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Fenomeno Proximity, l’ultima frontiera del marketing con lo smartphone

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E’ mai esistito lo smartphone nel passato? e il Marketing? Dopo aver visto Interstellar ho capito che essere soli non significa essere abbandonati al proprio destino. Ed il futuro è legato al passato, senza dubbio. Partiamo dallo smartphone. Oggi. Un mondo complesso, stordito dalla comunicazione. Un mondo aperto ma che si sta chiudendo in pochi canali di comunicazione rispetto alla moltitudine di “mezzi” che ci circondano.

Tv, Radio, Internet, Carta e Outdoor. Tutte e cinque in fase di compressione sempre più sotto i display del nostro smartphone

Lì da anni si è materializzato il futuro dell’informazione, dell’interazione con l’ambiente, della comunicazione e dei rapporti sociali che sembravano schiavi dello scatolotto televisivo, circondato da persone assuefatte dai messaggi “colorati” dello schermo, oggi ricatturate dallo stesso smartphone attraverso il paradigma del second screen.

Fonte: Screenmediadaily.com

Proviamo ora con un grande sforzo a fare un balzo nel passato partendo dall’affermazione iniziale “il futuro è legato al passato”. Proviamo a chiederci se lo smartphone di oggi nel corso dei tempi non possa essere già esistito in altre forme. Proviamo addirittura a tornare all’epoca del nostro progenitore, all’uomo di Neanderthal. Una vita di caccia, raccolta, sopravvivenza e lotta. Come oggi, senza sconti. Analizziamo il suo linguaggio ed i suoi strumenti e scopriremo che anche allora esisteva uno “smartphone”. Una tecnologia che gli permetteva di sopravvivere alle sue necessità e di comunicare con i suoi simili. Uno strumento solo, primitivo appunto, ma sufficiente e da cui ottenere rispetto e vantaggi. Un oggetto personale. Esisteva la clava.

Dal mio punto di vista oggi è come essere tornati all’epoca della clava.

Oramai considerato quasi vitale, lo smartphone è oggi quello che la clave era per i nostri antenati.

Così comunicavano il proprio potere, la propria forza, i propri simboli utilizzandola come strumento personale, di cui andavano gelosi. La clava come lo smartphone di oggi. E come allora anche oggi, la nostra forza di sopravvivenza risiede in un oggetto in cui vive sia la nostra capacità di espressione che di socializzazione con i nostri simili. Il mondo si è chiuso in un cerchio, razionalizzando sempre più gli strumenti basilari della nostra vita in un unico strumento giudicato versatile e primario e poca importanza ha se passeremo dal tenerlo nel taschino, al polso, negli occhiali, …

Fonte: Argante.com

Sembra difficile, assurda e pazza come associazione, ma in realtà più torniamo indietro nella storia e più troviamo esempi simili, di strumenti che hanno caratterizzato periodi precisi dell’umanità e che ne hanno influenzato anche i processi evolutivi.

Spesso sono state vere e proprie armi ed in altri casi solo strumenti. Sempre, l’uomo ha avuto bisogno di portare con sé qualcosa che gli permettesse di interagire con l’ambiente, di comunicare e “sopravvivere”.

Tocca al Marketing. Non sono riuscito a trovare elementi certi, ma il Marketing sembra avere preso forma in un recente 1884 (Da “History of Marketing”, fonte Wikipedia) emergendo come disciplina separata. La cosa che ho trovato interessante nella mia ricerca è stata la scoperta che ancora prima che la disciplina acquisisse un nome ed una forma, il Marketing è sempre stato alla base della comunicazione commerciale. Ad esempio, se fosse vero che il Marketing sia tema del Diciannovesimo Secolo, e non c’è motivo di dubitarlo, prima di ciò ci furono diverse iniziative:

  • Nel 1455 Gutenberg iniziò la produzione di massa di flyers e brochures, inventando la stampa a caratteri mobili per fare comunicazioni pubblicitarie di massa;
  • Nel 1836 nacque la prima forma di pubblicità su un quotidiano;
  • Nel 1864 fu usato il telegrafo per fare comunicazione di massa (spam).

