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Gli inglesi hanno capito tutto: copiamoli, prima di parlare di turismo e startup

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Improvvisamente sembra che tutti si siano ricordati che Turismo e Beni Pubblici costituiscono un asset strategico del Paese e su tale asset si sia deciso di rilanciare impresa ed occupazione anche attraverso il supporto alle startup. Bene, anzi benissimo.

Ma…

Sono reduce da un viaggio di piacere, con la mia famiglia, di una settimana a Londra.

Non è mia intenzione in questo post fare un confronto dettagliato fra Londra e Roma (la città italiana che conosco meglio perché ci abito), mi limiterò a dire che effettivamente i trasporti pubblici funzionano bene, che la città è carissima (inclusi suddetti trasporti pubblici), che mangiare in modo decente è un’impresa e che spesso piove.

Però…

IN AEROPORTO A LONDRA, IN AEROPORTO A ROMA

Quando sono arrivato ad Heathrow, una volta uscito dal finger direttamente nell’aeroporto, un display mi ha detto a quale nastro recarmi per prendere le mie valigie.

E le valigie sono uscite da quel nastro! Quando sono tornato a Roma, una volta sopravvissuto alla ressa del bus che porta dalla pista all’aeroporto (mai successo di arrivare a Roma direttamente sul finger, suppongo che la cosa sia proibitissima) per sapere quale nastro avrebbe restituito le mie valigie, ho dovuto ispezionare uno per uno i display di tutti i nastri. Poi però le valigie sono uscite su un nastro diverso.

Credits: skimbacolifestyle.com

Nell’aeroporto di Londra le indicazioni sulle varie alternative (metro, treno, taxi, bus, auto a noleggio) erano chiare a tutti e mentre mi recavo a prendere il mio treno ho notato che la fila per i taxi era ordinata e gestita in modo efficiente. Quando sono uscito da Fiumicino (essendo riuscito a distanziare una folta comitiva di cinesi e altri ospiti stranieri grazie alle mie conoscenze del territorio, mentre i tapini si destreggiavano in un labirinto di indicazioni sibilline e opportunamente occultate) ho avuto la sorpresa di vedere che, evidentemente considerando la fila ordinata un approccio da reazionari, si è deciso che una sana e sportiva mischia, gestita dai taxisti in modo del tutto arbitrario, fosse il modo migliore per dare il benvenuto ai nuovi arrivati.

I TRASPORTI PUBBLICI A LONDRA, I TRASPORTI PUBBLICI A ROMA

A Londra, quando sono arrivato alla biglietteria della metropolitana, ho acquistato quattro tessere prepagate Oyster per i trasporti pubblici. Tali tessere hanno un sistema di pagamento assolutamente chiaro e logico. Posso acquistarle praticamente ovunque, senza formalità e quando sono tornato in Italia ho restituito il tutto ricevendo direttamente sulla mia carta di credito il rimborso delle spese non sostenute e del deposito. A Roma questa cosa semplicemente non esiste (così come non esiste il rimborso per qualcosa non completamente utilizzato).

I SERVIZI A LONDRA, I SERVIZI A ROMA

A Londra, ogni volta che sono andato in un museo, in un bar, in un palazzo, in un negozio e così via, ho trovato a servirmi persone generalmente sotto i trenta anni (e di non poco).

Molti, quasi tutti direi, parlavano due lingue (non fosse altro perché molti sono stranieri). Per ogni servizio, non importa quanto piccolo, ho avuto la sensazione che la persona che avevo di fronte lo ritenesse importantissimo: darmi l’audioguida, farmi pagare al bar, spiegarmi in quale stanza spostarmi, controllare la fila per risalire sulla navetta e così via. A Roma l’età media di chi si occupa di queste cose è abbondantemente sopra i 40. Potrei sbagliarmi, ma dubito ci sia qualcuno che non sia italiano e la conoscenza delle lingue è spesso approssimativa, se non assente. Tutti danno l’impressione di avere molte cose molto importanti da fare che però non includono quella per la quale sono pagati: il lavoro è fatto malvolentieri e con approssimazione.

Londra non è certamente la città più pulita del mondo, ma rispetto a Roma sembra un ospedale.

Esiste l’accattonaggio, ma non lo trovi nelle sue forme più deteriori in ogni luogo pubblico e mai te ne senti minacciato.

I principali musei londinesi sono gratis ed è forse per questo che bisogna fare la fila per entrarci (cinque dei dieci musei più visitati al mondo sono a Londra), poi una volta dentro scopri che la visita è facile, ben organizzata, interessante, il WiFi è disponibile gratuitamente e senza registrazione ovunque e funziona. E scopri che alla fine, fra bar, audioguida, souvenir e altro una famiglia come la mia ci lascia comunque un centinaio di sterline. A Roma, l’ultima volta che sono andato al museo ho pagato, non esisteva alcuna connessione WiFi (men che mai gratuita e senza registrazione) e comunque non c’era alcuna connessione 3G per usare almeno il proprio smartphone per approfondire al volo alcune cose. Per i pagamenti si accettavano solo contanti in quanto i POS mobili non funzionavano (non c’era campo, ovviamente) e ho sfoggiato il mio inglese maccheronico per aiutare due turisti (gli unici due non italiani che mi è sembrato fossero alla mostra in quel momento) a parlare con la cassiera.

MORALE DELLA FAVOLA

Se…

Magari sbaglio io, ma se in questo Paese, mentre si discute dei grandi temi che ci porteranno verso un radioso futuro, tutti facessero il loro dovere con responsabilità e le amministrazioni invece di lanciare progetti rivoluzionari si limitassero a far funzionare in modo concreto e civile piccole cose come le file ai taxi, la pulizia nelle strade, la segnaletica, un minimo di connessione non bizantineggiante nei musei, cose così insomma, ho la sensazione che le startup del turismo italiche ne guadagnerebbero alquanto. E non solo loro.

AUGUSTO COPPOLA

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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