I big data rivoluzionano la scienza (non in Italia)

scienze

Lo ripetiamo tutti come un ritornello noioso. Però credo sia giusto non perdere neanche una occasione per ripeterlo. Un Paese che vuole essere un attore principale nel disegnare il futuro dell’innovazione deve costruire dalle fondamenta un sistema della ricerca e della formazione avanzata che sia il più forte possibile. Ovviamente I finanziamenti sono importanti. Non “si fanno le nozze con i fichi secchi”, mi diceva sempre uno dei miei mentori. Non si crea sapere e nuova conoscenza se i laboratori non hanno fondi, se non ci sono i posti per giovani ricercatori.

Ma il denaro non è tutto. Il sistema ricerca è anche basato su strategie e pianificazione. Su una intelligenza di cosa vada finanziato e come. Su quali aree sono strategiche, quali promettenti e quali invece mature per il trasferimento nel quotidiano

Questa pianificazione, se fatta in maniera intelligente, diventa di per se’ un problema da affrontare con strumenti scientifici.

Per questo alcune delle agenzie di finanziamento della ricerca più lungimiranti lavorano allo sviluppo di metodi che possano individuare le nuove aree emergenti della scienza e della tecnologia, spesso a cavallo tra la varie discipline, prima che siano già evidenti. In altre parole anelano a una sfera di cristallo che permetta di concentrare le risorse umane ed economiche dove è più probabile la “prossima grande scoperta”, accelerando quindi il progresso scientifico.

Le “autostrade” dell’interscambio scientifico infisica, misurate con i flussi di citazioni bibliografiche, di Qian Zhang, 2014

Per lungo tempo l’idea di una tale sfera di cristallo è rimasta un sogno, ma negli ultimi anni la “rivoluzione dei dati” ha cambiato le regole del gioco. Milioni di pubblicazioni scientifiche – i “quanti” fondamentali del pensiero scientifico – sono disponibili in tempo reale in formato digitale.

Ognuno di questi “quanti” è individuato geograficamente e associato a tutti gli altri “quanti” prodotti dalla comunità scientifica mondiale attraverso la gigantesca rete di citazioni tra lavori scientifici. Questa rete viene poi connessa a quella dei brevetti, e infine al reticolo di collaborazioni tra gli scienziati. E se tutti questi dati non bastassero, si possono misurare e analizzare nelle reti sociali gli scambi di informazioni e commenti tra scienziati aggiungendo dati ed analisi impossibili anche solo dieci anni fa.

E’ nata quindi una “scienza della Scienza” che va dalla visualizzazione dello spazio del pensiero scientifico alla previsione dell’emergenza di nuove tecnologie

Basta ad esempio guardare al progetto “FUSE”, lanciato dalla agenzia di Intelligence statunitense e che mira a individuare, attraverso l’analisi di big data sulla letteratura scientifica, le future tecnologie ad alto impatto, nonché il luogo e il contesto sociale in cui possono emergere.

Ma la scienza della Scienza si spinge oltre. Recentemente è stato mostrato che l’analisi nei primi mesi di vita delle citazioni ricevute da una pubblicazione scientifica possono essere sufficienti per la predizione della rilevanza che il lavoro avrà negli anni a venire. Per quanto inquietante possa sembrare, questi risultati aprono la possibilità di sistemi di analisi delle future traiettorie di impatto scientifico delle istituzioni e addirittura dei singoli individui.

La copertina del 2010 dell’Economist sui big data. Fonte: Ebookextra.it

Ovviamente nessuno pensa di ridurre il processo scientifico a un algoritmo deterministico. La creatività dei singoli, il valore delle collaborazioni inaspettate, il colpo di genio rimangono e rimarranno sempre elementi tanto impredicibili quanto fondamentali del mondo scientifico. Ma un “sistema ricerca” degno di questo nome deve essere in grado di favorire e nutrire questi elementi attraverso una strategia che può e deve avvantaggiarsi delle nuova possibilità che la scienza dei dati ci offre per scrutare il futuro.

In Italia purtroppo la programmazione e la strategia del sistema ricerca sembra continuare a non essere una priorità della classe dirigente. Altro che “scienza della Scienza”. Uno dei tanti paradossi del nostro Paese, dato che alcuni dei nomi più eccellenti in questo campo sono proprio italiani.

ALESSANDRO VESPIGNANI

BOSTON (USA), 10 DICEMBRE 2014

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

innovaizone

Ecco il primo uomo cyborg, e vede cose che noi umani…

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