Gestione dei rifiuti? Basterebbe un’app con controllo automatico

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Il “complotto dei frigoriferi” è stato l’ultimo caso in ordine di tempo ad aver attirato l’attenzione sulla questione dei rifiuti a Roma. La sindaca Virginia Raggi in un’intervista a Repubblica ha parlato di «una strana concentrazione di frigoriferi per le strade della capitale». Ma al di là dei risvolti più o meno fantasiosi di questa vicenda, il problema della gestione del ciclo dei rifiuti a Roma esiste. Qualche metodo per far funzionare meglio il sistema, però, ci sarebbe. All’estero, come in Italia. E secondo alcuni la chiave sta nell’esercitare un controllo di qualità sul servizio. A esserne convinto è l’ingegner Antonio Canale che dal 2000 lavora nel settore ambientale e che di Ama è stato anche consulente.

La gestione dei rifiuti all’estero

Quando nel 2000 il dottor Canale comincia ad occuparsi di ambiente, propone all’Ama di Roma di partecipare a una gara internazionale per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti di una delle quattro aree in cui è divisa la capitale egiziana, Il Cairo.

Dalla raccolta allo spazzamento, al riciclo, al trattamento, al conferimento in discarica. La gara viene vinta e così lui diventa direttore generale dell’Ama Arab Environment company che ancora oggi serve la metà della popolazione del Cairo, anche se la holding è passata nel 2007 a un altro gruppo privato italiano. Dal 2008 al 2011 Antonio Canale si occupa di un contratto Ama International in Bahrein. Poi chiude la sua esperienza con la società e si dedica all’attività di consulenza per conto di altre aziende ad Abu Dhabi e in Arabia Saudita. La sua esperienza all’estero, dentro e fuori Ama, lo porta, però, ad avere ben chiaro ciò che manca all’azienda dei rifiuti romani: «In Ama ci sono grandissime professionalità e competenze.

Quello che manca è un sistema efficiente che vigili su chi fa fisicamente la raccolta, riportando al Comune anomalie e permettendo eventuali provvedimenti».

Il modello Birmingham

Il sistema di cui parla l’ingegner Canale è attivo già in diverse città del mondo. Ma l’esempio più lampante è Birmingham: «Ogni mattina nella città inglese il Comune ha degli ispettori analoghi agli ausiliari del traffico. Sono dotati di un computer grazie al quale segnalano all’azienda i punti della città in cui ci sono delle criticità. La stessa cosa accade con le segnalazioni dei cittadini o di chiunque noti qualcosa che non va. Viene indicato un tempo entro il quale l’azienda è obbligata a risolvere il problema. E se non vengono rispettati i termini fissati, scatta una sanzione che culmina nel blocco del pagamento del servizio da parte del committente», spiega Canale.

È un sistema automatico che, andando ad incidere sulla questione economica, spinge le aziende ad essere molto attente nel loro lavoro.

Questo perché esiste un contratto tra l’azienda e il Comune che è il committente. All’ente pubblico spetta controllare che il contratto venga rispettato e che il servizio venga espletato nel migliore dei modi possibili per evitare di spendere soldi a vuoto. Certo nemmeno ad Ama mancano segnalazioni di questo tipo, ma non si innesca un meccanismo sanzionatorio automatico in grado di stimolare la risoluzione rapida della criticità.

Una sola società per una città enorme

A Roma, infatti, tutto questo sembra ancora un’utopia. Certamente non perché all’Ama mancano i mezzi: l’azienda romana è la più grande in Europa, dispone di 1500 operatori ecologici, ha un parco mezzi di notevoli dimensioni e quattro garage nelle varie zone della città. Non sempre, però, i grandi numeri bastano. Uno dei problemi principali che ha la capitale italiana rispetto ad altri esempi europei è il fatto di aver affidato la gestione dei rifiuti a una sola società: «In altre capitali come Parigi e Madrid si affida la gestione dei rifuti nei vari settori della città a diversi contractor, vincitori dell’appalto. In questo modo si stimola la concorrenza, si fanno abbassare i costi e si aiuta a far crescere la qualità del servizio», precisa Canale. E soprattutto, aggiunge l’ingegnere, manca la messa in pratica delle più moderne tecnologie del riciclo che sono sicuramente note ai tecnici di Ama, ma che per motivi di gestione non trovano applicazione. Eppure in Italia siamo all’avanguardia in questo senso. Basta farsi un giro alla fiera Ecomondo di Rimini per avere un’idea. E guardare alle città medio piccole del nord dove la raccolta differenziata è al 70% e il servizio funziona in modo sensibilmente migliore.

LARA MARTINO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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