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Gli articoli di CheFuturo! parlano di innovazione

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Signor Anderson, la seguiamo da parecchio tempo e sembra che lei stia vivendo due vite. In una vita lei lavora per una rispettabile compagnia. rispetta ed un po’ invidia i furbetti, guarda le donnine in televisione, aspira a partecipare al grande fratello e non si fa pesare il fatto di non avere una chiara prospettiva futura perché è un po’ bamboccione anche lei come molti altri. Non le importa delle ruberie che vede ad ogni livello e si accontenta al massimo di cinque minuti di deriva populista di tanto in tanto.

Vede Mr. Anderson, a volte basta poco per incamminarsi sulla strada sbagliata. Si parte dal rifiutare lo status quo, dal non accontentarsi di fare fotocopie. Si continua sviluppando un pensiero critico e – complice magari una certa familiarità con la tecnologia – si comincia a pensare che condividere sia giusto, che wiki è bello.

Così, adesso, nell’altra sua vita lei sta ore ed ore su Internet, fa networking, parla senza censura di innovazione, di condivisione, della sua idea per una applicazione e – abbiamo le prove – lei ha anche detto di star pensando di creare una startup globale. Una di queste vite ha un futuro Signor Anderson. L’altra no.

Ok, scomodare l’agente Smith di Matrix per parlarvi di Frontiers of Interaction è esagerato, ma aiuta. Aiuta perché anche l’Italia è sormontata da una cappa che la opprime, e Frontiers è la nostra Nabucodonosor. L’Italia delle caste, del “non si può fare”, dei percorsi segnati, della mancanza di idee sul futuro è la Matrix che da anni combattiamo. Come Morpheus entrava nel sistema in cerca di menti da destare per scatenare il cambiamento, Frontiers ha impattato su centinaia di persone ogni anno e – un po’ alla volta – ha visto risvegliarsi un pezzo rilevante del Paese.

Quando siamo partiti con Matteo Penzo non c’era Mind the Bridge, non c’era Working Capital, non c’erano Wind Business Factor, il programma startup di Banca Intesa e non c’erano neppure i Venture Capital. Non c’era il fantastico progetto Italiani di Frontiera, che con Roberto Bonzio per ben tre volte ha regalato tanta energia al pubblico di Frontiers. E non c’era neanche Wired che – come Riccardo Luna disse a Roma nel 2009 – “ad un certo momento Wired Italia si è fatto anche perché esiste Frontiers”.

Frontiers è l’evento internazionale che in Italia non c’era e noi – che siamo affamati di idee ed energia – abbiamo costruito esattamente la conferenza che avremmo desiderato poter vedere. Facendola abbiamo scoperto che, più che una conferenza, era qualcos’altro: uno show ibrido, un concerto rock, un susseguirsi di idee distruptive snocciolate con tempi televisivi.

Sul palco di Frontiers hanno camminato le idee di grandi come Bruce Sterling, Stewart Brand, Adam Greenfield, Howard Rheingold, David Orban, Luke Williams e Amber Case. Si sono avvicendati italiani talentuosissimi, come Massimo Scognamiglio, Davide Casali e Andrea Vaccari di Glancee, l’app appena venduta a Facebook. Insieme a loro tanti giovani talenti stranieri come la geniale ragazza della robotica Heather Knight o Znedek “Predator” Kalal: chi li ha visti dal vivo, questi due, non se li dimentica più.

È passata sul palco tanta Silicon Valley e coolness: da Twitter a Prezi, da Evernote a Funambol. Sono passate le agenzie, da AKQA a Publicis. Gli esperti mondiali di UX, come Dirk Knemeyer, Steve Portigal, Dave Malouf, Robert Hoekman, Elizabeth Churchill e Matt Webb. Ma più che i nomi ed i brand – per quanto popolari – contano i temi.

Ecco, è questo il vero punto: l’esperienza di Frontiers prescinde dallo speaker specifico. Frontiers è un mood, una formula, o – se preferite – uno stato della mente. Un Morpheus distributore di pillole rosse che ad ogni edizione crea qualche centinaio di menti ribelli. Alcune in t-shirt ed altre in giacca e cravatta. Cervelli spesso di provenienze diverse ma accomunati dalla scelta di opporsi alla gattopardesca situazione del Paese con l’unica strategia davvero efficace: creare innovazione e ricchezza.

Perché è così che noi sappiamo fare la rivoluzione. Non con proteste e bandiere, ma con codici e interfacce, e scusate se è poco.

Ed ecco come faremo quest’anno. Frontiers è una due giornate, il 7 e 8 giugno. Il day 1 apre con musica e “boot mentale”. Appena il tempo di dare il benvenuto a tutti e si dà il via ai workshop. Lavoreremo sulla augmented reality. Mutueremo dalla ricerca spaziale le pratiche per gestire l’innovazione in azienda. Ci alleneremo a diventare leader adeguati all’era dell’accelerazione tecnologica esponenziale. Seguirà un panel di personaggi straordinari che hanno fatto una exit o hanno una startup sulla cresta dell’onda, e poi avremo un workshop plenario con Garr Reynolds, autore del celebre Presentation Zen. La giornata potrebbe finire qui, ma tutta l’energia che avremo in corpo va usata e, dunque, seguirà un concerto live pazzesco degli Adam Carpet e l’aperitivo finale di networking. Sarà una giornata intensa.

Il day 2 partirà con la musica ed una intro utile a tracciare il percorso della giornata. Con 13 speech internazionali, esploreremo molte sfaccettature di questo mondo fatto di tecnologia, design, impresa e valori. I temi di quest’anno sono “incoming future”, “talking objects”, “putting life into pixels” e “UX/BIZ”. Frontiers non è una “conferenza perfettina”, ma ha il suo stile, sudore ed emozioni. Noi siamo partiti dall’idea di fare uno show per i nostri neuroni.

Ci piace raccontare le nostre storie usando quel modo che qualcuno inizia a definire “alla frontiers”. Basta dire che quest’anno siamo in uno dei più grandi studi televisivi del mondo, a Cinecittà, con uno schermo 32/9 full HD da 28 metri di larghezza. Insomma, un tempio dei geek, dove fare innovazione attraverso il design e arricchire le nostre aziende di idee, opportunità e tecnologie.

Molte delle storie che sentiremo sono eccezionali. Ci sono alcuni grandi nomi, come David Crane, storico fondatore di Activision, che da solo rappresenta già un motivo per trascinarsi sui gomiti fino a Cinecittà. Ma a Frontiers facciamo anche molto scouting e quindi vedrete protagonisti e brand che cresceranno sempre più in futuro. Sul nostro palco ci saranno anche iPhone con le ruote, automobili stampate in 3D, cyber-artisti, videogiochi di plastica, e i guru di brand come Berg, Fjord e Dachis. Perché questa è la frontiera ed è qui che vanno in scena le idee che fanno la differenza.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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