Il distretto biomedicale modenese: Come costituire il 2% del PIL, ma non avere una connessione

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“Ci sentiamo come se ci fosse sempre un terremoto in agguato perché abbiamo una montagna che vuole uscire: ogni volta che sento un vibrare, anche se passa un trattore, mi fermo in attesa di capire. E queste ultime scosse, anche se lontane per epicentro, non fanno che peggiorare la situazione. Pensavamo di avere la sabbia sotto i piedi ma ho fisso in me che il 29 maggio, mentre eravamo tutti e 130 dentro in azienda, “la gabbia ha tenuto”. Altrettanto non è accaduto a poche decine di metri . Questa è la ferita che mai si rimarginerà”.

La data della seconda scossa del sisma emiliano, come abbiamo più volte raccontato, è lo spartiacque.

Questa volta ne parliamo con Stefano Foschieri che torna a raccontarci (qui l’altro articolo) cosa sta accadendo nel distretto del Biomedicale Modenese.

Ha cominciato dal basso ed ora è Amministratore Delegato di EUROSETS: con 30 anni di esperienza alle spalle, amministra 130 persone e un budget di 23 milioni.

E, come più volte emerso, l’elemento comune tra i racconti delle genti colpite dal sisma emiliano è la coesione comunitaria. Questa volta come leva di sviluppo.

“Il 29 maggio non lo pensavamo, ma grazie alle maestranze che hanno lavorato in due turni da giugno fino al 20 di dicembre, ce l’abbiamo fatta. Un po’ me lo aspettavo perché l’azienda è quasi a gestione familiare, ma la sorpresa di vedere che tutti hanno dato il loro contributo è forte. Dati alla mano, è evidente”.

I problemi non mancano ma non vengono direttamente dall’emergenza sisma perchè, nonostante tutto, la Silicon Valley italiana vale il 2% del PIL nazionale: “Il fatturato dell’azienda è a +8% rispetto rispetto al 2011 e quest’anno cresceremo del 20% in linea con gli obiettivi prefissati ma i problemi non mancano, anzi”.

Forse non c’è luogo migliore di questo blog per denunciarlo, perchè è la connettività a mancare: non parliamo solo di web, perchè ogni telefonata cade almeno 3 volte: “prima eravamo sulla dorsale che collega tra Modena e Mirandola, ora non siamo più lì: anzi, siamo in 3 posti perché l’azienda ha delocalizzato dividendosi tra Medolla, Mirandola e Bastiglia. Con evidenti extracosti ma in tempi brevissimi per non bloccare la produzione, nel raggio di 15 km abbiamo messo i vari settori perché l’azienda è stata abbandonata definitivamente il 29 maggio. Ora è la comunicazione il problema. Se poi contiamo che il 70% delle commesse è per l’estero…sembra una ironia ma è così: noi cresciamo, nonostante il terremoto, ma siamo isolati. Poi c’è il problema delle Pubbliche Amministrazioni che non investono in qualità o che pagano, tutt’ora nonostante le nuove leggi, oltre i 200 giorni, non aiutano di certo”.

Stefano, con spirito commerciale e da bravo emiliano dedito al lavoro, vede il bicchiere mezzo pieno:“In 3 anni avremo ricostruito tutto con tecnologie antisismiche e, se tutto va come deve andare, spenderemo poco per ricostruire come si deve. Le aziende hanno ancora tanti mercati da conquistare. Sicuramente la crisi porterà ad un ridimensionamento di tutta l’area perché non possiamo dare la colpa di tutto al terremoto. La crisi che viviamo è forte e deve potere essere anche occasione di autocritica: se si parla di qualità di vita dobbiamo ammettere che lavoriamo 12 ore al giorno. Certo, non abbiamo montagne o mare, quindi non possiamo avere distrazioni a portata di mano” .

Stefano allarga il discorso.

“Il tempo lava tutto, in questo siamo bravi ma vorrei trasformassimo i costi che avremmo dovuto spendere per ripensarci. Per esempio, i costi della cispadana, la strada che dovrebbe attirare le multinazionali velocizzando la mobilità, sono da ripensare. Quella strada era necessaria 50 anni fa ma ora la priorità è un altra: serve una maggiore qualità della vita per far rimanere le multinazionali che sono già qui! Dobbiamo trasformare i fondi per ricollocarci e ripensarci”

Come già emerso in altri racconti, è la mancanza di attività culturali a preoccupare. Sopratutto pensando alle prossime generazioni: “ se penso ai miei figli, non posso non vedere che qui c’è solo produzione ed anche una tradizione come quella del pattinaggio, è oramai abbandonata”.

“Ma non è colpa dei sindaci o dei politici, è colpa di tutti. Solo attraverso una maggior coesione, possiamo migliorare le nostre vite”

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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Scritto da chef

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