Su una pietra Pietro ha fondato la Chiesa. Guardate quant’è durata. Scherzi a parte, è con questo materiale – il più antico in assoluto sul pianeta – che viene indicata la primissima età dell’uomo sulla Terra, due milioni e mezzo di anni fa. Solo dall’8000 a.C. gli esseri umani iniziarono a forgiare metalli. Nulla di più ecocompatibile in sé, a meno che le cave non producano scempi ambientali come sulle nostre Alpi Apuane.
L’Età della pietra e l’incontro con la tecnologia
La moderna tecnologia applicata alla pietra riguarda anche le tecniche di escavazione, per ridurre l’impatto ambientale e aumentare la sicurezza sul lavoro. “Marmoreo” e “granitico” sono sinonimi di perfezione e indistruttibilità. “Sei una roccia” si dice a chi è in grado di sostenere prove erculee.
Se la lavorazione artigianale è rimasta abbastanza tradizionale, quella industriale si è innovata nei secoli lungo l’intera filiera. Carica batterie wireless, sveglie, vasi nascondi cavi, lampade e mobilio: il lapidario incontra hi-tech e tecnologie 4.0, conservando la sua eleganza senza tempo nell’evoluzione dall’uso prevalentemente edile, scultoreo e monumentale – che ha avuto per millenni – a una fruizione domestica e accessibile a più tasche. Specie nella realizzazione di pavimentazioni e rivestimenti antiaderenti e termoisolanti, capaci di ridurre consumi energetici e unire forza, resilienza e decor.
La rosa degli usi è troppo competitiva perché la pietra, che la sua fucina direttamente nella crosta terrestre, possa estinguere il suo business. Attualità e ottime prospettive di crescita per un materiale che più naturale non si può, dotato di resistenza, durevolezza e fascino unici. Il bianco marmo classico, o venato di rosa. Il variopinto granito, tra le rocce più abbondanti sulla superficie terrestre. Il quarzo prezioso. Il travertino, roccia sedimentaria calcarea di tipo chimico, utilizzata su larga scala per i pavimenti fin dall’antica Roma. C’è solo l’imbarazzo della scelta tra le pietre sulla piazza.
Business italiano: le fiere del comparto e le principali aziende
E sono tante anche le aziende italiane – giovani e quotate – attive nella produzione di macchinari, software e utensili per la sua lavorazione, appena andate online al Marmomac ReStart Digital Edition: la più grande fiera italiana del comparto, riorganizzata completamente in Rete da Veronafiere e Agenzia ICE e terminata lo scorso 2 ottobre.
In tre giorni si sono collegati all’evento 210 stand virtuali, di cui 111 stranieri connessi da 22 diversi paesi; oltre 3.100 i prodotti e 840 i progetti caricati sui profili dei quasi 5mila operatori intervenuti. Al primo posto l’Italia seguita da India, Brasile, Stati Uniti, Turchia, Spagna e Uk: un’occasione per unire marketing e formazione con centinaia di webinar, presentazioni e focus. Il prossimo appuntamento, si spera anche con la versione fisica, è per il 29 settembre 2021. A causa della rinnovata emergenza Covid non ce l’ha fatta a tenersi neanche Ma.R.Mo 20.20, com’è stata ribattezzata Marmotec: l’altra grande esposizione italiana del settore, allestita ai padiglioni di Carrarafiere. Anche questa era già stata rimodulata in versione onsite e online, prima del secondo lockdown invernale e non per precauzione: la via dell’e-commerce, della promozione web e della trattativa digitale era già segnata.
Buyer collegati dall’estero su piattaforme di meeting b2b, b2c e showroom a realtà aumentata rappresentano la nuova sfida per la vecchia pietra, di fronte alla concorrenza sui mercati extra-Ue di quella fake: le orrende riproposizioni stilistiche in plastica o vetroresina, deperibili e inquinanti. Tra i dispositivi più avveniristici in mostra, le macchine a getto d’acqua in grado di ricavare dalle lastre elementi componibili e assemblabili l’un l’altro e di incidere disegni complessi a costi incomparabilmente minori rispetto a quelli della manodopera umana. Cui sempre più spesso resta solo la parte – manuale – di consegna e installazione in loco e – creativa – di ideazione dei progetti e di studio di ancora nuove tecnologie di automazione dei processi industriali. Lo dimostra il fatto che da qualche anno le startup, che spesso fiutano gli affari prima dei senior, iniziano a girarci intorno, recuperando in nome dell’economia circolare scarti, rifiuti e sottoprodotti dell’estrazione della pietra.
Molte sono state ospiti delle suddette fiere. La veneta Desamanera ha sviluppato maxi stampanti 3D capaci di tagliare l’impasto minerale, totalmente riciclato, in lamine ultrasottili: per personalizzare “forme complesse e materiali comuni”. La fiorentina Catalyst Group trasforma in mattoni la farina derivante dalla demolizione di edifici: anziché lasciarli abbandonati, pericolanti e in disuso, li riconverte in piccole miniere. L’impianto è montato direttamente in loco, evitando trasporti non necessari e riducendo così pure le emissioni di Co2. Stesso orizzonte ecosostenibile per la trentina PietraNet e i suoi lastricati drenanti, anti-sprofondamento, anti-slittamento, ideali per bambini, anziani e disabili. Zero bitume, tutto ricavato da scarti e residui: un prodotto meno impattante non solo dell’asfalto, ma della stessa ghiaia. La ditta sostiene di poter costruire una pista ciclabile di 50km, larga 3 metri, usando 9750 tonnellate di materia contro le 27mila di un normale circuito in ghiaia battuta.
L’industria della pietra interessa non solo edilizia e architettura ma anche arte, design e ultimamente la moda. Lo stilista austriaco Arthur Arbesser ha introdotto nelle sue collezioni di capi di abbigliamento e accessori il “Marwoolous”: materiale brevettato a Milano dal designer Marco Guazzini, che fonde lana e polvere di marmo con un legante bicomponente. Simile al “Veromarmo”, creato sempre nel capoluogo lombardo dalla startup Fili Pari: una farina, sottoprodotto del processo di taglio, combinata con altri tessuti per produrre giacche a vento e impermeabili. Di pietra ci si può perfino vestire.
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