Go On Italia: gli italiani digitali

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A guardarsi intorno sembra quasi impossibile. Sui treni, negli autobus, sembriamo tutti iper-connessi. Tutti attaccati ai nostri tablet o ai nostri smartphone. Eppure, ancora oggi, il 37% degli italiani non ha mai usato Internet, quasi il doppio della media europea che è solo del 22%.

Moltissimi – troppi – italiani ancora non possiedono un computer, non sanno mandare una e-mail, né comprare qualcosa on line. E come emerge da molte ricerche, non c’è solo un problema dell’uso insufficiente ma anche di un uso sbagliato delle nuove tecnologie. Molti di quelli che in Italia si sono avvicinati a internet attraverso la rapida diffusione degli smartphone lo fanno esclusivamente per “giocare”. In particolare la grande passione degli italiani per Facebook, non ha avuto sempre l’effetto di stimolare curiosità e nuove competenze digitali.

Molti dei navigatori italiani spesso vedono internet solo come un luogo d’intrattenimento.

È vero la transizione è stata veloce, molto veloce, e tutte le transizioni da un’epoca all’altra sono impervie. Questa, come molti dicono, è una nuova rivoluzione industriale. E non abbiamo avuto un Maestro Manzi digitale a tenerci per mano per accompagnarci. Ma le conseguenze sono terribili. Tutti dati ci dimostrano che il divario tra chi è digitale e chi no sta diventando sempre più radicale e ha impatti devastanti sull’economia reale del paese. Non è solo una questione di arretratezza culturale, ma si ripercuote – con forza – sul contesto economico e occupazionale.

I dati sulla scarsa cultura digitale dell’Italia significano, infatti, nel concreto, che gran parte della popolazione è di fatto esclusa dal mondo del lavoro.

E chi lo perde a una certa età, non lo trova più. Significa che non abbiamo competenze sufficienti a cogliere la sfida della nuova economia e che siamo quelli che meno riescono a trarre vantaggio creando nuove imprese che partano dalla rete. Significa che le nostre piccole aziende sono sempre meno competitive. Significa non riuscire a portare nel nuovo millennio la nostra grande tradizione artigianale e manifatturiera.

E il divario è ancora maggiore tra Nord e Sud, tra città e piccoli centri, tra giovani e anziani. Rischiamo, come paese, di rimanere fuori dalle opportunità di crescita e di occupazione che l’economia digitale può offrire – e sta già offrendo – ai paesi che per primi stanno uscendo dalla crisi, investendo sulla modernizzazione del sistema produttivo e sulle nuove competenze.

Secondo il Global Information Technology Report del World Economic Forum, che tutti gli anni misura l’impatto della diffusione delle tecnologie nei vari paesi, anche nel 2013 l’Italia è in coda alla classifica. Sono la Finlandia, Singapore e la Svezia a guidare la classifica delle 144 nazioni per diffusione di nuove tecnologie dell’informazione. Sono tutti europei i paesi di testa (Olanda, Norvegia, Svizzera e Gran Bretagna), ma per trovare l’Italia bisogna scendere al 50° posto (due posti in meno del 2012, quando occupava il 48° posto).

Non bastano gli sforzi (necessari e imprescindibili) sul potenziamento delle infrastrutture, ancora carenti. Serve un piano straordinario che porti gli italiani e le italiane, in prima persona, a partecipare alla sfida della nostra epoca, consapevolmente e con ottimismo, invece che con timore, o peggio con la speranza di arrestare un processo irreversibile.

Non è solo una questione di modernizzazione, è anche una questione di cittadinanza. Tutte le ricerche, nazionali e internazionali, dimostrano che la digitalizzazione ha un effetto moltiplicativo, creando un sostanziale incremento di valore non solo in termini di creazione di lavoro e di crescita economica, ma anche sul benessere della società e sulla trasparenza del rapporto fra cittadini e istituzioni.

Wikitalia è nata per promuovere la cultura della rete, della trasparenza e dell’accesso. Per questo non possiamo rimanere a guardare. Vogliamo provare a portare, anche a casa nostra, quelle esperienze che già hanno portato altrove buoni frutti.

Il nostro progetto, Go On Italia, si ispira a go-on.uk un progetto di sistema no-profit che ha l’obiettivo di digitalizzare tutti gli abitanti del Regno Unito, migliorando le competenze di cittadini e imprese.

Noi ci siamo messi in testa di fare gli italiani digitali. E nel nostro progetto rientrano soprattutto percorsi di trasferimento generazionale: chiamare per una volta i più giovani ad aiutare i più anziani, i nativi digitali a modernizzare le piccole imprese, i tecnologi ad affiancare gli artigiani.

E’ un progetto ambizioso. E molto grande per le nostre spalle. Per questo stiamo chiedendo il contributo di tutti, con una call for action sul nostro sito.

E’ ora di rimboccarsi le maniche e dare una mano. E’ ora che le aziende più innovative di questo paese si occupino di sostenere una domanda qualificata e non solo dei conti economici a breve termini. È ora che i territori guardino avanti, invece di rimanere aggrappati a modelli produttivi ed economici che non funzionano più. È ora che anche le associazioni di categoria riprendano un ruolo propositivo. Il futuro può essere entusiasmante, se si sa come affrontarlo, se ci si attrezza con gli strumenti necessari. Se si “impara” la lingua digitale. Altrimenti, fa solo paura.

La Regione Friuli Venezia Giulia e la sua Presidente hanno già risposto al nostro appello. E noi – con grande entusiasmo – dal Friuli Venezia Giulia, dai suoi anziani, dalle sue tante micro-imprese, dalle sue scuole partiremo. Ed è di buon auspicio, partire da dove Federico Morello, alcuni anni fa, a soli 15 anni, è riuscito a costringere una multinazionale a portare la connettività nella sua Sequals, 2000 abitanti sulla pedemontana.

Ecco, noi partiamo da Sequals. Ma non vogliamo fermarci al Friuli Venezia Giulia. Gli italiani vanno portati in rete tutti. Perché nel futuro o ci va tutto il paese, o non ci va nessuno.

Ce la date una mano?

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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