I quattro elementi della progettazione del futuro

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Si possono applicare le nuove tecnologie al design? Non hanno nemmeno avuto il tempo di porsi questo interrogativo. Stavano già realizzando il connubio. L’intesa non mancava. Lo spirito di sfida nemmeno. Sono passati dieci anni da quando hanno costituito il loro studio. Molti di più da quando i loro destini si sono incrociati.

Un designer, due architetti e un filosofo. Un gruppo eterogeneo. Un gruppo coeso però alla sperimentazione, quella sperimentazione che attraverso l’applicazione può portare innovazione. Giovanna Gardi, Alessandro Masserdotti, Laura Dellamotta e Fabrizio Pignoloni, proprio quel Fabrizio, che ritrovo nello showroom di una nota marca di cucine durante il Milano Design Week, a testare “sul campo” il significato di una collaborazione allargata tra professionisti diversi, prototipando quello che potrebbe essere un nuovo prodotto per il mercato e che ha come volano quella scheda che sta rivoluzionando il grado di accessibilità della tecnologia: Arduino.

Non è un caso che sia così. Fabrizio sa cosa ha rappresentato l’Interaction Design Institute di Ivrea in quegli anni di inizio duemila. Ed è stata proprio da quella fucina di idee, dove Massimo Banzi, che Fabrizio ha avuto modo di conoscere, ha iniziato a mettere le basi di ciò che sarebbe diventato quel hardware dal nome così familiare, che poi ha conquistato il mondo dell’elettronica applicata alla progettazione.

Ma la passione per l’interaction design per Fabrizio Pignoloni nasce molto prima. Nasce proprio con lui, in lui. Fabrizio nato in quei primi anni ’70 e cresciuto a suon di primordiali videogame, di una nuova concezione di televisione, di musica, ma soprattutto di cultura artistica. Proprio l’arte è il contesto dove trova prima applicazione il suo pensiero progettuale.

Proprio l’arte è il trait d’union di un’amicizia di vecchia data con Giovanna, Alessandro e Laura, che sarà il trampolino per la costituzione di un’associazione culturale durante il loro periodo universitario, ma soprattutto il detonatore per la costituzione della loro società dotdotdot nel 2004, che mette insieme le loro diverse competenze al fine di indagare e trovare soluzioni tra ciò che rappresenta uno spazio e il suo legame con gli accadimenti che si possono innescare attorno.

È questo il territorio sul quale Fabrizio e soci si confrontano quotidianamente. Un territorio costituito da elementi di design, di architettura, di pensiero artistico e che trova concretizzazione, anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, in allestimenti, performance ed eventi. Creare empatia tra utente e spazio, potrebbe essere questa la corretta dicitura di un gruppo di lavoro ben assortito.

La lista di ciò che hanno realizzato è ben lunga. Lo è ancora di più quella di ciò che vogliono ancora realizzare. Sospinti dall’irrefrenabile smania di un continuo miglioramento e con la consapevolezza di fare un lavoro che amano.

Nuove pratiche di progettazione, questo è un modo per fare innovazione oggi”, così mi dice Fabrizio ripercorrendo il suo percorso professionale ed anticipandomi il prossimo passo che compierà dotdotdot. Un passo nella direzione di creare un vero e proprio Fab Lab all’interno dello studio. Un modo per dare vita a nuove metodologie di sperimentazione. Un modo per dare spazio ad una progettazione partecipativa, una progettazione in grado di trovare anche nuovi campi applicativi. Oltre a ciò, c’è tutta un altro aspetto che Fabrizio e soci da anni stanno portando avanti con collaborazioni di rilievo, ma che vogliono ulteriormente potenziare. Si tratta della didattica. Creare interesse sull’interaction design attorno alle scuole e alle università. Perché le nuove professioni nascono proprio da qui.

Nel design è intrinseco il concetto di sperimentare. La tecnologia permette di semplificare la prototipazione. Verificare in tempi brevi se quello che avevi pensato funziona. L’evoluzione sarà sempre di più in questa direzione. Non occorre attendere. Si tratta di fare. E questo concetto Fabrizio Pignoloni e tutto dotdotdot c’è l’hanno ben presente. Erano quattro amici ai tempi dell’università. Oggi sono quattro (amici) progettisti del futuro.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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