A volte senti che manca qualcosa, altre volte un desiderio di cambiare lo status quo, di solito ti guardi attorno e ti chiedi perché le cose non sono diverse. Un giorno apri gli occhi e ti accorgi che è il momento di agire.
Non è un caso se venti persone arrivano a Reggio Emilia ai Musei Civici per scoprire il futuro del cibo. Persone che arrivano da Brasile, Messico, Stati Uniti, Canada, Zimbabwe, Congo, Kenya, Egitto, Italia, Inghilterra. Un gruppo multidisciplinare che vede il cibo da molteplici prospettive e ha come obiettivo lasciare un segno nel futuro. Assieme.
Credits: iftf.org
Il Food Innovation Program è questo e molto altro, è un programma centrato sul futuro, che affronta sfide che non hanno già una risposta, mettendo dalla stessa parte studenti, insegnanti, esperti, imprese, istituzioni, dove l’apprendimento è cooperativo e si impara a danzare con l’incertezza.
Perché l’innovazione parte dalle persone che la praticano.
Perché questo avvenga si devono verificare alcune condizioni, che nel nostro caso partono da lontano. In primo luogo devi trovarti in un luogo che ispira il cambiamento, poi devi incontrare le persone giuste, quelle con cui condividere un’avventura, infine devi mettere una buona dose di coraggio e di incoscienza.
Questa la ricetta dell’innovazione? Non so, sicuramente sono gli ingredienti per far partire il Food Innovation Program.
Ma andiamo con ordine, il territorio. Siamo in Emilia Romagna, Italia. Una terra di gente che lavora duro, gente di pianura e di montagna, gente che pensa che il futuro lo si costruisca con le proprie mani. A partire dalla terra, dall’agricoltura, dal cibo. In questa terra l’innovazione tecnologica parte dal cibo, si sviluppa nelle relazioni e si esprime nel mondo.
Questo è l’humus dove centinaia di innovatori, artigiani contadini, hanno sperimentato e creato nuovi strumenti, nuove macchine per rendere il lavoro più produttivo, il tempo meno avaro e il risultato di maggiore qualità. Qui da noi, non si parla di problemi, ma di soluzioni.
Diceva mio nonno, agricoltore, non venire a lamentarti di un problema se non hai già pensato alla soluzione. Qui da noi, le prime macchine automatiche sono state pensate per la mortadella e per i tortellini, i trattori e l’industria per l’agricoltura hanno dato vita alle eccellenze delle automobili. In questo territorio, c’è la presenza di ogni settore produttivo, una sorta di tecnodiversità che si accoppia alla biodiversità delle produzioni del settore primario con il più alto numero di prodotti DOP e IGP d’Italia.
Questo è il territorio giusto per la food innovation, per accoppiare la tecnologia al cibo e per affrontare le sfide del futuro.
Poi le persone, quelle giuste, quelle che se le incontri in un bar o al ristorante (proprio dove si parla di innovazione e di progetti) decidi che qualcosa assieme lo devi fare.
Quelle persone ci sono, e hanno un nome e un cognome. Questo progetto, come forse ogni progetto, parte da una conversazione, anzi due. Sara Roversi, imprenditrice, vulcano di idee e di capacità di realizzarle si batte per l’idea che l’Italia debba avere un ruolo di guida e di leadership nella Food Innovation e che questo ruolo vada costruito a partire dall’educazione. Così nasce il Food Innovation Program, master internazionale dedicato a chi vuole avere un ruolo nel futuro del pianeta a partire dal cibo, dalla produzione al consumo. Francesco Bombardi, architetto delle idee e artigiano digitale, che sa che senza una casa ogni progetto rimane immateriale, intangibile e che per la Food Innovation una casa non c’è, e dobbiamo costruirla. Così nasce Officucina, che è la sintesi tra officina e cucina, perché l’innovazione è tecnologia e uomo, è macchina e prodotto, è bit e atomi.
Infine il coraggio, quello che ti serve di fronte alle imprese impossibili. Costruire un nuovo programma internazionale in un luogo che non esiste in sei mesi? Impossibile.Necessario, dicevamo noi, un gruppo che è cresciuto lungo la strada, dall’Emilia Romagna alla Silicon Valley, che è diventato una moltitudine che ha coinvolto persone, organizzazioni, istituzioni e infine gli studenti.
E’ l’anno di Expo, è la nostra occasione per avere un ruolo, per poter dire la nostra, per catalizzare le energie sul nostro futuro, per coinvolgere, per crescere, per desiderare, per essere. È il momento, perché altrimenti non è mai il momento, perché è sempre troppo tardi, perché c’è sempre un motivo se decidi di non fare.
A volte ci sono momenti in cui devi decidere di fare, devi alzarti la mattina e decidere di agire, devi pensare che il domani sarà meglio di oggi e che troverai tante persone che la pensano come te lungo la strada.
Ecco, se ti senti così, e vuoi condividere questo percorso con noi, oggi è il giorno giusto perché apriamo un posto che prima non c’era e quel posto è anche il tuo.