Un’annata troppo ricca per il 2020. Nel settore vinicolo, la crisi sanitaria del Covid-19 ha generato una crisi dei consumi che le cantine, specialmente nostrane, non conoscevano da tempo. In poche parole, la sovrapproduzione gonfia le giacenze e le cantine sono costrette a distruggere uva e vino. Lo sa bene Palazzo Chigi: per bocca della ministra Teresa Bellanova, il governo ha stanziato 150 milioni di euro per la distillazione del vino in eccesso. E se i timori maggiori – come palesa Joao Onofre, dell’unità vino della Commissione Ue – riguardano i consumi interni e soprattutto l’export, alcune cantine puntano sulla diversificazione. Nel settore vinicolo, la pandemia ha mostrato i limiti di una tendenza a settorializzare la produzione. Eppure, a fronte di perdite importanti, ci sono cantine che hanno sperimentato il successo del loro business model nonostante i mesi difficili.
Fra queste, Cantina Torre Zambra, che presenta una ricetta vincente. Ne abbiamo parlato con Federico De Cerchio, Owner e CEO delle cantine.
De Cerchio, è possibile fare una stima di questa annata?
“Quest’annata è stata uno spartiacque. Ci sono cantine che hanno avuto un buon ritorno, altre che registrato perdite molto importanti. Questo dipende da vari fattori: in primis, la diversificazione geografica delle vendite, poi la distribuzione del prodotto a diversi tipi di clientela”.
Può fare un esempio?
“Certamente.
Tutte quelle cantine che vendevano nella maggior parte sul canale horeca – acronimo di hotellerie, restaurant, café, ndr – hanno avuto perdite ingenti. Lo stesso vale per le cantine che basano gran parte del loro business sull’export e poco sulla diversificazione: l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia di Covid-19 ha impattato molto sui loro ricavi. Per esempio, a New York sarà possibile riprendere la fornitura dei ristoranti solo fra tre settimane”.
Quest’anno a che livello è la produzione di vino?
“Molti produttori e cooperative che lavorano sulla grande distribuzione hanno distillato i loro vini: perdendosi una grossa fetta di vendite, i produttori che hanno bisogno di spazio per le cantine in vista della nuova vendemmia, sono stati costretti a distillare il loro prodotto per ricavare un seppur lieve margine di profitto. Le cantine sentono le ripercussioni della pandemia. Non c’è una via di mezzo: ci sono cantine che hanno superato i mesi critici con un buon margine di guadagno e cantine che invece hanno chiuso la stagione in perdita”.
E voi, avete ripensato le strategie rispetto a quanto immaginavate prima?
“Non è stato necessario ripensare a una strategia, perché cantine come la nostra hanno una buona diversificazione, sia in termini geografici che di canali di distribuzione. Il nostro gruppo Federico De Cerchio Family Estates possiede diverse tenute: tre in Abruzzo (Torre Zambra, Idi di Marzo e Vino della Rosa), una Puglia (Tenuta del Pajaru) e una in Sicilia (Tenuta Tempestosa). Ogni tenuta ha un posizionamento di pricing, che va a coprire una fascia di mercato diversa con un unico comune denominatore: la sostenibilità. Tutte le cantine sono certificate sostenibili, con un impatto limitato sull’ambiente e fondato su principi etici – rapporto con i dipendenti, compensi, etc. Le nostre cantine hanno da poco ottenuto anche la certificazione ‘vegana’: ciò significa che non utilizziamo prodotti animali all’interno della vinificazione”.
Ogni cantina punta a un target differente, quindi?
“Esattamente. Se, dunque, a causa dell’emergenza abbiamo perso fatturato sul canale horeca, ne abbiamo recuperato sui wine shop, per esempio, e su una tenuta come Idi Di Marzo che ha un posizionamento da vino quotidiano, con pricing entry e medium level, destinato quindi alla grande distribuzione organizzata internazionale. Le richieste nei supermercati, per esempio, hanno ammortizzato le perdite legate ai prodotti premium e lusso. In un periodo di crisi come quello passato, la fascia premium e lusso ne hanno risentito maggiormente. I prodotti della fascia media, al contrario, sono cresciuti, spostandosi nella grande distribuzione”.
Si parla tanto di digitalizzazione: ritiene l’ecommerce un alleato del settore?
“Nel 2013 ho fondato Wineowine, tuttora uno dei principali portali di vendita di vino in Italia. Data la mia esperienza del vino online, è difficile che il digitale possa superare il totale del 3-4% delle vendite nei mercati consolidati. In alcuni casi si può arrivare al 10%, ma riguarda soprattutto la fascia medio-alta. La maggior parte del vino si vende in canali di distribuzione tradizionali. Allo stato attuale, l’e-commerce non riuscirà mai ad assorbire le vendite della grande distribuzione“.
Federico De Cerchio Family Estates: quanto peso ha l’export nel vostro business e come intendete recuperarlo?
“Federico De Cerchio & Family Estates nasce con l’idea di mettere al centro i nostri valori: ho voluto creare questo gruppo per valorizzare e raggruppare le tenute di famiglia nel Sud Italia. In questi mesi di lockdown abbiamo ripensato e lavorato molto al marketing dell’azienda. L’esportazione ha un peso importante per noi: circa l’80%, dei nostri clienti proviene dal Nord America (Usa e Canada), dall’Australia e dall’Asia. Ripensare al nostro branding ci ha fatto capire che i nostri clienti prediligono i nostri prodotti, ma amano anche le storie che li generano. Da ciò la nostra nuova strategia di branding, sia sul piano social che nella relazione con i nostri fornitori”.
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