Ecco tre innovazioni italiane per riscrivere le regole della moda

innovaizone

Se quello della moda è un settore in evoluzione, variabile a seconda di gusti e di tendenze, è anche vero che gran parte della sperimentazione in questo campo riguarda adesso i tessuti. E alcune delle proposte più originali stanno arrivando proprio dall’Italia, a partire da materiali impensabili. Parliamo infatti di alghe, agrumi, addirittura di marmo. Ma andiamo con ordine (di tempo).

Iniziamo col designer Alberto Zanrè, che più di quindici anni fa dà vita a Bambuu excellence, fibra ottenuta dalla cellulosa del bambù, e poco dopo un viaggio in Giappone inventa un tessuto totalmente naturale, ricavato dalla lavorazione dell’alga bruna del Nord Europa, l’Ascophillym Nosodum. Ribattezzata col nome di Seacell, e anche in questo caso sviluppata dall’azienda Live from Milan, la scoperta è sorprendente in quanto collegata a proprietà terapeutiche, grazie alla presenza di principi più che salutari per il corpo.

Il risultato è un “tessuto bio” per pelli sensibili, che funziona anche da antinfiammatorio, tonificante, e fa da schermo contro i raggi UV e perfino da regolatore della circolazione sanguigna. Non un capo d’abbigliamento quindi, ma una sorta di vestito multitasking. Non una semplice scoperta ma una piccola grande invenzione.

CHANGEMAKERS NEL MONDO DELLA MODA

Proprio come quella fatta in Sicilia, quasi un anno fa da Orange Fiber la “startup ecogreen” premiata anche dall’ONU e che produce abiti «vitaminici» (o almeno così sono stati definiti). L’idea in questo caso parte da Adriana Santonocito, che immagina per la sua tesi di laurea un tessuto nato dagli agrumi.

La voglia di fare e l’amore per la mia terra mi hanno portato a creare qualcosa partendo proprio dalla Sicilia.

Studiavo i materiali tessili e prestavo molta attenzione a tutti quelli sostenibili.

Adriana trova appoggio nell’amica Enrica Arena, esperta in cooperazione e comunicazione internazionale, che insieme lei decide di osare e dare vita al progetto. Le finanziano un avvocato e un bando della regione Trentino, permettendo così a quell’idea – nata quasi per caso, durante una semplice chiacchierata tra coinquiline – di diventare una realtà. Una realtà che poggia sulle centinaia di migliaia di tonnellate dell’industria agrumicola, fatta di sottoprodotto e di scarti altrimenti inservibili, che vengono riciclati e convertiti in tessuto. Nella fattispecie il “pastazzo”, ciò che resta dalla spremitura degli agrumi, viene lavorato in modo da estrarne la cellulosa, la stessa che ulteriormente trattata servirà per il tessuto definitivo. Parliamo di un materiale biodegradabile, dall’aspetto lucido e morbido al tatto, e che a contatto con la pelle apporterebbe numerosi benefici.

Contiene infatti al suo interno molti oli essenziali, incapsulati nel tessuto attraverso speciali nanotecnologie: gradualmente gli oli base vengono rotti e, volta per volta, rilasciati, sciogliendosi sulla pelle e nutrendola.

Allo stesso modo del precedente, il brand in questione è di alta qualità e va dunque ben al di là di una proposta di stile, o di conversione di una risorsa. Brevettato e presentato anche a Copenaghen e Wall Street, entrato fra i dieci migliori Changmakers For Expo 2015, il primo filato al mondo ricavato dagli agrumi si affaccia così al panorama internazionale.

L’obiettivo principale è riuscire a far fronte all’alta richiesta di tessuti innovativi da parte del mondo della moda, italiano e internazionale

«E probabilmente – come sottolineano le stesse Adriana e Enrica – anche la collaborazione con un designer che abbracci i valori etici di Orange Fiber, per dar forma al tessuto e mostrare le sue enormi potenzialità».

VESTITI FATTI DI MARMO, UN’IDEA RIVOLUZIONARIA

Non molto dissimile la vicenda di Alice Zantedeschi, riuscita in un intento semplice ma rivoluzionario. Veronese, ventisei anni, appassionata di moda e studentessa di Design al Politecnico di Milano, per la sua tesi ha deciso di provare a fare qualcosa di diverso, puntando anche lei su un progetto il più possibile innovativo creando un tessuto con la polvere del marmo, precisamente quello ricavato dal marmo del Garda.Proprio come Adriana, Alice è partita da qualcosa di molto vicino alla sua quotidianità: gli elementi più rappresentativi della sua terra natale, Verona. Così, insieme a Romeo e Giulietta, al vino e ai libretti d’opera, si è infine aggiunto all’elenco pure il marmo del Garda.Valorizzando la sua città, Alice Zantedeschi ha sfruttato l’elemento forse meno noto del suo luogo d’origine, e gli ha ridato nuova vita. Prima sperimentando a casa, attraverso la mistura di varie resine e differenti tipologie e grandezze di marmo, poi rivolgendosi a produttori della sua zona, la studentessa è riuscita a creare un prodotto valido da una materia niente affatto scontata, ma incredibilmente fruttuosa.

Se così la preziosa polvere è il meno noto fra i simboli veronesi, è anche vero che le sue proprietà la rendono più che interessante. Il marmo del Garda, elastico e duttile, una volta polverizzato, può essere combinato col poliuretano, ad esempio, oppure con l’organza, la lycra e la lana. E ancora: uno degli aspetti più sorprendenti dell’invenzione di Alice è l’effetto cromatico che se ne ricava. La polvere conferisce agli abiti la tipica sfumatura del marmo del Garda, cioè del rosa pallido, e può essere esaltata tramite l’aggiunta di colorante artificiale. Non solo marmo di Verona; alcune combinazioni Alice le ha realizzate anche col marmo di Carrara.

Come per le alghe e gli agrumi, d’ora in avanti dunque il marmo s’indosserà, non si ammirerà soltanto; potrà essere stirato e lavato a piacimento, e non verrà solo levigato ed esposto. Anche il marmo diventa moda, un pezzo di pietra si fa oggetto estetico.Veromarmo, così è stato chiamato il nuovo materiale, oggi è già un brevetto. E Alice, che ha presentato ufficialmente i suoi cinque prototipi – due cappotti e tre impermeabili – è sovvenzionata adesso dal programma startup ImpresaxImpresa di Confindustria Verona. Scelta fra quasi duecento altre candidature, la sua proposta é il segno dei tempi che cambiano, ma anche delle possibilità che si sognano. Come le precedenti proposte è il segno di un mondo che reiventa sé stesso a partire da elementi già noti (anche se non a tutti).

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

What do you think?

Scritto da chef

innovaizone

We Make a Milano (aspettando Maker Faire Rome). Edison Innovation Day a Firenze

innovaizone

L’infrastruttura Blockchain e la tecnologia della moneta