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Il fax è tornato, il ballo del gambero del governo sul digitale

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L’estate, si sa, è tempo di balli: ogni annata ha il suo che finisce per caratterizzarla nel tempo (chi non ricorda, ad esempio, la Macarena dell’estate 1994?).

In materia di innovazione, invece, i Governi da anni (e in tutte le stagioni) ballano sempre la stessa danza, quella del gambero: un passo avanti e (almeno) due indietro.

Per rendersi conto di questa triste realtà è sufficiente pensare alla vicenda del c.d. “emendamento ammazzafax” presentato nel corso della conversione in legge del “decreto del fare” (Decreto Legge n. 69/2013).

I lettori di CheFuturo ricorderanno sicuramente che, all’indomani dell’approvazione del decreto, avevamo scritto di come il provvedimento fosse assai deludente e il Governo Letta si comportasse come una novella Penelope che, pur sbandierando la volontà di dare impulso alla digitalizzazione, normativamente disfaceva quanto fatto dal precedente esecutivo (oltre a non attuare le norme già esistenti).

Che tali critiche avessero colto nel segno è dimostrato dalla circostanza per cui nell’ambito della conversione parlamentare del Decreto una (magari poco nutrita, ma assolutamente qualificata) pattuglia di parlamentari particolarmente sensibili ha presentato una serie di emendamenti volti ad introdurre nel decreto alcune disposizioni che andavano nel senso di digitalizzare compiutamente la pubblica amministrazione e di supportare l’innovazione anche nel settore privato.

Un emendamento particolarmente simbolico è stato presentato dall’On. Paolo Coppola (PD) che modificava il Codice dell’Amministrazione Digitale (D. Lgs. n. 82/2005) per escludere espressamente la possibilità di usare il fax nelle comunicazioni tra pubbliche amministrazioni, imponendo – di fatto – l’utilizzo di strumenti quali la posta elettronica e la posta elettronica certificata.Probabilmente l’On. Coppola pensava che il Governo (che pochi giorni prima aveva nominato Francesco Caio “Mr.

Agenda Digitale”) avrebbe accolto con entusiasmo la proposta. E invece, l’esecutivo diede parere contrario e l’emendamento venne bocciato (così come raccontato dallo stesso Coppola sul suo blog).

Questa bocciatura ha destato notevole clamore, tanto che – qualche giorno dopo – lo stesso emendamento è stato approvato dal Senato, grazie all’impegno del Sen. Francesco Russo (PD) che lo ha riproposto.

La norma che esclude l’utilizzo dei fax nelle comunicazioni tra pubbliche amministrazioni è finalmente legge e trova ampio risalto su giornali e TV.

Eppure la storia non ha (ancora) un lieto fine. Nelle stesse ore in cui il Parlamento approvava definitivamente l’emendamento, il Governo ha dato il proprio parere favorevole su un “ordine del giorno” che lo impegna “a valutare gli effetti applicativi delle articolo 14 (norma ammazzafax) al fine di adottare …..

modalità volte a graduare il divieto di utilizzo del fax a decorrere da gennaio 2015“.

Fuori dal burocratese, il Governo si è impegnato a differire l’entrata in vigore della norma ancora prima che questa sia stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Addio ai fax si, ma solo a partire dal 2015… forse.

Certo, non tutto è ancora perduto: l’ordine del giorno non ha nessuna efficacia immediata e una eventuale proroga dovrebbe essere approvata con nuovo decreto dal Governo e ratificata dal Parlamento.

Tuttavia, il segnale dato dall’esecutivo è pessimo: “burocrati e funzionari che non volete dire addio alla carta, state tranquilli perché stiamo lavorando per voi”.

Questa è l’innovazione all’italiana: le nuove norme vengono approvate, ma poi non sono applicate dagli enti convinti che tanto, prima o poi, “arriverà una proroga”.

Il Governo, avrebbe dovuto prendere atto che la volontà del legislatore era quella di modernizzare il Paese, dematerializzare i documenti amministrativi, conseguire notevoli risparmi (nell’ordine di tre miliardi di euro) ed agire di conseguenza, ponendo in essere tutte le azioni conseguenti (ad esempio gli investimenti in tecnologie e formazione); invece, si è impegnato a differire ancora l’era in cui la nostra amministrazione potrà definirsi davvero “digitale”.

La danza del gambero, si diceva. Il Governo che – a parole – dice di voler dare impulso all ’Agenda Digitale perde ogni credibilità nel momento in cui diventa prigioniero di quei “burosauri” che sono i principali nemici dell’innovazione e si nascondono dietro l’alibi secondo cui vi sarebbero “situazioni e settori, anche della pubblica amministrazione, in cui non sempre l’uso esclusivo degli strumenti informatici corrisponde alla massima efficienza, ma anzi l’uso di strumentazioni alternative quali quelle del fax si rivelano necessari se non essenziali”.

Questa la motivazione contenuta nell’ordine del giorno che, però, è frutto di una visione distorta dell’amministrazione italiana, sia dal punto di vista fattuale che da quello normativo.

Le amministrazioni, infatti, da tempo hanno (e usano) caselle di posta elettronica e posta elettronica certificata. Quello che spesso manca è l’utilizzo di questi strumenti negli scambi di corrispondenza tra i diversi uffici e con gli utenti, probabilmente a causa di una cultura burocratica ancora fortemente ancorata al cartaceo.

Per questo motivo, il legislatore è già intervenuto introducendo l’obbligo di comunicazioni telematiche tra Amministrazioni.

L’art. 47 del Codice dell’Amministrazione Digitale già prevede che – a partire dal 1° gennaio 2013 – le comunicazioni di documenti tra le Pubbliche Amministrazioni debbano avvenire mediante l’utilizzo della posta elettronica (anche certificata) o in cooperazione applicativa.

Per obbligare gli Enti ad effettuare comunicazioni telematiche in luogo di quelle cartacee, il legislatore ha espressamente previsto che l’invio di comunicazioni ad altre Amministrazioni con strumenti diversi da quelli telematici comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare, ferma restando la responsabilità per danno erariale.

Significa che, a prescindere dalla legittimità del ricorso a strumenti diversi da quelli telematici, l’uso della carta (e quindi anche del fax) costituisce un danno di cui i burosauri responsabili devono essere chiamati a rispondere.

L’emendamento ammazzafax, quindi, non rappresenta un fulmine a ciel sereno per l’amministrazione italiana, ma conclude – fin troppo tardi – la transizione normativa dalla carta (perché il fax pur sempre carta è) al digitale, eliminando ogni dubbio interpretativo (alcune volte i burosauri mi chiedevano “dove è scritto che non si possono più inviare fax?”).

Il Governo, adesso, può decidere di lasciare l’ordine del giorno lettera morta e adottare tutti i provvedimenti attuativi per applicare quello che il Parlamento ha deciso, magari utilizzando i risparmi derivanti dall’ eliminazione della carta per investire nella digitalizzazione degli uffici.

Oppure può decidere di concedere alle amministrazioni un’ulteriore proroga ed essere ricordato non come l’esecutivo dell’Agenda Digitale, ma come quello che – nel 2013 – non ha voluto mandare i fax in pensione.

Roma, 10 agosto 2013

ERNESTO BELISARIO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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