Il caso Youtube Downloader:giusta rimozione o segnale preoccupante?

innovaizone

La vicenda alla base di queste considerazioni e’ questa raccontata da Riccardo Luna nel suo post di ieri.

Leggere il post di Riccardo ha sollevato in me alcuni interrogativi sulla vicenda, non di pronta soluzione ma che mi inducono a condividere qualche pensiero basato sui resoconti che ho letto della vicenda (che mi auguro essere accurati, non ho documentazione diretta).

Molti hanno bollato l’accaduto come “rimozione di App illegale”, altri hanno plaudito all’iniziativa di Samsung che ha difeso Youtube e il diritto d’autore (binomio non sempre così scontato se si guardano alcune sentenze).

La prima (ovvia) considerazione è che non c’è stato un processo e non c’è stata una sentenza, ma bisogna anche aggiungere che chi ha rimosso l’applicazione non è la parte (teoricamente) offesa da eventuali violazioni (anche perché poco prima aveva premiato la medesima applicazione).

Si tratta del vendor che gestisce il maket dove tali applicazioni sono vendute. Un negozio digitale dovrebbe essere un luogo neutro.

Lasciamo perdere le possibili violazioni che non riguardano Internet (se sono stati usati marchi, ecc.). Concentriamoci sulla sostanza. Se mi avessero detto che l’App è stata rimossa perché violava uno o più marchi Youtube non sarei qui a scrivere. La mia percezione, dalle notizie che ho letto, è che il motivo sia altro. Samsung avrebbe rimosso perché vi è una violazione dei diritti contrattuali di terzi (a suo giudizio).

L’estensione indiscriminata di tale parametro è pericolosa. Ci sono problemi di pluralismo in quanto gli store sono le porte di accesso anche per giornali, libri, ecc. e la discrezionalità assoluta preoccupa.

Ritengo vi sia la necessità di individuare, in qualche modo, i limiti esterni di tale possibilità di rifiutare applicazioni, salvaguardando comunque in qualche misura i margini di discrezionalità commerciale di chi gestisce gli store, senza tuttavia che divengano ius excludendi inappellabili.

C’è anche un ulteriore aspetto interessante.

L’App, come noto, consente di scaricare video da Youtube.

Il “baco” starebbe (sono ipotesi) nella violazione dei terms degli sviluppatori Android, che impediscono di sviluppare app che consentono accessi non autorizzati a server di Google, di cui YT è un marchio. Fin dove si possa spingere la autotutela di chi fornisce il Software Development Kit di un sistema operativo è un problema che ancora non mi pare si sia posto ma che meriterebbe una analisi. Occorrerebbe che i tecnici comprendessero se sia l’applicazione a violare sicurezze di Youtube (cosa vietata ai developers) o l’applicazione utilizzi funzioni standard, disponibili in qualunque browser.

Occorre anche considerare la posizione dei titolari di diritti su contenuti che fossero scaricati con la App in questione e che li avessero legittimamente caricati su Youtube.

Se, in ipotesi, avessimo un portale user generated content composto di contenuti illegittimi potrebbe il titolare del portale (non il titolare dei diritti) vietare a terzi di scaricarli?

Probabilmente sia il titolare del portale che i terzi sarebbero in una posizione di violazione e si dovrebbe individuare chi per primo ha messo in rete senza autorizzazione il contenuto (il primo atto di diffusione).

Per questo motivo, pur in una situazione diversa come quella di Youtube, non possiamo prescindere dalla posizione del titolare dei relativi diritti e, solo dopo aver conosciuto tale posizione, porci il problema, del contratto Youtube.

Se infatti il titolare non avesse obiezioni sullo scaricamento del contenuto, si avrebbe solo una potenziale violazione del contratto con Youtube (e Youtube lamentarsi).

Se il titolare non consentisse tale pratica, dovrebbe sempre essere il titolare a lamentarsi con l’autore del download.

La posizione contrattuale di Youtube è anche qui subordinata e non ha molto a che vedere con il diritto d’autore.

E’ tuttavia certo che l’uso di una simile applicazione per i download dei contenuti legittimamente presenti su Youtube per volontà dei titolari dei diritti presenta problemi dal punto di vista del diritto d’autore se accompagnato da sfruttamenti commerciali di sorta.

Il problema è di analizzare il rapporto tra Youtube, l’applicazione, il market digitale e gli utenti con riguardo ai contenuti, anche diversi dalle opere dell’ingegno, presenti su Youtube (o a contenuti comunque caricati da soggetti diversi dai titolari).

In rete ieri sera ho visto a tal proposito partire una discussione sul fatto che le tecniche utilizzate da Youtube potrebbero non corrispondere appieno alla definizione di misure tecnologiche di protezione. Io non sono un tecnico e ne attendo l’esito (con l’interesse solo scientifico con cui monitoro questa questione).

Mi pare sia anche importante valutare il fatto che un video su Youtube è generalmente considerato “pubblico” e non riservato cioè ai soli utenti registrati (Youtube non è cioè una comunità chiusa di utenti).

E’ giusto inoltre porsi alcuni interrogativi sulla posizione “contrattuale” verso Youtube degli utenti che accedono senza registrarsi. Si possono considerare vincolati dai termini e condizioni? Come identificare la parte contrattuale? E, di conseguenza, chi si sia reso effettivamente parte di una violazione? Se YT non provvede potrebbe conservare la responsabilità (questo tema è anche oggetto del caso statunitense Youtube/Viacom).

Poniamo ad esempio il caso di un video sotto licenza “Creative Commons” che fosse caricato su Youtube.

Chi lo carica su Youtube, che ne impedisce la ulteriore visione a terzi, commette una violazione della licenza Creative Commons mentre chi lo preleva ulteriormente, se ha un contratto con Youtube è inadempiente ma non viola la legge in quanto rispetta la licenza associata al contenuto (violata invece dai termini YT).

Questo non vuol dire (si badi) che l’App sia legittima ma solo che l’accaduto pone lo spunto per riflettere su alcune delle più interessanti questioni riguardanti il diritto d’autore e la circolazione dei contenuti digitali.

Su tali questioni non è bene fermarsi a giudizi “di bandiera” ed occorre analizzare i fatti distinguendo attentamente il piano contrattuale da quello delle norme di legge e con un occhio ai rapporti di mercato.

L’innovazione è passata per la battaglia contro i giradischi citata da Lessig, è passata per la battaglia contro i videoregistratori, passa anche per Napster, passa certamente per Youtube e queste App potrebbero essere l’anticipazione del “prossimo” Youtube una volta che si sia definito il loro perimetro di azione certo (beninteso, nell’ambito della legittimità).

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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