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Francesca Luciano: Come è nata l’avventura di Mediterranean FabLab

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Quella del Mediterranean FabLab è la storia di una scelta.

Una scommessa che un gruppo di giovani professionisti di una cittadina alle porte della Costa Amalfitana, si è trovata a fare nei confronti dell’Italia, del sud e nei confronti del loro futuro.Una scommessa alla quale ho deciso di prendere parte anch’io, nonostante non fossi a conoscenza ancora del mondo dei makers e delle officine dell’artigianato 2.0.Questa storia vale la pena raccontarla, non tanto per noi, quanto per tutti coloro che, in questo momento storico, stanno pensando di mettere su un laboratorio come il nostro, una startup, una semplice gelateria, o qualsiasi altra iniziativa che li leghi al territorio in cui si muovono e che, come per il nostro caso, li ponga davanti ad una scelta.

Il Mediterranean FabLab, nasce a Cava de’ Tirreni (Sa), ufficialmente lo scorso ottobre, ospitato dalla Mediateca MARTE, in un antico palazzo del ’700, dove, oggi, al terzo piano trovano spazio le macchine per la fabbricazione digitale, una sala formazione, tanta creatività e voglia di fare. Ufficiosamente, però, il nostro laboratorio era già nato due anni prima, in una caotica stanza di uno studio di ingegneri ed architetti.

Inizialmente, lo confesso, la strada è stata più in salita di quanto credessimo! Non subito si sono verificate le condizioni che ci hanno permesso di trovare la sede adatta e le economie per l’acquisto delle macchine. Il primo anno è trascorso velocissimo, tra i mille incontri con Istituzioni, Enti e privati che del FabLab, credetemi, ne sapevamo molto meno di noi e, soprattutto, non riuscivano a capire a cosa potesse servire uno spazio del genere!L’unica cosa di cui disponevamo e sulla quale eravamo certi di poter contare, erano le conoscenze e le competenze acquisite dal nostro gruppo, durante gli anni di formazione in giro per il mondo.Così, proprio da lì, siamo partiti.

Abbiamo organizzando i primi workshop sulla fabbricazione digitale. La formazione resta sempre uno dei modi più efficaci, per permettere alle persone di capire e di conoscere, e, diciamolo pure, per racimolare le prime economie!

Una Vinil Cutter nera KNK, comprata dal Canada. La nostra prima macchina. Grazie ad essa abbiamo organizzato altri workshop, durante i quali noi per primi ci siamo misurati con nuovi approcci al design e alla formazione, comprendendone le innovative potenzialità. E, soprattutto, con questi corsi siamo riusciti ad acquistare altre macchine per il nostro laboratorio di fabbricazione digitale. Intanto, però, cercavamo di creare interesse intorno a questa realtà, coinvolgendo Enti, privati e organizzazioni potenzialmente interessate. Ore di conversazioni, adrenalina a suon di caffè napoletano…il tutto per raccontare e spiegare le potenzialità che i FabLab sono in grado di offrire.Proprio durante uno di questi seminari, abbiamo conosciuto il nostro primo partner, Tekla srl, un’azienda che, per entusiasmo ed intuito, ha subito colto le potenzialità di questo spazio, decidendo di investire per il nostro laboratorio, sia economicamente, che in concessione di macchine.

A questa esperienza di partnership ne sono seguite altre, grazie alle quali ci siamo potuti permettere quel parco macchine, alcune comprate, altre autocostruite, che si adeguasse agli standard fissati dal MIT di Boston.È stato un momento, questo, che ricordo con precisione. La strada ad un tratto mi è sembrata meno in salita, o forse eravamo noi ad avere i muscoli più forti per affrontare l’arrampicata? Così, fiduciosi nelle macchine e nei primi pezzi usciti da un fab lab non ancora formato, ci siamo rimessi alla ricerca di una struttura che fosse adatta ad ospitare la nostra sede. Alla fine l’abbiamo trovata.