Prima di ciò ci furono altre forme riconducibili al Marketing che la storia ha dimenticato e sono convinto che addirittura l’uomo primitivo di Neanderthal avesse risposte alla necessità di comunicare, far sapere, pubblicizzare una scoperta, barattare la conoscenza attraverso la comunicazione. Eppure più mi immergo nelle moderne forme del Marketing e più ne vedo le origini lontane separando la disciplina dalla necessità inconsapevole che chiamo “buon senso”. Spesso il Marketing è “buon senso”.

Io ho iniziato ad avvicinarmi a questa disciplina partendo dal Proximity Marketing, perché la trovavo prima di tutto utile ed efficiente nella mia esperienza di cittadino e consumatore. Online ho troppe informazioni. Il web le offre con logiche ancora lontane dalle mie necessità del momento. Oggi le geolocalizza ma le presenta ancora con dinamiche legate a temi lontani dal luogo in cui mi trovo e dalle mie necessità reali. Poi tutto è troppo lento e ancora scarsamente collegato alle mie esperienze.

Mentre il Proximity Marketing che ho in mente io vive mettendo al centro l’esperienza e le emozioni. E’ vivo innanzitutto, dinamico e personale

Completa la nostra esperienza istantanea e non la sostituisce. E’ a mia disposizione quando mi serve. Uno strumento real time in tutti i sensi. Siamo nell’epoca delle etichette, della diversità utilizzata per emergere, del sovraffollamento della comunicazione ma anche della necessità dell’avere velocemente, del tutto subito, dell’informazione puntuale. Siamo anche i consumatori figli del consumismo, sempre più veloci nel consumare.

Ed in tutto questo, in questo scenario, il Proximity Marketing ha senso ad esistere come disciplina. E come lo smartphone sta alla clava anche il Marketing parte da lontano, dal cartello “wanted”, ai segnali di fumo, ai suoni emessi che i nostri progenitori ricavano da quello che avevano, ad esempio sempre dalla Clava. Io sono convinto che già ai tempi il Marketing fosse vivo in prossimità.

Fonte: Blog.mobstac.com

La pubblicità locale, stradale, è di prossimità. I manifesti sono di prossimità. I cartelloni sono di prossimità. I depliant sono di prossimità. Le promozioni in store sono di prossimità. La radio locale è di prossimità. I volantini sono di prossimità. I biglietti da visita sono di prossimità. Il porta a porta è di prossimità. Le convention dei brand sono di prossimità. Gli eventi sono di prossimità. Erano di prossimità anche i segnali di luce, sonori ed emessi dall’uomo per attirare l’attenzione.

Il Proximity Marketing è solo un contenitore, un media di contenuti locali. Io me ne occupo dal 2006. Ne ho inciso un inizio con gli amici Pier Carlo Pozzati ed Andrey Golub a MilanIN nel 2007. E solo da un anno leggo tesi e trattati sul tema da parte di startupper e blogger. E comunque la pensiate sono convinto che anche in questo non stiamo inventando nulla ma stiamo solo vestendo con nuovi termini strumenti che hanno già visto molte primavere. Perché alla fine tutto torna al concetto di “buon senso”.

Il Marketing è buon senso ed il Proximity ne è una verticalizzazione precisa e decisa. Sviluppare il concetto di prossimità significa entrare in stretto contatto con l’utente, con il consumatore e con il cittadino

Il Proximity oggi può diventare l’antitesi dello spamming, del cartellone pubblicitario, dei biglietti da visita, dei volantini. Il Proximity può diventare il tuo tutor, il tuo assistente locale. Può arrivare a condizionare una azione, una scelta. Lo troverai sempre più vicino a te ed alle tue esigenze. Ed imparerà da te come suggerirti al meglio.

LUCA ZAMBRELLI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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