Google ha perso la battaglia contro l’Unione Europea in materia di antitrust e dovrà, quindi, pagare una multa di 2,8 miliardi di dollari.
Google perde la battaglia contro l’UE sulla multa antitrust di 2,8 miliardi di dollari
Il tentativo di Google di contestare una multa antitrust di 2,8 miliardi di dollari per aver favorito i propri servizi di shopping nei risultati di ricerca è stato respinto dalla seconda corte più alta d’Europa. L’evento ha dato una spinta alla campagna antitrust Big Tech del commissario per la concorrenza dell’Unione europea, Margrethe Vestager.
La sentenza della Corte generale dell’UE ha confermato che la società madre di Google, Alphabet, ha violato le norme antitrust favorendo i propri strumenti di confronto dei prezzi interni rispetto ai rivali europei più piccoli, e ha confermato la multa di 2,8 miliardi di dollari.
Tuttavia, la corte lussemburghese ha respinto l’affermazione delle autorità di regolamentazione che accusava Google di aver distorto la concorrenza tra i motori di ricerca.
“Il Tribunale respinge in gran parte il ricorso di Google contro la decisione della Commissione che constata che Google ha abusato della sua posizione dominante favorendo il proprio servizio di confronto dei prezzi rispetto ai servizi di confronto dei prezzi concorrenti”, ha dichiarato la Corte in una dichiarazione.
Google può ancora presentare un appello contro la sentenza alla Corte di giustizia europea.
UE, le battaglie antitrust contro Google e gli altri colossi tecnologici
La Commissione europea, la massima autorità antitrust dell’UE guidata da Margrethe Vestager, ha ripetutamente cercato di controllare Alphabet e il dominio di altri giganti della Silicon Valley negli ultimi anni.
Google sta attualmente lottando nei tribunali dell’UE contro una multa di 5 miliardi di dollari, la più grande sanzione antitrust di sempre.
La sentenza di mercoledì 10 novembre fornisce una spinta alla campagna di Vestager dopo che la Commissione europea ha perso una causa in tribunale nel luglio 2020 contro il governo irlandese, accusato di aver violato le regole sugli aiuti di Stato concedendo ad Apple 15 miliardi di dollari di agevolazioni fiscali. Il caso è stato appellato alla più alta corte dell’UE, ma potrebbero volerci anni per una sentenza finale.
Questa battuta d’arresto è arrivata poco dopo l’apertura dell’indagine da parte dell’unità antitrust di Vestager, a giugno, con la quale Google veniva imputata per aver favorito la propria tecnologia pubblicitaria online come Google Ad Manager su YouTube per danneggiare i rivali europei e gli editori.
Questa indagine avrebbe compromesso il business di Google nella pubblicità display, ma le potenziali sanzioni che possono essere imposte dall’UE sono minime se confrontate con i recenti profitti da record di Alphabet.
Digital Markets Act
In questo contesto, nel dicembre 2020, è stata presentata una nuova legge, il Digital Markets Act, che sta affrontando un lungo percorso verso l’approvazione da parte dei legislatori dell’UE. Qualora la legge venisse approvata classificherebbe aziende come Alphabet come “gatekeepers” e potrebbe potenzialmente costringerle a vendere unità o vincolarle a non spingere prodotti interni come Chrome rispetto ai rivali.
La recente sentenza, inoltre, darà anche l’opportunità ai rivali europei di Google di riaprire il confronto sui prezzi: è il caso, ad esempio, di Kelkoo, che ha intentato cause per danni multimiliardari sulla base della scoperta della Commissione europea.
Legislatori e regolatori antitrust: lotte in contesto internazionale
Alphabet, Apple, Facebook e Microsoft non devono affrontare solo sfide che provengono da Bruxelles. Una crescente pressione internazionale sul dominio di Big Tech da parte di legislatori e regolatori antitrust internazionali minaccia ulteriori controlli ad ogni passo delle società.
Il regolatore antitrust australiano ha chiesto delle leggi per rompere il blocco di Google sul mercato locale della pubblicità, mentre la sempre più attivista Competition And Markets Authority del Regno Unito si sta concentrando sull’analisi delle modifiche al browser Chrome di Alphabet.
Dall’altra parte dell’Atlantico, Alphabet affronta un trio di importanti cause antitrust negli Stati Uniti. Il Dipartimento di Giustizia si è unito a 11 procuratori generali statali repubblicani nel giugno 2020 per citare in giudizio Google per le tattiche impiegate per rimanere il motore di ricerca de facto su molti dispositivi e browser. A dicembre 2020, invece, una coalizione di 38 Stati ha citato in giudizio Google per le affermazioni che ha progettato i risultati di ricerca per favorire i propri servizi. Una terza causa, infine, è stata presentata sempre a dicembre 2020 e sostiene che Google e Facebook abbiano lavorato insieme sulla vendita di pubblicità.