Ma prima di questa, ancora una volta, abbiamo trovato persone pronte ad accogliere la nostra iniziativa con slancio di fiducia e condivisione di intenti.

C’è da dire, però, che il Mediterranean fablab lavora all’interno di un’Accademia di Architettura Mediterranea, la Medaarch, che, declinandone il suo utilizzo, verso l’architettura ed il design, rende il laboratorio più appetibile per studenti e professionisti di queste discipline.

Una volta formalizzato il laboratorio come associazione, abbiamo lanciato corsi della durata di una giornata, che potessero avvicinare alla realtà dei fablab e dei makers un pubblico diffuso: dagli studenti, ai professionisti, agli utenti del nostro territorio. Sono partiti mini corsi, completamente gratuiti, su differenti temi che andavano dalla realizzazione di gioielli in polipropilene, alla personalizzazione degli addobbi natalizi, dai seminari rivolti alle scuole, a quelli per gli smanettoni di Arduino.

E’ vero che alla fine di ogni appuntamento, le nostre tasche restavano vuote, però pian piano tra i partecipanti cominciavano a crescere i nostri primi associati. E così è andata: pian piano il laboratorio ha cominciato a essere frequentato dai makers, dagli studenti d’architettura che avevano bisogno di montare un plastico d’esame, alla casalinga di turno, che voleva personalizzare la testiera del proprio letto. Da un lato, se queste attività ci “portavano via” del tempo utile per condurre ricerche all’interno del laboratorio, dall’altro lato lo impreziosivano di incontri con gli utenti del nostro territorio. E, credetemi, vedere tanti cittadini avvicinarsi a questa realtà, comprenderla e volerla vivere, ha significato per noi un’importante risposta, il segnale che stavamo andando nella direzione giusta.È fondamentale, inoltre, non tralasciare l’aspetto della formazione al pubblico, sia per un minimo ritorno economico che copra le spese, ma soprattutto perché i fablab nasconocome open spaces, con l’intento di avvicinare anche i non addetti al settore.Quindi con un occhio attento al territorio e l’altro puntato verso una formazione specializzata, abbiamo stilato un programma di 6 workshop, rivolto ad un pubblico mirato e tenuto da docenti di fama internazionale, tra cui Andrea Graziano e Alessio Erioli (per la parte di design computazionale), Miguel Mesa de Castillo Alex Giordano (mapping ed etnografia), Massimo Menichinelli (peer to peer design) e Johannes Braumann (Robot in architecture).

Non tutti i workshop che avevamo programmato, purtroppo sono riusciti a partire, e in quei casi li abbiamo lasciati in stand by, in attesa di poterli riproporre, con un numero di partecipanti adeguato.

Lo ammetto, non essere riusciti a realizzare tutti i workshop programmati, a causa del ridotto numero di iscritti, lo abbiamo vissuto un po’ come un fallimento, un ostacolo incontrato sulla “nostra” strada in salita.Ma dal fallimento nasce sempre un’opportunità di miglioramento, per cui noi non ci arrendiamo e continueremo ad organizzare questi corsi, convinti che siano delle possibilità formative di alto profilo. Non siamo ancora riusciti a trovare la quadratura del cerchio e ci sarà bisogno di tanto lavoro, ma sono sicura che, alla fine, porterà i suoi frutti.

La qualità premia, sempre. Bisogna solo non avere fretta.

Di contraltare, c’è da dire che il lavoro fatto sul territorio e quello veicolato sul web, hanno prodotto due importanti risultati, uno di carattere strettamente locale, l’altro internazionale. Per quel che concerne il carattere locale, siamo stati contattati da due aziende del territorio, per portare avanti un laboratorio sull’innovazione dei loro prodotti e dei processi produttivi. Con una di queste due aziende, la prima a credere in noi, abbiamo già organizzato 2 workshop, coinvolgendo sia dipendenti interni all’azienda stessa, sia professionisti, che ad essa si rivolgono.

