I numeri del digital divide italiano raramente mettono d’accordo l’opinione pubblica, tantomeno gli esperti, ma se smettiamo di “dividerci” in fazioni e proviamo ad analizzarli, possiamo identificare fenomeni e comportamenti in grado di individuare i problemi e forse abbozzare le soluzioni che servono.
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Noi siamo partiti dai dati del rapporto di ricerca “[email protected] 2014. L’uso di Internet da parte di cittadini e imprese”, a cura e Istat e Fondazione Ugo Bordoni. Il rapporto cerca di fornire risposte ad alcuni interrogativi molto generali:
– In che modo Internet sta innervando il tessuto sociale ed economico del Paese?
– Come reagisce il corpo sociale (persone, famiglie, imprese, organizzazioni) alle sollecitazioni dell’ecosistema Internet?
– Di che natura è il digital divide o i diversi digital divide che si osservano in segmenti specifici del tessuto socio-economico italiano?
Rimandando al Report di ricerca la ricognizione puntuale dei differenti aspetti trattati, abbiamo provato ad argomentare tre aspetti che risultano particolarmente importanti:
– la natura dei digital divide;
– le differenti modalità di uso della rete da parte dei giovani e meno giovani;
– la maggior marginalità sociale dei non utenti della Rete.
1. La natura dei digital divide in Italia
La Digital Agenda Scoreboard (2015) stima che il 98% delle famiglie italiane ha la possibilità di accedere a Internet per servizi fino a 2 Mbit/s di tipo DSL e HSPA (3G). Permane, in maniera rilevante, un digital divide cosiddetto «di seconda generazione», riguardante le tecnologie di connessione a più alta velocità, come si evince dai dati di copertura di VDSL e FTTP, da un lato ed LTE dall’altro. Tuttavia, anche alla luce dei servizi attualmente disponibili online, il mancato utilizzo di Internet da parte di settori ampi della popolazione (il 36% degli italiani non usa Internet), non sembra dovuto a una valutazione di scarsa performance delle reti.
Ma da quali variabili dipende l’uso di Internet?
Sicuramente da molte variabili: disponibilità della connessione, costo, età, sesso, condizione occupazione, reddito, regione o densità demografica del comune di residenza, ecc.
L’analisi statistica, utilizzando la tecnica della regressione logistica, mostra che l’età è la variabile di gran lunga più importante nello spiegare l’uso elevato di Internet, seguita dal titolo di studio e dalla condizione professionale (attivo, studente, pensionato, casalinga ecc.). Tutte le altre variabili, comprese quindi quelle di natura tecnologica (disponibilità e tipologia di connessione) svolgono un ruolo molto minore a parità di condizione.
È l’età dunque che segna un solco profondo fra chi usa e non usa la rete;
Sono poi le variabili più propriamente culturali, come il titolo di studio e la condizione e posizione professionale, a creare solchi successivi nei differenti segmenti della popolazione italiana, anche all’interno delle classi di età più giovane. Dopo i 34 anni l’uso di Internet diminuisce al decrescere dell’età per poi precipitare dopo i 55 anni.
Ed è questo il digital divide di natura anagrafica.
Grafico 1 – Persone di 6 anni e più che usano Internet almeno una volta a settimana per classe di età. Anno 2014 (valori percentuali)
L’analisi condotta per classi età fa poi emergere ulteriori digital divide con riferimento proprio al titolo di studio e alla condizione professionale: l’entrata nei circuiti formativi e lavorativi, soprattutto a partire dai 35 anni, fa aumentare fortemente la probabilità di adozione all’interno di ciascuna delle classi di età in cui può essere suddivisa la popolazione italiana. Sono questi i digital divide di natura culturale.Se poi consideriamo le variabili successive, avremo, ma con un’importanza decisamente minore, un digital divide di natura territoriale, di natura economica, di natura tecnologica.
2. Diversi modelli di fruizione della rete
Si parla spesso di differenza antropologica fra le classi di età più giovane e quelle meno giovani; i primi, nati con la Rete, i secondi, gli immigrati digitali, che con la Rete hanno dovuto fare i conti.
Grafico 2 – Persone che usano Internet almeno una volta a settimana per tipologia di attività svolta online per classe di età. Anno 2014 (punti percentuali di differenza rispetto alla media complessiva)
Il grafico 2 riporta le attività svolte online da parte degli utenti di Internet divisi in tre differenti classi di età. Emergono due principali classi di uso legate all’età:– da un lato i giovani (11-34 anni) per i quali risultano prevalenti le attività di tipo comunicativo, di tipo “virtuale”: sono attività “nuove”, nate con la rete (l’uso di Facebook, Instagram, YouTube, Twitter fa parte della loro esperienza quotidiana);– dall’altro i meno giovani (dai 35 anni in poi) che utilizzano la rete prevalentemente come “sostituto” di attività tradizionali (cercare informazioni online, utilizzare servizi bancari, prenotare biglietti, utilizzare laposta elettronica, scaricare moduli della PA).
Insomma: da un lato ci sono i giovani che sono nati e cresciuti con la Rete, dall’altro i meno giovani e gli anziani, gli immigrati digitali, gli utenti sporadici fino agli esclusi dalla rete.
