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Foia: Perchè la nuova legge sulla trasparenza così non può funzionare

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Tra le molte cose che destano preoccupazione, circa lo schema di decreto legislativo adottato lo scorso 20 gennaio dal Governo per introdurre il #Foia, e “trapelato” nei giorni scorsi, c’è la totale mancanza di seri meccanismi di enforcement del diritto di accesso alle informazioni (in questo caso, il diritto a conoscere le informazioni detenute dalle amministrazioni pubbliche).

Perché un diritto sia effettivamente goduto, non è sufficiente proclamarlo, ma occorre predisporre adeguati strumenti di tutela.

Nel caso di una disciplina Foia, e nel caso specifico di una sua introduzione nell’ordinamento italiano, questa esigenza è ancora più marcata. Vediamo perché.

Per quanto sin qui noto, la formulazione del decreto prevede, a fronte del diniego (o, peggio, del silenzio dell’amministrazione, che viene fatto equivalere ad un rifiuto), un unico strumento di tutela: il ricorso al giudice amministrativo.

Questa soluzione, apparentemente molto semplice e lineare appare sconsigliabile, per due ragioni.

In primo luogo, il giudice amministrativo non si è dimostrato, nel tempo, particolarmente sensibile alle esigenze della disclosure amministrativa. Tutt’altro. Rimettere a questo attore il compito (tutto intero) di definire in concreto i confini tra la regola (la conoscibilità) e le sue eccezioni (i limiti), rischia di far pendere l’ago della bilancia troppo a favore dell’interesse delle amministrazioni a restare celate agli occhi del cittadino. Inoltre, occorre considerare che le amministrazioni si troveranno ad applicare una disciplina del tutto nuova. Le uniche indicazioni operative verranno, in prima battuta, dalla giurisprudenza di venti (20!) TAR differenti: il rischio, qui, è quello della confusione e dell’incertezza. Con gli effetti che si possono immaginare, tutti a detrimento della trasparenza.

Foia enforcement: come fanno gli altri paesi

Non è un caso, dunque, se nei principali ordinamenti europei (Germania, Francia, Uk, Spagna) l’introduzione della disciplina Foia è stata sempre accompagnata dalla previsione di seri meccanismi di enforcement, a cominciare dal diritto di ricorrere ad un’autorità amministrativa centrale, indipendente dal Governo, e dotata della necessaria expertise, per vedersi riconoscere il diritto di accesso. I vantaggi di una soluzione analoga, nel caso italiano, sono evidenti. Il cittadino avrebbe a disposizione – in prima battuta – uno strumento di tutela più accessibile (perché meno oneroso ed impegnativo, rispetto al ricorso giurisdizionale).

D’altro canto, le amministrazioni dovrebbero da subito confrontarsi con le indicazioni formulate dall’autorità centrale titolare del potere di disclosure, con la conseguente, rapida maturazione di indirizzi applicativi univoci.

Infine, un’autorità centrale incaricata di promuovere la trasparenza assicurerebbe una interpretazione della disciplina più equilibrata, potendo gestire anche la fase di (eventuale, successivo) contenzioso davanti al giudice amministrativo.

L’Autorità nazionale anticorruzione, proprio in quanto autorità incaricata di promuovere la trasparenza delle pubbliche amministrazioni, appare il candidato naturale a svolgere questo ruolo, così come anche il soggetto più adatto a comminare eventuali sanzioni in capo alle amministrazioni inadempienti. E sarebbe sorprendente se, dopo aver puntato così fortemente su questo attore istituzionale, anche in relazione a compiti tutto sommato estranei al suo ruolo, il Governo decidesse di escludere l’Anac proprio quando si tratta garantire adeguatamente la trasparenza pubblica, disattendendo in questo modo una chiara indicazione della legge delega.

L’effettività del diritto alla trasparenza passa, dunque, dalla predisposizione di efficaci sistemi di enforcement del diritto di accesso promosso dal cittadino, di fronte ad una amministrazione recalcitrante. Anche sotto questo aspetto sarà possibile valutare gli effettivi intendimenti del Governo e del Parlamento, nel dare seguito alla promessa, più volte ribadita, di assicurare il più ampio livello di trasparenza alle amministrazioni pubbliche del nostro paese.

BENEDETTO PONTI

Docente di Diritto dell’informazione e Diritto dei media digitali presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Perugia

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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