Quando ho scelto il “motto” brand di questo weblab (come lo chiamo io) dal nome Pratosmart, ho pensato che ci voleva una frase che invitasse i miei concittadini a pensare in grande. Non perchè io sia qualcuno che abbia chissà quale autorità di farlo, ma perchè parlando con persone che operano per l’innovazione a Prato forse era necessario avere un principio comune su cui articolare vari progetti.
Innova e fregatene è un motto che rompe gli schemi. Lo so. Io forse lo avessi letto sul blog di un altro avrei frainteso, non avrei capito e probabilmente lo avrei pure criticato.
Innova e fregatene vuol dire in sintesi “poni le tue idee davanti a tutto“, cioè prima ancora di pensare ai vincoli che ti ostacoleranno nei tuoi progetti, lavora sulla strategia e sulla tua idea perchè se effettivamente hai un’idea innovativa e riesci a realizzarla concretamente quella avrà successo.
Questo non vuol dire non stare con i piedi per terra ovviamente: per mestiere mi trovo ogni giorno a cercare compromessi tra idee e vincoli tecnologici e vincoli dovuti ai costi/tempi di realizzazione delle cose (…beh sì, ci son anche i soldi da considerare… e può accadere che non sempre tutto sia fattibile a buon mercato, anzi di solito non lo è quasi mai con i budget prefissati).
Innovazione, un fatto collettivo
Ma InnovaEFregatene sta a significare appunto questo: prima di pensare alle problematiche di qualunque natura ti si proporranno di fronte (che ci saranno sicuramente) prova ad inventare. È questo lo spirito con cui oggi lo dico alle persone con cui parlo.
Non voglio certo fare paragoni col sottoscritto, ma quando Steve Jobs ha parlato agli universitari di Standford non gli ha detto che i prodotti della Apple devono essere pensati per essere “belli”, funzionare per almeno 2 o 3 anni in quanto ad affidabilità oppure che devono costare massimo un TOT.
Ha detto essenzialmente “Siate Folli“. Come dire: fare in modo di avere idee vincenti, prima di pensare alla loro implementazione.
Credits: Sandro Moretti
Questa settimana sono stato a tenere un seminario all’Università di Firenze per raccontare il mio mestiere a ragazzi di poco più di 20 anni. È stato bello vedere le loro facce quando alla fine ad alcuni di loro ho detto che l’ingegneria oggi ha bisogno di più umanesimo e cultura perché di tecnologia ce n’è già a sufficienza, forse troppa.
Sicuramente abbiamo molta più tecnologia di quella che ci serve per poter portare in fondo un progetto vincente nel mondo del lavoro. L’ingegnere può dotarsi di una “cassetta degli attrezzi digitali infinitamente grande” molto facilmente: quello che non può avere facilmente è la cultura con cui trovare applicazione di questi attrezzi ed è un fattore che fa la differenza.
La cultura? Si c’è un fattore culturale da tenere presente. È difficile abituarsi a pensare in termini veramente innovativi e soprattutto è complesso effettuare una costante applicazione della tecnologia alla vita di tutti i giorni senza cadere nell’errore di essere autoreferenziali. Il digitale si presta tantissimo a parlare a pochi appassionati di tecnologia…ma gli altri? Gli altri, specialmente in Italia, sono quelli che possono oggi dare valore al digitale con applicazioni che il tecnologo nemmeno lontanamente magari si immagina; è con gli occhi di quelle persone che c’è da sforzarsi di guardare gli strumenti della tecnologia. E per finire: conta condividere. Conta moltissimo quanto siamo disposti a condividere. Quello che a volte è appannaggio dell’innovazione è di fatto la volontà di fare sharing e rete delle nostre idee. Oggi, a meno di non essere sicuri che siamo davvero Steve Jobs, è una buona strada, cercare la condivisione per il miglioramento, la critica e l’applicazione delle nostre idee.
Innova e Fregatene non è un motto per pochi. Chi vuole può provare ad applicarlo nella sua vita di tutti i giorni che sia un lavoro da impiegato, da fornaio, da sindaco, da gioielliere.
E’ un motto per chi ha la curiosità e la voglia di provare a cambiare un tradizionale punto di vista.
Innova e Fregatene è questo. E forse molto altro che non riesco a spiegarvi a parole, non è cieco ottimismo, ma voglia di pensare prima a cambiare le cose e solo dopo agli schemi da affrontare per cambiarle.
Tutto qua.
A presto
Matteo
MATTEO TEMPESTINI*
Prato, dicembre 2015
*ReBlog