Il fund raising per le scuole? Sì, ma con delle regole

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A scuola manca la carta igienica? Ci pensa Scottex che a fine settembre ha già consegnato più di 100 mila rotoli a 60 scuole italiane selezionate con lo ScottQuiz. Non ci sono i computer, le lavagne multimediali, le cartucce per le stampanti? Basta fare la spesa alla Coop e raccogliere i bollini: ogni dieci euro un bollino. Con 4800 bollini corrispondenti a 48.000 euro di spesa ecco il Notebook Acer. Con 900 bollini (9000 euro) i bambini potranno avere il telo per le proiezioni.

Da Trento a Palermo è un fiorire d’iniziative dei privati per la scuola. I bollini spopolano tra i ragazzi e i genitori, ma c’è anche chi a Monza ha chiesto fondi alle aziende locali per finanziare i laboratori teatrali in cambio di pubblicità online e nella bacheca della scuola.

E ora il ministro Maria Chiara Carrozza ha annunciato l’intenzione di promuovere il fund raising nelle scuole pubbliche. I dirigenti si preparino: tra un collegio docenti, un incontro con i genitori e un colloquio con gli alunni della classe più scalmanata ora dovranno pensare anche a come raccogliere fondi dai privati: un lavoro che in questi anni hanno imparato a fare le associazioni di volontariato, le ONG, le fondazioni no-profit chiamando degli specialisti, istruendo il personale. La scuola non potrà certo improvvisarsi, anche stavolta, maestra di fund raising.

Il tema sollevato dal Ministro merita attenzione perché in maniera artigianale in questi anni, ob torto collo, abbiamo già messo in atto iniziative di fund raising: lo scorso anno per poter portare i miei ragazzi in viaggio d’istruzione al Quirinale, ho dovuto lanciare un appello pubblico sulla stampa e attraverso la radio per raccogliere finanziamenti che la mia scuola non aveva.

I genitori in tutt’Italia, si sono organizzati in associazioni per bussare alle porte dei privati o per chiedere il cinque per mille. Ho visto nel mio tour tra comitati di mamme e papà, serate nell’hinterland milanese, dove i genitori pur di guadagnare qualche soldo per la scuola si buttavano sui materassi di un’azienda trentina che ha lanciato una campagna per presentare la sua linea di riposo.

E’ chiaro che nel momento in cui la scuola apre le porte ai privati deve mettere al centro dell’attenzione che i bambini non possono essere strumentalizzati da chi sponsorizza. Ecco perché accanto all’idea della Carrozza ci dev’essere la proposta di un codice etico che disciplini il privato, che non permetta pubblicità occulta fin troppo facile da fare su dei minorenni.

In questi giorni ho sentito colleghe maestre che si interrogavano sulla bontà o meno della campagna “Coop per la scuola” preceduta lo scorso anno da quella della Conad “Insieme per la scuola”: nel catalogo premi della Coop vi è persino un kit pulizia candeggina per 500 punti (5000 euro di spesa) piuttosto che, con lo stesso numero di bollini, un kit bagno & sapone.

Può avere un senso il finanziamento dei privati se accompagnato da regole, dettate dal Ministero e dalle scuole.

O forse potremmo iniziare a pensare al crowdfunding per la scuola: un processo di finanziamento dal basso che mobilita persone e risorse. Se persino Obama ha finanziato oltre oceano parte della propria campagna elettorale forse anche qualche scuola potrebbe pensare di lanciare sulle piattaforme progetti per i quali trovare portatori di interesse che non abbiano la necessità di mettere la loro etichetta sul banco o sulla lavagna multimediale ma che abbiano come unico interesse quello della promozione umana dei bambini.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it

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