Continua a influenzare tutte le forme d’arte, dalla musica, alla letteratura, dalla pittura, al daily life, al fashion, eppure, né una rassegna, mostra o pubblicazione sono state mai consacrate al movimento punk. Un vuoto da colmare trentacinque anni dopo il suo lignaggio. L’Accademia di Francia a Roma, Villa Medici, con “Europunk“ azzarda il tentativo (e come potrebbe essere altrimenti?) d’inquadrare in un unico, quanto variegato vernissage, la cultura visiva punk che ha attraversato l’Europa nella seconda metà degli anni settanta.
Un vento rivoluzionario che ha stupito, scandalizzato e travolto un’intera generazione di giovani; ma l’intento non è focalizzare ancora una volta, la storia musicale di questo movimento, bensì ritrovare il valore critico di una serie d’artisti, graphic designer, illustratori e agitatori, che, nel rifiuto categorico dell’opera d’arte, hanno voluto cambiare il modo di rappresentare il mondo con forme ed espressioni nuove e dirompenti.
La mostra, aperta al pubblico a Roma fino al 20 marzo, è curata da Éric de Chassey – direttore dell’Accademia di Francia – ed è realizzata con la collaborazione di Fabrice Stroun, curatore indipendente “prestato” dal MAMCO di Ginevra, dove “Europunk“ si trasferirà dall’8 giugno al 18 settembre 2011. presenti anche due Project Site firmati da quattro artisti: Francis Baudevin, Stéphane Dafflon, Philippe Decrauzat e Scott King.
I primi attori arrivano dal Regno Unito e dalla Francia, come pure dalla Germania, dall’Italia, Svizzera e Olanda; Jamie Reid creò l’effige della regina con occhi e bocca sigillati dallo strip dei Sex Pistols e dal titolo della celebre “God Save the Queen“. Risaltano anche personalità controverse come quel Malcolm McLaren, ideatore, manager, deus ex machina della stessa band o del team francese denominatosi “Bazooka“, al secolo, Olivia Clavel, Lulu Larsen, Kiki Picasso, Loulou Picasso, Ti-5 Dur, Bernard Vidal e Jean Rouzaud; una super produzione, la loro, rimasta in incognita per molto tempo, rintracciata dopo una lunga indagine attraverso le metropoli del punk.
Una raccolta di cinquecento oggetti e più, noti o inediti, provenienti da collezioni pubbliche e private: abiti, fanzine, poster, locandine, disegni, collages, copertine di dischi in vinile, filmati e tanto altro enfatizzano l’incredibile vitalità creativa di un movimento, sinonimo d’energia allo stato puro, che ha voluto fare tabula rasa di qualsiasi metodo “alternativo” antecedente.
Libertà d’intenti e d’azione, profonde radici politiche, vitalità allo strenuo dalle ampie conseguenze sociali e artistiche. Indicativa la visione con cui la mostra ha aperto i suoi battenti, il passaggio televisivo d’esordio dei Sex Pistols, nel 1976, apparizione per così dire, “ufficiale” del movimento punk – nel programma “So It Goes“, per Granada Television di Manchester, che si chiuderà con il primo passaggio dei Joy Division sulla BBC, nel 1979.
Previsti i contributi di chi, conoscitore o testimone, ha ben saputo tradurre e sviscerare l’onda sovvertitrice del punk, soprattutto dal punto di vista musicale: Jon Savage, scrittore e storico, autore del celebre “England’s Dreaming”, tradotto in molte lingue, pamphlet-guida del movimento e Jerry Goossens, giornalista olandese, considerato tra i più grandi esperti del fenomeno.