappet propone; ha preso contatti con il Ministero della Pubblica Istruzione; si è dotata di un tecnico per risolvere gli infiniti problemi di rete delle nostre scuole e ha iniziato a bussare alle porte dei nostri dirigenti proponendo un mese di sperimentazione gratuita.
Ciascun alunno riceve un tablet con il quale esercitarsi al posto di usare gli eserciziari cartacei. Ma non solo: se l’insegnante decide di abilitare l’uso d’internet, i bambini possono usare il tablet anche per navigare, con una listi di siti scelti dal docente. I maestri hanno una panoramica in tempo reale dei progressi degli alunni e possono decidere di intervenire sul singolo allievo per migliorare immediatamente il suo apprendimento oppure offrire esercizi aggiuntivi secondo i loro bisogni educativi.
I risultati sono sorprendenti: secondo quanto riportato da Snappet alle scuole italiane, “nelle prove Cito (equivalenti all’Invalsi) olandesi le prime trenta classi che hanno usato la piattaforma Snappet sono avanzate di 20 punti percentuali”.
Secondo Michael Blok, direttore Snappet Italia, anche nel nostro Paese chi sta usando la piattaforma si sarebbe già accorto dei sensibili miglioramenti: “Vorremo fare in Italia uno studio scientifico sui risultati di apprendimento mettendo a confronto 30 classi che usano il nostro tablet e 30 che utilizzano i metodi tradizionali.
Abbiamo chiesto finanziamenti al Ministero. Intanto lavoriamo con l’agenzia Indire che proprio in queste settimane sta approfondendo la questione”.
Qualcuno si è già mosso: in provincia di Mantova, sedici scuole per un totale di 24 classi, dopo la sperimentazione gratuita, sono riuscite a consegnare a 376 ragazzi il tablet grazie al Consorzio dei comuni Oltrepò Mantovano.
“Il problema in Italia – spiega con inflessione tedesca Blok – è la burocrazia. Trovare scuole e convincerle non è una grande sfida per noi, cercare i soldi non è troppo difficile ma organizzare la fattura è una grande sfida. Se in Olanda e Spagna è il dirigente scolastico a decidere se acquistare i tablet o meno; se in Germania sono le amministrazione a finanziare il progetto; in Italia è tutto lasciato alla libertà degli insegnanti.
I soldi possono arrivare dai vari comitati dei genitori, da fondazioni, da comuni. Il tutto rende più complicato il lavoro. In Italia è stato difficile persino aprire un conto corrente bancario”.
Tra le difficoltà incontrate da Snappet, che è presente oltre che in Olanda, anche in Francia, Germania e Spagna, anche quella delle infrastrutture di rete. La fondazione olandese ha toccato con mano il ritardo tecnologico delle nostre scuole: “In Olanda – continua il direttore – ogni aula ha una presa internet, in Italia non abbiamo mai trovato una situazione simile. Servono sempre due tre giorni, a volte due o tre settimane, per allestire la rete e anche al Nord ci sono scuole senza Adsl. Abbiamo incontrato situazioni assurde: da plessi con a disposizione 60 mila euro per cablare 12 classi a realtà che hanno impostazioni con più filtri di difesa e password da 24 caratteri alfanumerici”.
Eppure Snappet ha pronta la sua rivoluzione ed è certa che le scuole italiane non potranno fare a meno di questo progetto che si sta espandendo a macchia d’olio: “Il nostro servizio non esisteva, i risultati di apprendimento sono migliori. Al momento non ci sono concorrenti eccetto che in Francia dove l’azienda Bic ha un servizio simile. Ad oggi abbiamo una banca dati con 200 milioni di risposte date agli alunni. Siamo la sola organizzazione con queste informazioni a disposizione e le stiamo usando per migliorare l’istruzione”.
Bologna, 24 marzo 2014Alex Corlazzoli