“Non comprate un nuovo video game: fatene uno. Non scaricate l’ultima app: disegnatela. Non usate semplicemente il vostro telefono: programmatelo”. Sono le parole del presidente degli Stati Uniti Barack Obama che nelle scorse settimane ha invitato gli studenti americani ad imparare la scienza del computer e Internet.
Dall’altra parte dell’oceano, in Italia, altri discorsi, altra lingua: il ministro della Pubblica istruzione Maria Chiara Carrozza nei giorni scorsi ha bocciato l’idea d’introdurre un’ora specifica per insegnare il digitale. L’inquilino di viale Trastevere sembra essere su tutt’altro pianeta rispetto agli Stati Uniti: “La tecnologia digitale non è una disciplina ma uno strumento di cui la didattica si deve avvalere. Ci sono molti progetti ma non si tratta di una disciplina vera e propria”.
Un no netto pronunciato dalla Carrozza durante il convegno “Educare alla rete” organizzato dal Garante per la protezione dei dati proprio in un momento storico in cui negli Stati Uniti, Microsoft, Google, Apple, Yahoo, Amazon, Dropbox, EA, Zynga, Skype Twitter e Facebook hanno unito le loro potenzialità, per promuovere il progetto scolastico K-12 che sta supportando code.org, una società no profit che promuove l’educazione informatica e l’introduzione a scuola dell’ “ora di codice”.
In occasione della Computer Science Education è stato lanciato il progetto K-12, per iniziare milioni di studenti americani di elementari e medie allo studio del codice html, dato poi che le previsioni parlano di 150.000 nuovi posti di lavoro ogni anno nel settore, fino al 2020.
Un lavoro sostenuto dal presidente Obama che per l’occasione ha lanciato via YouTube un appello ai ragazzi americani:
Che tu sia un giovane uomo o una giovane donna, che tu viva in città o in campagna: il computer diventerà buona parte del tuo futuro. Studiare la scienza del computer ed avere quelle competenze è importante per il tuo futuro, è importante per il futuro della nazione.
Dall’altro canto mentre in Italia siamo ancora alle prove generali per portare in aula i libri digitali, negli Stati Uniti c’è uno stato, l’Indiana, dove da quasi due anni l’insegnamento della scrittura a mano non è più obbligatorio e al contrario s’insegna l’uso della tastiera.
Le intenzioni del ministro Maria Chiara Carrozza sono senz’altro nobili quando pensa che “l’educazione digitale sia un ampliamento dell’educazione civica” e che dev’essere “necessaria una preparazione etica all’utilizzo della tecnologia digitale” ma forse per poterla usare bisogna conoscerla.
Chi lavora nella scuola sa che nei nostri laboratori di tecnologia non s’insegna nemmeno l’abc dell’informatica anche perché la maggior parte dei docenti non conosce la computer science. I risultati sono drammatici. Eu Kids Online ha misurato il livello di competenze digitali di un campione europeo di ragazzi dagli 11 ai 16 anni: delle 8 “skils” su cui sono stati interpellati (aggiungere un sito ai preferiti; governare le impostazioni di privacy; riconoscere l’autorevolezza delle fonti etc), i ragazzi italiani hanno dimostrato in media di padroneggiarne solo 3 alla pari dei coetanei ungheresi e rumeni ponendoci penultimi nella classifica che vede capofila la Finlandia, la Slovenia e l’Olanda. Forse dovremmo iniziare a pensare anche in Italia ad una scuola che inizia a comprendere la necessità d’insegnare la scienza del computer a partire dalla scuola primaria dove è prevista una sola ora alla settimana d’insegnamento di tecnologia: persino per educazione motoria e religione sono previste due ore!
Una scuola capace di collaborazioni con le aziende del territorio e soprattutto con l’Università: qualche anno fa portai i miei alunni al dipartimento d’informatica a Crema per una lezione fatta da persone competenti. Davanti alle prime nozioni di html mi resi conto di quanto i nostri ragazzi fossero analfabeti e capii la necessità di realizzare un “ponte” tra la scuola primaria e l’Università. Solo così potremo parlare di orientamento e avere una generazione competitiva.
Bologna, 2 febbraio 2014Alex Corlazzoli