Un paio di settimane fa ho visto una puntata di una serie Americana che devo ammettere mi ha piacevolmente stupito. Questa puntata mi ha ricordato e ispirato rispetto ad un concetto prettamente statunitense e spesso abusato, ma da cui noi Italiani dell’innovazione ( sia questa digitale, sociale, o politico/economica) dovremmo prendere spunto, o almeno dovremmo tornare a prendere spunto.
Il Grande Folle. Si tratta del “Grande Folle” ovvero dello step successivo al cosiddetto “sogno americano” che tutti noi conosciamo bene. Il “sogno americano” parte da 2 concetti base ovvero “outsider” e “Self-Made Man”: da una parte il fatto che negli USA un uomo con il proprio duro lavoro avrà sempre l’occasione di diventare qualcuno e avere successo, dall’altra la “glorificazione” del cosiddetto sfavorito, colui che riesce a vincere le sfide della propria vita per quanto tutti i pronostici fossero contrari.
La storia e la “mitologia” urbana degli USA è ricchissima di storie di successo legate al “sogno americano” e solitamente a noi italiani bastano quelle per avere un obbiettivo di vita, già soltanto immaginare di vivere in un paese dove per il successo sono sufficienti: merito, duro lavoro, e forza di volontà, ci sembra una sorta di “eden” sociale e politico.
Ma io sono convinto che quando parliamo d’innovazione (in particolare tecnologica/sociale) noi tutti dovremmo perseguire lo step successivo quel del “Grande Folle”, e per quanto sia abbastanza chiaro il concetto, io vorrei fare il mio personalissimo punto al riguardo.
Non si tratta semplicemente di un visionario con capacità tecniche e professionali in grado di “prevedere” e “plasmare” il futuro dell’innovazione, si tratta della massima sintesi dei concetti fin’ora elencati; spesso il “Grande Folle” è un outsider qualcuno che già prima delle proprie “visioni” sul futuro sarebbe stato considerato fuori dal novero dei cosiddetti “vincenti”.
Si tratta di un “Self-Made Man” in quanto la fiducia nelle proprie capacità, la perseveranza nel proprio lavoro e la costante ricerca del miglioramento personale sono gli unici metodI che possono portare un outsider ad aver successo; e ovviamente è un “visionario” una persona “Folle” fermamente convinta che la propria visione sul futuro sia una visione realistica e perseguibile, una persona che non teme l’insuccesso ma che non vuole essere ricordato per gli insuccessi e quindi cerca di superarli con idee ancora migliori.
Sono fortemente convinto che il nostro paese, il nostro sistema d’innovazione, debba cercare, trovare, valorizzare, e poi sostenere quanti più “grandi folli” sia possibile.
Abbiamo bisogno di una rottura epocale al riguardo, credo che sia tempo perso cercare questi “grandi folli” tra i politici per due motivi opposti, da una parte perché troppo spesso il potere logora, e dall’altra perché i politici dovrebbero essere lo specchio della società civile italiana, e se non abbiamo “grandi folli” in questa è improbabile trovarli nella politica.
Eppure quanti più “grandi folli” dell’innovazione tecnologica/sociale riusciremmo a valorizzare e tanto più il “sistema Italia” migliorerebbe, le banche tornerebbero ad investire nelle idee e nelle imprese senza arrivare a richieste ridicole come “ ci porti la pensione dei suoi genitori a garanzia“ la politica ne gioverebbe perché dovrebbe “ob torto collo” diventare specchio di una società civile sana propositiva, la scuola troverebbe la sua centralità una volta compreso e condiviso il valore dei “grandi folli” ( e anche dei loro insuccessi).
Ma ne siamo capaci? Questo è il più grosso dubbio che ho e probabilmente non sono il solo. La nostra Storia è ricca di gravi mancanze nei riguardi dei “grandi folli” soprattutto nell’ambito dell’innovazione, basta ricordare l’ormai mitologico triplice “non servirà a nulla” pronunciato in momenti diversi a “grandi folli” diversi, ma sempre ad Ivrea e sempre nell’orbita “mondo Olivetti”:
- il primo NO negli anni ’60 detto agli ingegneri che realizzarono il primo pc.
- il secondo NO inizio anni ’80 detto agli ingegneri che volevano valorizzare i Pc collegandoli ad internet.
- il terzo NO detto a Matteo Banzi quando Arduino era agli albori.
Dall’altra parte alcuni “grandi folli” hanno avuto un ruolo basilare per tutti noi, penso ad Enzo Ferrari, penso a Camillo e Adriano Olivetti, ma soprattutto penso al FunkyProfessor! Sono fermamente convinto che senza Marco Zamperini tutta l’italica storia del Web dal 1995 ad oggi sarebbe profondamente diversa.
Sia chiaro non sono così ingenuo da credere che non avremmo avuto il web o tanto meno da credere che oggi noi siamo all’avanguardia nel mondo del web, del digitale o dell’innovazione. Ma sono profondamente convinto che per molti, troppi anni, avremmo avuto un rapporto col web “istituzionale”, “ingessato”; sono convinto che la divulgazione da parte di grandi giornalisti e direttori (uno in particolare che Marco Zamperini chiamava “il mio direttore”) sarebbe stato “meno empatica”, sono fortemente convinto che la generazione dei “nativi digitali” sarebbe stata manchevole delle fantastiche figlie di Marco.
I grandi Folli e il FunkyPrize
Certo scovare oggi uno o più “grandi folli” nel panorama dell’innovazione Italiana, non è semplice, perché anche coloro che hanno le potenzialità devono scontrarsi con il “sistema Italia” che alimenta la “fuga dei cervelli” che preferisce “la garanzia delle pensioni dei genitori”, che è impantanata nella politica del “vorrei….ma non posso”; eppure grazie al funky Professor esiste la consapevolezza di una “foresta” esiste l’atteggiamento empatico verso l’innovazione, esiste la voglia di osservare e cercare, ecco perché credo che il funkyprize sia l’occasione per iniziare questa lunga strada nel trovare i nostri futuri “grandi folli”, molti falliranno, molti non saranno in grado di reggere le aspettative, ma solo così potremo trovare coloro che lo sono e sperare che ci aiutino a cambiare l’innovazione tecnologica/sociale del nostro paese.
Ps. Mi scuso con tutti coloro che forse ritengono di essere dei “grandi folli” e che non ho nominato in questo pezzo, e per quanto io non sia considerato un’autorità in questo campo, mi auguro che il non essere stati nominati da me diventi uno sprone, uno stimolo a dimostrarmi che non conosco e capisco nulla di “grandi folli” spero tra qualche tempo sarò costretto ad un “mea culpa” pubblico, perché avevamo “un grande folle” e io in questo pezzo non l’ho nominato.
05 giugno 2014OSCAR BADOINO