Il momento per le startup qui a Londra è d’oro. O meglio: è l’equivalente del periodo della ricerca dell’oro, solo trasposto nel vecchio continente e nella contemporaneità.
Tra le realtà che ogni giorno fioriscono nella metropoli britannica ce ne sono alcune che provengono dal nostro Paese. Più che una mappatura di tutte le startup italiane a Londra, ci interessava l’esperienza, raccontata in prima persona, di chi ha deciso di venire a fare la propria ‘cosa’ qui. Così abbiamo scambiato quattro chiacchiere con diversi interlocutori.
Cos’è che ha richiamato tanti imprenditori qui e tra loro molti italiani? Ce lo spiegano, appunto, alcuni di loro.
Giuseppe D’Antonio CEO di CircleMe, piattaforma social di condivisione di preferenze che aiuta i propri utenti a scoprire nuovi contenuti ed interessi, che ha uffici a Milano e dal 2011 anche a Londra, dice: “Da una parte a Londra esiste un mercato del lavoro molto più sviluppato nel nostro settore, e questo significa molte professionalità di valore di cui avevamo bisogno nel team; dall’altra, essere presenti qui per un progetto come il nostro era fondamentale sia a livello di business – essendo per noi un target importante quello degli utenti anglosassoni- sia per ragioni di potenziale crescita futura della società – ad esempio per il fund-raising.”
Sull’eccellenza delle professionalità che si possono incontrare a Londra è d’accordo anche Stefano Ceccon, dottorando alla Brunel University e, insieme a Maciej Trybilo, fondatore di Tribe Apps e London Crowd, l’app basata sull’open data che permette di evitare il traffico in città in tempo reale, consigliata da Forbes come uno dei tool indispensabili per sopravvivere alle ultime Olimpiadi.
Stefano ci racconta: “Vivo a Londra da 3 anni e mezzo ormai e mi trovo molto bene. In più rispetto all’Italia ho trovato l’internazionalità e l’eccellenza, la possibilità di essere apprezzati per quello che si sa fare e di avere un certo tipo di visibilità. Chi riesce ad affermarsi qui deve essere davvero molto bravo. Per me è la combinazione di talento e possibilità che rende Londra la capitale europea delle startup. Poi c’è una dose di fortuna: la concorrenza è altissima e spesso, anche qui, è necessario avere le conoscenze giuste a livello di network umano, o perlomeno essere in grado di capire quali strade percorrere alla ricerca di aiuto.
Noi siamo stati fortunati ad essere a Casa Italia al momento giusto, durante le Olimpiadi, e di essere stati ‘scoperti’ da persone eccezionali come Roberto Bonzio (di Italiani di Frontiera) e Luca Perugini che ci hanno spronato a farci avanti e mostrare le nostre idee.” Quello del networking è l’altro pilastro fondante per lo sviluppo di una startup a Londra.
Stefano continua: “Qui a Londra è pieno di eventi e meetup in generale, Old Street è ormai la nuova Silicon Valley e ogni settimana ci sono meeting in cui ci si scambia idee davanti a una pinta.
Uno dei più importanti è il Silicon Roundabout. Ci sono fiere, come la Silicon Milkroundabout, in cui ci si diverte e si fanno conoscenze, e dove le più famose start up ogni anno si accaparrano i giovani programmatori.” Per intenderci, a Londra esiste un’area precisa dove la maggior parte di questi eventi hanno luogo e un elevatissimo numero di startup ha il proprio headquarter. Quell’area è Shoreditch, quartiere East London che fino a sei-sette anni fa era considerato ad alto tasso di creatività e basso costo, conosciuto soprattutto per agenzie e live music club, diventato ora Tech City.
La città tecnologica in questione è quella che, tra le righe, tenta di sfidare la Silicon Valley californiana e che vuole inviare un messaggio brit alla più vicina Berlino. L’area si dirama dalla Old Street Roundabout, rinominata Silicon Roundabout (Rotatoria del Silicio) proprio per il numero fenomenale di aziende tech presenti, fino alla City. Negli ultimi anni è qui che è nata una quantità di co-working space che agevolano startup e singoli professionisti dando loro un posto attrezzato dove stare, dove interagire con gli altri, per realizzare i propri progetti. Tra i più importanti ci sono TechHub, Google Campus e Central Working.
