in

Hackaday Prize, finalmente anche noi potremo partecipare (e vincere un viaggio nello spazio)

innovaizone

Ci sono occasioni nelle quali guardarsi indietro e sfogliare a ritroso qualche pagina web, insegna che, talvolta, per andare avanti basta un po’ di voce, la forza delle idee ed un pizzico di buona volontà da parte degli interlocutori cui ci si rivolge.

E’ questa la prima sensazione, a caldo, che si ha a leggere il comunicato con il quale gli organizzatori di Hackaday annunciano che, da quest’anno, anche i cittadini italiani potranno partecipare al loro concorso con il quale premieranno con un viaggio nello spazio e decine di altri premi – per un monte premi totale di 500 mila dollari – chi realizzerà una soluzione capace di far fare all’umanità un passo in avanti, piccolo o grande che sia.

Lo scorso anno, infatti, gli italiani – in compagnia dei cittadini di Quebec, Cuba, Iran, Myanmar, Corea del Nord, Sudan, Siria – erano esclusi dalla partecipazione al concorso in ragione della nostra disciplina in materia di giochi e concorsi a premio, considerata dagli organizzatori un invalicabile muro di burocrazia ed oneri inutili e costosi.

E a pensarla così non erano solo loro, ma di decine di altri premi di straordinaria portata economica ed innovativa tra i quali alcune iniziative organizzate da giganti del calibro di Google o Intel.

Oggi, gli organizzatori di Hackaday, annunciano con soddisfazione che grazie ad una modifica alla legge italiana, anche i cittadini italiani potranno prendere parte al contest, contribuire alla soluzione di uno dei problemi dell’umanità ed aggiudicarsi i loro premi.

In realtà – ma meglio limitarci a sussurrarlo a bassa voce – la disciplina italiana della materia non è cambiata affatto ma è accaduto che, il Ministero dello Sviluppo economico, ha raccolto un appello lanciato, tra l’altro proprio dalle pagine di CheFuturo! e poi divenuto una petizione promossa su change.org dalla Fondazione Make in Italy, da Riccardo Luna – oggi Digital Champion italiano – e, lo scrivo solo per dovere di cronaca, da chi firma questo post.

Appello e petizione – firmata da oltre mille e ottocento persone – chiedevano al Ministero dello Sviluppo economico di fare in modo che gli italiani non dovessero più leggere sui regolamenti di concorsi internazionali a carattere innovativo che loro erano esclusi, proprio perché italiani.

Il Ministero ha fatto il resto, adottando una circolare esplicativa – e, quindi, più che cambiando la legge come dicono gli organizzatori di Hackaday, interpretandola in modo autentico – che chiarisce, una volta e per tutte, che la legge che per anni ha tenuto centinaia di migliaia di italiani fuori da centinaia di concorsi ad alto contenuto innovativo non trova, in realtà, applicazione “alle iniziative premiali” che siano “basate sulle capacità e sull’abilità dei partecipanti di produrre opere di carattere letterario, artistico o scientifico, oppure progetti o studi in ambito commerciale o industriale e non generici lavori non aventi tali specifiche caratteristiche” e quando “i premi risultino configurabili, alternativamente, come corrispettivo di prestazione d’opera, riconoscimento del merito personale o titolo d’incoraggiamento nell’interesse della collettività”.

Una manciata di caratteri capace, però, di restituire al nostro Paese ed ai suoi cittadini il diritto sacrosanto di giocarsi i propri talenti innovativi nel mondo intero, partecipando – ed auguriamoci – anche vincendo ricchi premi nel segno del futuro e dell’innovazione.

Credo si tratti di una piccola ma bella storia, straordinariamente educativa e che racconta di come, il più delle volte, tra noi, il nostro Paese ed il futuro ci sia meno di quanto non appaia perché anche muri spessi ed edificati in anni lontani possono essere sgretolati dalla forza delle idee e delle parole e dalla capacità delle istituzioni di ascoltare e raccogliere i suggerimenti dell’intelligenza collettiva che corre lungo le sinapsi digitali di una Rete troppo spesso e troppo affrettatamente additata come cloaca, farwest o vaso di Pandora dei mali del mondo.

Si è fatto un piccolo passo verso il futuro ed oggi l’Italia appare, agli occhi del mondo più normale e più aperto al futuro ed all’innovazione.

Vinca il migliore, da ovunque esso arrivi. Meglio ancora, naturalmente, se dal nostro Paese!

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

What do you think?

Scritto da chef

lifestyle

Così un maker barese riesce a muovere oggetti col pensiero

innovaizone

Così è nata Jellyfish, la serra galleggiante italiana che non consuma suolo, acqua ed energia (e come cambia il futuro dell’agricoltura)