Gattinoni, imperativo del fashion: salvare la terra

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Pletorico, elegiaco, teatrale? Tra i defilé d’Alta Roma Alta Moda, quello di Guillermo Mariotto è stato, senza dubbio, il più ricco di contenuti “altri”, ed è così che ci ha abituati, in tutte le stagioni, ad ogni suo revue in passerella. Questa volta, il messaggio sembra voler ricalcare l’aforisma di Dostoevskij: La bellezza salverà il mondo; uno spettacolo e un monito, salvare la natura, la terra, l’ambiente, adottando nuovi stili di vita.

Nelle proposte d’alta moda P/E 2011, protagonista è la Terra. I viaggi di Mariotto – direttore della Maison Gattinoni, stilista e creativo fra i più dinamici del panorama italiano – non si sono rivelati soltanto come un’inesauribile fonte d’ispirazione, ma l’hanno reso anche estremamente sensibile ai temi ecologici e al problema legato allo sfruttamento delle risorse sul nostro pianeta.

Prima che algide modelle iniziassero a sfilare, una proiezione 3D ha riempito la sala d’immagini della Terra vista dal satellite. Ma, a sorpresa, il “pianeta azzurro” è apparso inesorabilmente offuscato dalle polveri ed emissioni che lo stanno avvelenando. In questo scenario lo spettacolo aveva lo scopo di suggerire quello che potrebbe diventare l’adattamento, per non dire la rassegnazione, di strane creature molto vicine ai replicanti di “Blade Runner”.

Queste avanzavano a passo di defilé nei loro abiti corti, dritti, di un bianco totale o macchiati di nero e fumé, raffinati nelle paillettes e nelle architetture metropolitane decorate sui tessuti. Perfettamente a loro agio nelle metropoli e nello smog, nel lusso che è uguale dovunque, a Dubai, come a Tokio, a Rio de Janeiro come a Shanghai.

Poi, rappresentando il momento in cui la natura ha iniziato a risorgere, la musica di sottofondo è diventata più dolce e le ragazze sembravano sbocciare come petali di fiori; nella leggerezza d’organze e chiffon, di lunghi scialli-gilet, anche i colori erano orientati ad una primavera di “forze rigeneratrici”: rosa albicocca, verde malva, bianco candido. Abiti che ritornano ai plissé, ai tagli trasversali, alle trasparenze. Quasi tutte le modelle “indossavano” pochette d’oro o argento guarnite di manici zoomorfi e rami di corallo rosa.

Qui, la suggestione è salita al massimo, con uno spettacolo di giochi sugli eterni contrasti, chiaro/scuro, luce/tenebra, la metropoli con i suoi grigi “urban landscapes”, il paesaggio idilliaco nel ricordo di una natura profanata. Prima che si presentasse in scena Francesca Testasecca, fasciata dai colori della nostra bandiera, con il dito indice sulle labbra, come a voler dire basta alle polemiche sulle dispute mai sopite intorno ai valori del Risorgimento, è riapparsa la magnifica creatura “metropolitana”, sinuosa, dal passo felino, bellissima in total black.

Ancora la Terra e le sue catastrofi, poi il rinnovamento, l’epifania di una (possibile) nuova era; quindi il total white, con colori chiari, tersi, luminosi e le agguerrite guerriere della rinascita, in pizzo e macramè.

Emblematica la definizione di Guillermo Mariotto per la sua ultima “opera”: « Noi non siamo altro che testimoni di un vissuto, come Caravaggio con i suoi quadri, anche noi dipingiamo la vita in un abito». A queste parole, potrebbe seguire un altro aforisma, questa volta di Eleanor Roosevelt: «…E il futuro appartiene a coloro che credono alla bellezza dei propri sogni».

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Scritto da luxu

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