Il crowdfunding è l’ottava nota: così ha cambiato l’industria musicale

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Quando non era sul palco si rifugiava a casa a studiare le campagne di successo di queste piattaforme. Quella parola, crowdfunding, oramai era diventata un’ottava nota per lui. Quella nota che avrebbe potuto permettergli di mettere insieme tutti i tasselli di un suo cammino professionale.

Giovanni Gulino ha sempre saputo cosa significasse lavorare con la musica. Si chiamava Dépandance il primo gruppo fondato ai tempi di liceo. Un nome che ben esplicitava l’unico spazio, che lui e i suoi compagni, avevano a disposizione per far sì che l’amplificatore e la chitarra prendessero vita.

Da lì, tutto un percorso in salita, come tanti suoi coetanei, dove l’entusiasmo e la passione non hanno mai smesso di essere al centro dell’esistenza. Altri gruppi, tanti live per farsi conoscere e una speranza, che prima o poi tutto ciò diventasse un lavoro.

Non che Giovanni non ce l’avesse, quindici anni in una compagnia assicurativa come formatore e commerciale non sono pochi, ma questo era il cosiddetto “piano B”. Poi però si arriva alla costituzione di una nuova band. Il suo nome è Marta sui Tubi e l’epilogo è noto a tutti coloro che amano la musica.

È proprio con questo bagaglio di esperienza, con questa autorevolezza dovuta ad un percorso artistico fatto in prima persona, che quel interrogativo di come aiutare chi ha un progetto musicale da realizzare trova forma e sostanza con Musicraiser. È l’ottobre del 2012 e debutta in rete la prima piattaforma tutta italiana di crowdfunding dedicata al mondo della musica.

“La tecnologia ha completamento trasformato il settore musicale. Nel modo di fare la musica.

Basta veramente poco per realizzare un disco e sono aumentate in maniera esponenziale le possibilità di farsi conoscere attraverso il web. Allo stesso tempo si sono ridotti gli introiti, un’artista oggi guadagna in media il 20% rispetto ad un suo collega di ventanni fa. Per mantenersi in vita occorre puntare sui live, i diritti d’autore e le sincronizzazioni”.

“comunque sia la tecnologia è un flusso che va cavalcato, il futuro della musica deve passare dal web”

Con queste parole Giovanni mi sintetizza il suo pensiero legato alle opportunità, che sono maggiori degli svantaggi, di questa onda tecnologica che ha pervaso il settore musicale.

Musicraiser nasce proprio da questa visione. Mettere a disposizione, di musicisti e dell’industria musicale, uno strumento in grado di ottenere risultati tangibili in un percorso di creazione e visibilità della propria musica.

La realizzazione di un disco, quello di un festival, progetti particolari come può essere ciò che è accaduto con Casa Bertallot (la prima web radio sostenuta dal pubblico e dagli ascoltatori dello speaker Alessio Bertallot, dopo che l’eccellenza della musica da lui proposta, non aveva trovato più spazio nei palinsesti tradizionali della radiofonia).

In nemmeno un anno e mezzo, Musicraiser ha dispensato diverse soddisfazioni. Tanti piccoli traguardi che fanno ben sperare sulla sua evoluzione. Alcuni giovani artisti sono stati messi a contratto da importanti etichette discografiche, dopo essersi fatte notare qui, ma soprattutto si sta creando una notevole attenzione in tutti coloro che sono i soggetti protagonisti del settore musicale.

Già perché se da un lato questa piattaforma permette agli emergenti di farsi conoscere e produrre un proprio disco, dall’altro, artisti consolidati, la guardano con interesse nell’ottica di realizzare progetti speciali come può essere la ristampa in vinile di un loro album oppure la realizzazione di un live del tutto indipendente.

È chiaro che non è stato facile, soprattutto in Italia, sdoganare il concetto di raccolta fondi come mi conferma Giovanni: “ci abbiamo messo un po’ per far capire che la raccolta fondi online è una forma analoga per molti aspetti a ciò che accade con una campagna di prevendita… come non è facile trasmettere il messaggio che un giovane artista non può permettersi di concentrarsi solo sulla scrittura e la parte creativa… è necessario farsi conoscere, raccontarsi e auto-promuoversi… occorre essere manager di sé stessi… in ciò ancora una volta la tecnologia aiuta ed è in grado di far emergere chi è bravo”.

I numeri stanno dando ragione a Giovanni Gulino. La media dei contributi si assesta attorno ai 35 Euro. L’età dei finanziatori va dai 20/25 anni ai 50 circa e c’è un altro dato interessante, il 15% delle campagne viene finanziato da chi non conosce direttamente la band o l’artista, una percentuale importante di quelli che Giovanni definisce “serial-raiser” o mecenati del web.

Chi finanzia il progetto viene ripagato in modalità diverse che possono andare dagli ingressi al concerto, alla copia del disco, al proprio nome stampato sul booklet, o in modalità ancora più originali come possono essere le lezioni di chitarra via Skype o la visita dell’artista a casa dei sostenitori con tanto di live. In tutto ciò il guadagno di Musicraiser è pari al 10% del valore della campagna se e solo raggiunto o superato l’obiettivo. In caso di mancato raggiungimento tutti i contributi vengono restituiti ai diversi sostenitori.

Giovanni guarda con soddisfazione i risultati raggiunti e allo stesso tempo è già con il pensiero allo sviluppo di Musicraiser. Come dice lui è solo all’inizio di questo entusiasmante progetto. C’è l’internazionalizzazione. C’è lo sviluppo di servizi a supporto per chi raggiunge gli obiettivi della propria campagna. C’è soprattutto un grande amore per la musica e la consapevolezza che la tecnologia, se ben utilizzata, non può che far crescere e diffondere questo amore.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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