Una tale differenza si risconta probabilmente in tutti i contesti sociali dove sono presenti giovani e adulti: la famiglia, la scuola, il lavoro, i luoghi della partecipazione politica e sociale: è il digital divide di carattere antropologico. Questo aspetto dovrebbe essere attentamente considerato quando si progettano sistemi e servizi destinati all’utenza finale.
Il caso della scuola è emblematico.
Grafico 3 – Persone che usano Internet almeno una volta a settimana per tipologia di attività svolta online per classe di età. Anno 2014 (punti percentuali di differenza rispetto alla media complessiva)
L’analisi condotta su due gruppi (gli studenti di 14-17 anni; gli occupati diplomati e laureati del Settore istruzione) conferma che gli studenti si rapportano alla Rete in modo diverso rispetto agli operatori del settore istruzione, prevalentemente docenti.
In più, i ragazzi mostrano un grado elevato di competenze digitali (sia informatiche sia Internet) spesso superiori a quelle del corpo docente. Come utilizzare al meglio queste diversità “strutturali” dei due mondi? Ridurre il tutto a una questione di disponibilità tecnologica sembra riduttivo. Forse andrebbe riconosciuto che, se da un lato un’aula scolastica non può competere con la rete in termini di informazioni e conoscenze disponibili, dall’altro può offrire quello che la rete non è in grado di offrire (o che può offrire con maggior difficoltà) e cioè la riflessione sulle conoscenze acquisite. Ed è a partire da queste semplici considerazioni che andrebbe riprogettata l’intera esperienza formativa.
3. La marginalità sociale dei non utenti della Rete
L’incrocio fra l’uso e il non uso di Internet con le variabili socio-culturali produce risultati interessanti.
Nel grafico sotto è riportata la frequenza di attività socioculturali svolte, rispettivamente dagli utenti e dai non utenti, quali:
Grafico 4 -Persone di 19 anni e più per uso di Internet e principali variabili socio-culturali. Anno 2014 (valori percentuali)
– essere andato (negli ultimi 12 mesi) almeno una volta al cinema, a teatro, in discoteca, a vedere concerti di musica classica o di altro tipo, a visitare monumenti o musei, ad assistere a eventi sportivi;
– aver letto almeno un libro all’anno o un quotidiano almeno una volta a settimana), aver parlato di politica almeno una volta al mese e, infine, il giudizio sulla propria situazione personale nel futuro (prossimi cinque anni).
Nel complesso, gli utenti di Internet mostrano una frequenza nettamente superiore di attività socio-culturali rispetto ai non utenti.
L’attività in cui si riscontra la differenza più significativa, quasi 50 punti percentuali, è recarsi al cinema. Essa viene svolta dal 65,9% degli utenti Internet adulti a fronte del 16,8% dei non utenti. Seguono la lettura di libri, svolta dal 56,3% degli utenti a fronte del 21,8% dei non utenti, per una distanza di 34,5 punti percentuali, e visitare musei e mostre (40,2% degli utenti e 9,2% dei non utenti). I non utenti, inoltre, parlano molto meno di politica (quasi 26 punti in meno) e solo l’11% di essi ritiene che nei prossimi 5 anni la loro situazione personale migliorerà a fronte del 37% fra gli utenti della Rete (-26 punti). Da notare come molte attività restino sotto la quota del 10% dei non utenti: recarsi a concerti di altro tipo (5,5%), andare in discoteca (5,7%), visitare monumenti e siti archeologici (7,3%), andare a teatro (7,7%) e recarsi a manifestazione sportive (9,5%), oltre, come abbiamo già detto, visitare musei o mostre e recarsi a concerti di musica classica.
L’aspetto ancora più interessante è che le stesse distanze si riscontrano anche all’interno delle stesse classi di età (grafico 5).
Grafico 5 – Persone di 19 anni e più per uso di Internet e principali variabili socio-culturali ed età. Anno 2014 (valori percentuali)
Una conclusione temporanea
Considerati nel loro insieme i dati fanno emergere un quadro coerente: in ciascuno dei segmenti considerati nella ricerca (cittadini, famiglie, imprese con più di dieci dipendenti, imprese agricole, microimprese) la rete scava un solco profondo fra utilizzatori e non utilizzatori e concorre a determinare comportamenti diversi in ambito sia sociale sia economico. Internet, come e forse più delle tecnologie passate, scava solchi nel tessuto sociale e separa in modo netto, “digitale” appunto, gli individui in relazione a tutte le variabili di segmentazione: età, sesso, titolo di studio, territorio di residenza, condizione occupazionale, posizione professionale.
Nel più immediato futuro, tutto quello che è digitalizzabile sarà digitalizzato.
In questo processo, le inerzie delle persone e delle organizzazioni sono, spesso, la regola più che l’eccezione. Persone e organizzazioni hanno inerzie potenti, e spesso le inerzie sono un bene perché salvaguardano le identità, quel filo rosso che cuce gli eventi della vita e gli conferisce senso. La ricerca mostra che il corpo sociale reagisce alle sollecitazioni tecnologiche generando differenti digital divide: essi andrebbero analizzati con maggiore profondità al fine di progettare e ideare linee di azione efficaci tese anche a proteggere i segmenti più deboli del corpo sociale.
GIACINTO MATARAZZO E COSIMO DOLENTE*
Giacinto Matarazzo è Responsabile dell’Unità statistico-economica della Fondazione Ugo Bordoni di Roma; Cosimo Dolente è ricercatore della Fondazione Ugo Bordoni di Roma