L’istituzionalizzazione definitiva del quartiere, con tanto di investitura, è arrivata a inizio Dicembre quando il Primo Ministro David Cameron si è presentato in un paio di co-working (tra cui il Central Working di Bonhill Street) poco dopo aver illustrato il progetto di investimento di 50 milioni di sterline per rifare il look alla rotonda.
Il piano prevede la costruzione di un edificio dalla facciata sponsorizzabile con aule, auditorium da centinaia di posti, spazi di co-working, laboratori attrezzati con stampanti 3D e in generale un luogo di cui possa beneficiare la comunità londinese. Una vera e propria porta d’ingresso alla Tech City dove le relazioni sono importanti. C’è chi ha apprezzato, molti han storto il naso.
Il rovescio della medaglia sta proprio in un certo sovraffollamento dell’area startup tech per cui l’eccellenza professionale è necessaria ma un po’ di creatività per proporsi, per emergere, non guasta, anzi può fare la differenza.
Ce lo racconta Pietro Saccomani che insieme ad Alvise Susmel è fondatore dell’agenzia 50Pixels. Pietro vive a Londra da quattro anni, era Business Development Executive ad Apple, e con la sua agenzia si occupa di consulenza per sviluppo software, soprattutto per applicazioni.
Per emergere in mezzo al mare magnum delle mille realtà londinesi c’è sempre bisogno di qualche idea in più.
Ti faccio un esempio. Noi siamo un’agenzia e abbiamo bisogno di farci conoscere per attirare clienti. A Natale abbiamo deciso di fare una cosa particolare: abbiamo inviato, ad un numero di potenziali partner interessanti, una mail scritta da un ipotetico Babbo Natale stanco dei soliti regali e che offriva un voucher da spendere sull’App Store. Si veniva in possesso del voucher dopo aver lasciato i propri dati e riferimenti su un sito che avevamo creato ad hoc. L’obiettivo finale era quello di creare dei nuovi contatti e per questo nella comunicazione allegavamo anche un invito esplicito a berci un caffè e parlare di business. Con questa idea ci siamo fatti notare e nel mese di Gennaio siamo riusciti a incontrare diversi potenziali clienti.”
Pietro e Alvise hanno come progetto quello di far crescere la loro agenzia e con una parte dei loro profitti finanziare i propri progetti, come Mobiloud piattaforma per sviluppo di applicazioni native per il publishing online, o Dockerapp uno strumento per la condivisione di file (simile, per dire, a DropBox) ma con la possibilità di una customizzazione che lo rende piacevole e adatto ad un certo tipo di professioni creative.
Pietro, però, invita a non disperdersi in troppa mondanità da networking e dice: “Uno dei segreti del successo di una startup e del proprio business è rimanere focalizzati e concentrati. Non bisogna perdere troppo tempo in giro. A Londra ci sono una marea di eventi ma non a tutti vale la pena partecipare. Meglio scegliere quelli che io chiamo ‘no bullshit events’ e tra questi segnalerei ad esempio gli eventi di MiniBar e Don’t Pitch Me Bro!.”
Comunque, anche a Londra, restare focalizzati sul proprio progetto e l’impeccabilità dell’esecuzione rimangono gli elementi alla base di una solida startup. Giuseppe D’Antonio di CircleMe aggiunge: “La differenza, in qualunque mercato (ed a parte ovviamente la buona idea ed il prodotto in sé), la fa la chiarezza di intenti ed il metodo di esecuzione.
In un ambiente come quello londinese è importante saper filtrare gli innumerevoli stimoli, per non diluire le proprie risorse, sempre limitate. Se si lavora bene, focalizzati, e badando alla qualità del lavoro fatto e ad una esecuzione impeccabile, si viene notati dovunque”.
Concludiamo con le parole di Stefano Ceccon: “Consigli? Primo: avere idee originali, creative. L’idea è essenziale. Secondo: bisogna saper portare a termine i progetti, arrivare fino in fondo.
A Londra ci son molte persone che possono aiutare nuovi startupper, dai programmatori alle menti creative, ma ci sono anche grande concorrenza e qualità di altissimo livello. Per riuscire bisogna essere preparati e capaci.
Del resto, in un paese dove negli ultimi dieci anni il numero di residenti nati all’estero è salito da 3 milioni fino a 7.5 milioni, la nazionalità diventa un aspetto marginale e il merito diventa l’unica via per crescere.”
Londra, 28 gennaio 2013BEATRICE FINAUROQuesto post è stato estratto dalle newsletter di StartupItalia!Iscriviti anche tu!