Proprio da qui, attraverso l’incentivo del Bando Proposto dal Miur, è nata l’idea di progettare e realizzare prototipi di arredo per esterni “smart”, un progetto che siamo intenzionati a portare avanti, anche se non dovessimo avere il finanziamento. Porteremo, comunque, alla luce questi prodotti!

Con l’altra azienda partners, la CRTS, ed insieme ad alcuni makers che frequentano il Mediterranean fab lab, invece, abbiamo già realizzato una linea di arredo in cartone ondulato, che propone un design dalle forme sinuose con la formula del busines to business.

Sull’onda del cartone,è nato anche il contest dal nome perentorio “Don’t dream it, make it!” presentato a Firenze durante lo scorso Digital Makers. Si tratta di un concorso internazionale che offre ai designer e ai makers, la possibilità di seguire tutto l’iter della fabbricazione, dall’idea all’oggetto realizzato. I partecipanti avranno a disposizione formazione e materiale gratis, per potersi esprimere al meglio!

Un’altra soddisfazione che abbiamo avuto, ha riguardato l’interesse alla nostra realtà, da parte dell’Amministrazione locale, la quale utilizzando un progetto della Regione Campania, che metteva a disposizione fondi per una formazione artigianale di alto profilo, ci ha chiesto di tenere dei corsi per incubare 12 categorie artigianali che lavorassero con macchine a controllo numerico, per la realizzazione concreta di un artigianato 2.0.Noi, nonostante il grande entusiasmo e l’impegno che stiamo profondendo per questo lavoro, teniamo, comunque, ancora le dita incrociate, perché, si sa, non è facile gestire la “cosa pubblica” in questo Paese e di questi tempi, ma siamo fiduciosi. E poi il tempo ci darà ragione.

Sul piano internazionale, invece, siamo stati chiamati ad Atene e a Madrid, per tenere un workshop sulla fabbricazione digitale e sul design computazionale. Un evento che ci ha sorpresi, e non poco!Essere chiamati all’estero, per tenere workshop simili a quelli che organizziamo qui a Cava de’ Tirreni con docenti di calibro internazionale, ci ha dato anche da pensare su quanto ancora c’è da divulgare e lavorare su queste tematiche, in Italia. A giugno, invece, avvieremo la 4a edizione di “Digital Med summer school”, incentrata sulle smart cities. Un evento che ci entusiasma moltissimo poiché, durante quell’occasione, inaugureremo il primo RhinoFabLab Italia, propostoci da Andres Gonzales, responsabile della casa madre di Rhinoceros 3d.

Spero di non avervi annoiato troppo con la nostra storia.Io adesso mi occupo delle pubbliche relazioni del Mediterranean FabLab, e vi confesso che faccio davvero molta fatica ad attirare l’attenzione dei media nazionali. Sarà perché ci hanno sempre raccontato l’idea di un sud sfaccendato, arretrato? Sarà perché quando si propongono storie che partono da una piccola provincia, il racconto diventa “provinciale”, adatto a testate locali?

Ancora non so quale risposta dare a queste domande, ma a una cosa credo fermamente: è importante far conoscere la vivacità di questa cittadina di 57.000 abitanti, alle porte della Costa d’Amalfi, e come di essa, anche di tutti quei piccoli centri, dove accadono cose che contribuiscono a cambiare le dinamiche economiche, politiche e sociali della nostra realtà.Non è ancora chiaro Chefuturo! ci aspetti, ma almeno ce lo stiamo costruendo, o meglio fabbricando!

Non so nemmeno se quella scommessa, che ci ha portati fin qui, l’abbiamo vinta, ma so di certo che ce la stiamo giocando ancora e continueremo a farlo, finchè sul banco ci sarà qualcosa di prezioso, come la possibilità di fare per migliorare e innovare.Anche se in piccolo, noi ci proviamo.

Cava de’ Tirreni, 9 maggio 2013

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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