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I gattini inscatolati e il paradosso di Schrödinger

scienze

Questa storia parla di gatti in scatola. State pensando ai sadici malati che infilavano i gattini dentro i barattoli di vetro e li spedivano via posta dal Giappone? No, non parliamo dei Bonsaikitten, una delle prime bufale della rete globale, parliamo di scienza e del suo metodo principale: l’osservazione sperimentale.

Secondo un mio calcolo, nei prossimi giorni c’è da festeggiare un compleanno molto particolare, dove il festeggiato ancora non sappiamo se è vivo o morto oppure tutti e due questi stati insieme, ma proprio perché non apro la scatola per saperlo, brindo con lui: il gatto di Schrödinger sta per compiere 81 anni, un grande traguardo.Dunque, il mio calcolo deriva dalla lettura recente “Quantum Theory and Measurement” (J.A. Wheeler and W.H.

Zurek, Princeton Univ Press, 1983), in cui si ricostruisce il periodo precedente la spedizione della lettera che il fisico austriaco scrive ad Albert Einstein.

La data è 7 giugno del 1935: nella lettera si congratula con lui per il paradosso di EPR (che sta per le iniziali di Einstein, Podolsky, Rosen), e racconta che il suo lavoro è nella stessa direzione. E’ quindi in questo intervallo di tempo che progetta il suo famoso esperimento, che prenderà gli applausi di Einstein stesso, e lo farà conoscere al mondo intero.

Il paradosso del gatto di Schrödinger è un esperimento mentale

Il paradosso del gatto di Schrödinger è un esperimento mentale (cioè fattibile solo nel laboratorio del cervello), ha lo scopo di illustrare come l’interpretazione ortodossa della meccanica quantistica fornisca risultati paradossali se applicata ad un sistema macroscopico.

L’esperimento nasce nel contesto della discussione del paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen, che criticava l’entanglement quantistico, proprio dell’interpretazione di Niels Bohr, Werner Heisenberg, e della scuola di Copenaghen. Schrödinger, che condivideva con Einstein lo scetticismo verso la teoria di Bohr, fece notare un altro aspetto problematico.

Schrödinger si chiese cosa succerebbe se chiudessimo un gatto in una scatola con un dispositivo contenente un veleno mortale e un nucleo atomico radioattivo.

La particella emessa dal nucleo durante un decadimento innesca un meccanismo che rilascia il veleno nella scartola, e il gatto muore istantaneamente. Il momento in cui il nucleo radioattivo decade è uno di quegli eventi che non si può prevedere precisamente. Si riesce solo a dire che c’è una certa probabilità di decadimento dopo un certo periodo di tempo.Secondo Schrödinger finché non apriamo la scatola per controllare il suo stato di salute, non possiamo dire se il gatto sia vivo o morto, ma dev’essere in entrambi gli stati contemporaneamente.

Il gatto o è vivo o è morto, e l’apertura della scatola non può certo influenzare il risultato.

Sicuramente si tratta solo della nostra ignoranza di quello che è già successo.E questo era il ragionamento di Schrödinger. Che si rifaceva al trucco della doppia fenditura (spiegato già da Einstein): finché non guardiamo cosa fa, l’atomo non passa da una fenditura o dall’altra, ma entrambe contemporaneamente, e questo non è solo un trucco matematico, ma il solo modo per spiegare la vera figura di interferenza che si forma sullo schermo. Mentre Bohr e Heisenberg dicevano un’altra cosa: il gatto non poteva essere vivo e morto contemporaneamente, e il gatto non poteva essere un’entità fornita di realtà indipendente finché non si apriva la scatola per controllare.

Il loro ragionamento era: finché la scatola è chiusa non abbiamo niente da dire sul vero stato del gatto, perché non possiamo descrivere la realtà in assenza di misure. Quando apriremo la scatola sì. Si potrebbe andare avanti ancora per diverse pagine a parlare del gatto e dei due punti di vista sulla fisica quantistica, ma non è questo il luogo per farlo.

Erwin Schrödinger, lo sciupafemmine della fisica

La grandezza di Erwin Schrödinger sta anche in altro. Il suo personaggio, ritratto nella famosa foto del 1927, dove c’è stato il più grande ritrovo di cervelli della storia (e su cui ho costruito il mio spettacolo “Mononogo quantistico”) a Bruxelles durante il V Congresso Solvay, si distingue da tutti.E’ l’unico vestito informale, con una giacca di lino leggera, un vistosissimo papillon, e con i suoi buffi occhialini rotondi, è l’unico che guardava da tutt’altra parte, è l’unico distratto. Schrödinger era il più entusiasta, il più umano del gruppo. Non gli interessava il presenzialismo, non gli importava omaggiare i potenti, non gli interessava la formalità delle situazioni o il linguaggio di frasi fatte e luoghi comuni.

Erwin Schrödinger rifuggiva da ogni forma di rigore, di ritrovo istituzionalizzato. Aveva solo un debole: le belle donne.

Schrödinger era un inguaribile “sciupafemmine”, un grande seduttore di bellezze femminili. Era molto charmant e stiloso nel suo modo di rapportarsi con l’altro sesso: gentile, generoso, sempre molto aperto.Era anche un grande studioso della mente umana, ha scritto un libro “Mente e materia” veramente incredibile per l’attualità dei suoi pensieri, se si pensa che le neuroscienze sono il nuovo traguardo per molti istituti di ricerca. Infatti con quei ragionamenti riusciva a far sue tutte le donne che voleva.Poi c’è l’equazione di Schrödinger, un’equazione fondamentale tra le più belle che i fisici abbiano mai visto. Gli darà del filo da torcere solo quella di Dirac. E infatti i due prenderanno il Nobel nello stesso anno, il 1933, “per la scoperta di nuove forme produttive di teoria atomica”.

Ancora oggi l’esperimento del gatto di Schrödinger è tra gli aneddoti di fisica più citati al di fuori dell’ambiente scientifico, da trasmissioni televisive a film, da videogiochi a fumetti, i richiami al gatto di Schrödinger continuano ad aumentare (in 4 episodi di The Big Bang Theory, poi Game of Thrones, Futurama, Doctor Who; nei film A Serious Man, Mean Girls, Repo Men; nei videogiochi Warframe, Final Fantasy, Puzzlecraft; e in numerosissimi web comics), e la prossima estate verrà presentato al Comic Con di San Diego anche un nuovo fumetto dedicato a lui.

GABRIELLA GREISON

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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